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ecco come le imprese italiane possono contenere gli effetti dei dazi « LMF Lamiafinanza


«Le tensioni commerciali e le politiche protezionistiche stanno cambiando in modo significativo il panorama del commercio globale. Nonostante gli accordi commerciali in corso di definizione, la tariffa doganale media applicata al momento dell’importazione si colloca a un livello significativamente superiore rispetto a quanto previsto solo qualche mese fa. Le misure adottate da Stati Uniti, Cina, Unione Europea e altri Paesi obbligano le imprese a rivedere le proprie strategie su mercati internazionali e a confrontarsi con normative sempre più tecniche e complesse». Così Pier Paolo Ghetti, Partner e Global Trade Advisory Leader di Deloitte Italia, commenta lo scenario commerciale nel suo intervento pubblicato su Voices, la nuova piattaforma che ospita commenti sui temi di attualità firmati dagli esperti di Deloitte Italia.

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«L’aumento delle tariffe – in particolare quelle statunitensi – non determina solo un incremento dei costi, ma si traduce anche in maggiore incertezza dei flussi internazionali, portando le aziende a ripensare la gestione dei propri flussi. Per contenere e governare questi rischi, diventa strategico adottare una strategia di diversificazione dei mercati di vendita e dei paesi di approvvigionamento, riducendo l’esposizione da singole aree geografiche e attenuando così gli impatti negativi delle politiche tariffarie», spiega l’esperto.

«In questo contesto volatile, un ruolo centrale è svolto dalla conoscenza e dalla gestione delle normative doganali. La capacità di gestire correttamente il diritto doganale non solo assicura la conformità normativa, ma rappresenta anche un’opportunità strategica che permette alle aziende di essere più flessibili e pronte ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti», scrive Ghetti.

Tra le azioni suggerite da Deloitte, vi è innanzitutto la mappatura dei Paesi di sourcing e mercati di destinazione, identificazione delle categorie di prodotto e analisi dei dati di classifica e origine doganale. «In questo senso va ricordato che le amministrazioni doganali, in particolare quella statunitense, mettono a disposizione i dati delle dichiarazioni doganali permettendo una analisi granulare dei dati di valore ed esposizione daziaria per prodotto, categoria doganale, paese di origine e fornitore», spiega il partner Deloitte.

In parallelo serve una valutazione di scenario per il mercato Usa e altri mercati interessati, considerando le nuove tariffe (in vigore e annunciate) e le potenziali misure di ritorsione. Importante anche la gestione e ottimizzazione dei dazi tramite l’analisi delle diverse opzioni di riduzione ed ottimizzazione del carico daziario. Infine, è importante adottare misure specifiche non solo in ambito doganale, ma in generale sulla supply chain, per consentire all’azienda di ridurre gli impatti conseguenti all’introduzione delle misure di politica commerciale.

«Per implementare le azioni di mitigazione in modo efficace, è indispensabile, per le aziende, raccogliere e analizzare attentamente i dati doganali dei flussi di importazione ed esportazione, ed in particolare gli elementi presenti nelle dichiarazioni doganali quali la classificazione, l’origine e il valore delle merci. Questo perché il dazio si calcola normalmente sul valore di transazione, mentre la classificazione doganale determina l’aliquota applicabile in base alla categoria del prodotto. Allo stesso tempo, l’origine della merce può influire significativamente sulle tariffe, portando a riduzioni o aumenti a seconda degli accordi commerciali o delle misure in vigore.
 
Costruendo una pianificazione doganale attenta, le imprese possono adottare misure e strumenti che mitigano gli effetti dei dazi, come i meccanismi di rimborso del cosiddetto dazio “duty drawback”, la cosiddetta “first sale rule” o la riallocazione produttiva mirata. Ad esempio, un’azienda può, al ricorrere di determinate condizioni, ridurre il carico daziario utilizzando come valore tassabile in dogana il prezzo della prima vendita all’interno del circuito commerciale, anziché quello finale pagato dall’importatore. In alternativa, può trasferire parte della produzione in Paesi dove, svolgendo lavorazioni sostanziali, il bene acquisisce un’origine doganale per beneficiare di tariffe più vantaggiose. Inoltre, occorre valutare le opzioni per ridurre o differire il pagamento dei dazi, sfruttando anche regimi doganali speciali che offrono una leva ulteriore di ottimizzazione dei costi doganali.
 
Parallelamente, le imprese devono elaborare scenari che tengano conto sia dell’effetto delle tariffe in vigore sia di quelle potenzialmente in arrivo, così come l’esposizione ad eventuali misure di ritorsione commerciale. In conclusione, le tariffe doganali sono destinate a rimanere una realtà con cui le imprese dovranno confrontarsi. Questo rende indispensabile un processo di consapevolezza doganale per la reingegnerizzazione delle catene del valore globali in modo da garantire una maggiore flessibilità e resilienza, elementi chiave per contenere gli impatti negativi e preservare la competitività sui mercati internazionali», conclude Ghetti.

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