le reazioni del territorio
Streparava (Confindustria): «Decisione che colpisce sistema già provato». Cordua (Confapi): «Precedente pericoloso». Prandini (Coldiretti): «Servono compensazioni per settori più colpiti». Rambotti (Consorzio Franciacorta): «Monitoriamo con attenzione gli sviluppi»
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C’è preoccupazione nel mondo produttivo bresciano per gli accordi raggiunti da Usa e Unione Europea sui dazi che, sebbene abbiano fissato la tariffa al 15% e non al 30%, come precedentemente ipotizzato, rappresentano «un fattore di profonda incertezza per l’economia italiana e per l’intero comparto manifatturiero europeo» secondo Paolo Streparava, presidente di Confindustria Brescia – «Si tratta di una decisione che colpisce un sistema già provato da una domanda globale in rallentamento, e che rischia di compromettere ulteriormente le nostre capacità di penetrazione su un mercato strategico come quello americano».
«Per quanto riguarda Brescia – continua il presidente – la più recente simulazione effettuata dal Centro Studi (dazi al 15% + svalutazione del dollaro da gennaio ad oggi), in analogia con il ragionamento proposto da Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, comporta una contrazione dell’export di ben 339 milioni, poco meno del 2% sulle esportazioni complessive della provincia. Sono comunque numeri che, verosimilmente, sottostimano il fenomeno: infatti, tali simulazioni non considerano gli effetti indiretti dei dazi, quali la perdita di fatturato a carico delle imprese bresciane, derivante dalla minore domanda da parte di clienti italiani ed europei, a loro volta esportatori verso il mercato nordamericano».
Di «precedente pericoloso» parla Pierluigi Cordua, presidente di Confapi Brescia. «È un segnale allarmante per chi, come le nostre piccole e medie industrie, investe ogni giorno in strategie industriali lungimiranti e orientate all’export. Con l’obiettivo dichiarato di raccogliere 90 miliardi di dollari all’anno, Washington sancisce un principio ormai chiaro: l’accesso al mercato statunitense non è più gratuito, ma ha un prezzo. Un biglietto d’ingresso, sotto forma di dazi, che rischia di penalizzare proprio quelle imprese che da sempre rappresentano il motore del manifatturiero europeo. Ancor più preoccupante è l’esclusione di settori strategici – come acciaio, alluminio e semiconduttori – dalle tutele dell’intesa, lasciando spazio a ulteriori misure unilaterali».
«Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato», commenta Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, secondo il quale serviranno «compensazioni Ue per i settori più colpiti». Come già ribadito, Coldiretti sottolinea che non possono essere ammessi in Italia prodotti agroalimentari che non rispettano gli stessi standard sanitari, ambientali e sociali imposti alle imprese europee. È fondamentale che l’Unione Europea continui a difendere con fermezza il sistema delle Indicazioni Geografiche, che rappresentano una garanzia di qualità e origine, e un presidio culturale ed economico del nostro cibo
«Per la Franciacorta, che attualmente esporta circa il 13% del proprio export complessivo negli Stati Uniti, questo mercato ha un valore strategico in termini di posizionamento, reputazione e potenzialità di crescita nel medio-lungo periodo» dichiara Emanuele Rabotti, presidente del Consorzio Franciacorta, interpellato dall’ANSA sugli effetti degli interventi tariffari annunciati ieri. Secondo il presidente del Consorzio Franciacorta, «in un momento caratterizzato da dinamiche di mercato instabili, interventi di natura tariffaria rischiano di compromettere gli sforzi che i produttori di Franciacorta hanno portato avanti per costruire relazioni durature e consolidate sui mercati internazionali».
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