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Gaza, la mossa dell’Ue per punire Netanyahu: «Stop ai finanziamenti alle start-up israeliane». Ora la parola ai governi


La Commissione rompe gli indugi e propone di escludere le aziende israeliane da alcuni finanziamenti di Horizon: «Nessun impatto sulle università»

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L’Unione europea potrebbe sospendere Israele dalla partecipazione a una parte dei progetti di Horizon, il programma di finanziamento comunitario (aperto a Paesi partner) per la ricerca e l’innovazione. È questa la mossa che la Commissione ha deciso di proporre ai governi dei 27 come segnale a Israele di fronte alla della gravissima crisi umanitaria a Gaza. Il nodo della possibile «parziale sospensione» di Israele da Horizon era comparso un po’ a sorpresa nell’agenda della riunione dei Commissari di questo pomeriggio a Bruxelles, visionata da Open. La nota diffusa dall’esecutivo Ue chiarisce cosa riguarderebbe: esclusivamente la partecipazione di imprese israeliane ad un’iniziativa Horizon, l’Acceleratore dello European Innovation Council (Eic). La ragione di fondo, precisa la Commissione, è la violazione da parte dello Stato ebraico dell’articolo 2 dell’Accordo di Associazione Ue-Israele, quello che incardina come essenziale il rispetto dei diritti umani. La ragione specifica per la scelta dell’iniziativa da sospendere è che le aziende finanziate dall’Acceleratore dell’Eic possono sviluppare «innovazioni disruptive e tecnologie emergenti col potenziale per applicazioni dual use, come nel campo della cybersicurezza, dei droni e dell’intelligenza artificiale». Nessuna misura andrebbe a colpire dunque i progetti collaborativi tra università, imprese e centri di ricerca che costituiscono la parte preponderante di Horizon.

Le opzioni per «punire» Israele e le divisioni tra i governi

Dopo oltre 20 mesi di guerra e il collasso umanitario di Gaza, a giugno il Servizio d’azione esterna dell’Ue aveva elaborato un rapporto per i leader con una serie di opzioni per «punire» Israele per la condotta della guerra, oltre che per l’occupazione della Cisgiordania e l’occhio chiuso sulle angherie dei coloni. Alla luce della possibile violazione dell’articolo 2 sul rispetto dei diritti umani, l’opzione più radicale indicata era la sospensione dell’intero Accordo di Associazione Ue-Israele. Ma molte altre soluzioni erano (e restano) possibili. I capi di Stato e di governo al Consiglio europeo di fine giugno avevano preso nota del rapporto presentato da Kaja Kallas, ma rinviato ogni decisione a luglio. Una sorta di pistola carica sul tavolo, nella speranza di spingere Israele a cambiare passo soprattutto sugli aiuti umanitari a Gaza. Nelle scorse settimane, dopo aver usato toni molto duri, l’Ue aveva riconosciuto in una nota significativi passi avanti su quel fronte. E da 48 ore l’Idf ha acconsentito a lanci di aiuti dal cielo e pause umanitarie quotidiane nelle operazioni militari. Ma di fronte alle immagini della fame a Gaza e alla crescente pressione dell’opinione pubblica diversi governi – a cominciare da Francia e Spagna – avrebbero spinto perché si proceda invece con azioni concrete. La scelta pare essere caduta sul programma che sostiene ricerca e innovazione, limitatamente al programma d’investimenti per start-up innovative.

La decisione su Horizon e il ruolo dell’Italia

Ora la palla passa ai governi, che dovranno decidere se adottare la proposta della Commissione Ue. Secondo Euronews il tutto potrebbe avvenire in tempi molto rapidi: gli ambasciatori dei 27 potrebbero essere chiamati a votare sulla proposta già domani, martedì 29 luglio. La sospensione parziale raccomandata dalla Commissione richiede la maggioranza qualificata e non l’unanimità, e dunque potrebbe passare più facilmente – tenuto conto che diversi Paesi, come Austria, Germania, Ungheria e Repubblica Ceca, sono refrattari a sanzionare lo Stato ebraico. La posizione dell’Italia resta al momento incerta: Giorgia Meloni e Antonio Tajani hanno indurito nelle ultime settimane i toni verso Israele, soprattutto dopo l’attacco alla Chiesa della Sacra famiglia di Gaza del 17 luglio, ma la premier ha chiarito nei giorni scorsi di non condividere fughe in avanti diplomatiche come quella di Emmanuel Macron, che ha annunciato il riconoscimento unilaterale dello Stato di Palestina da parte della Francia.



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