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se l’impresa ha agito, ora la politica deve rispondere – OrvietoLife


Ricordo Porto Ercole alla fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80, quando, nelle sere d’estate, poteva capitare di incontrare la Regina d’Olanda o altre figure di spicco del jet set internazionale. Il porto e Cala Galera erano animati da eleganti ristoranti e raffinate boutique, mentre lungo la costa le ville spuntavano come funghi, simboli di un’epoca vivace e mondana.

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Il Pellicano, affacciato sulla costa non lontano dall’“Elefante Felice” — la celebre villa dei reali d’Olanda — era già allora un’icona. Rappresentava un modello di ospitalità capace di guardare alle grandi destinazioni internazionali del lusso, mantenendo però un’identità tutta mediterranea. Nel corso degli anni, la struttura a ridosso di Punta Avvoltore, nata nel 1965 dall’intuito dei coniugi americani Graham, si è ampliata, ma ha saputo conservare uno stile inconfondibile grazie alla visione e alla cura della famiglia Sciò: prima Roberto, poi la figlia Marie-Louise, ne hanno custodito lo spirito con intelligenza e sensibilità, rendendolo una meta esclusiva per un turismo colto, raffinato, attento all’eleganza e alla qualità.

Col tempo, molte delle personalità che animavano le estati di Porto Ercole sono volate verso altri lidi. La località, pur restando splendida, è divenuta meta di un turismo più esteso e generalista, le boutique hanno lasciato il passo a negozi più o meno chip, i locali notturni sono scomparsi. Il mercato immobiliare ha comunque mantenuto vivacità, sostenuto dalla bellezza del promontorio dell’Argentario e dalla vicinanza con Roma; ma anche qui si è assistito a un cambiamento: le proprietà sono passate a nuovi acquirenti, spesso meno “chic”, meno legati allo spirito originario del luogo. Ad onor del vero, pur tra le difficoltà del presente, l’attuale amministrazione del Comune di Monte Argentario sta attuando politiche concrete e ambiziose per invertire la rotta e restituire all’Argentario il prestigio e il fascino dei suoi anni migliori.

L’annuncio dell’acquisizione della Badia di Orvieto da parte del Gruppo Pellicano è un fatto straordinario. Va riconosciuto alla storica famiglia orvietana Fiumi, ormai ex proprietaria, il merito di aver preservato per decenni un bene tanto prezioso e, soprattutto, di aver saputo individuare un acquirente di altissimo profilo. L’arrivo di un gruppo capace di coniugare eleganza, qualità e visione imprenditoriale rappresenta un’opportunità concreta per rilanciare, con stile e coerenza, non solo la struttura in sé, ma l’immagine dell’intera città.

In questo contesto, le reazioni della politica di questi giorni— di qualunque orientamento — appaiono fuori luogo. L’operazione nasce da competenze imprenditoriali e scelte strategiche, non da interventi pubblici. Se proprio si vuole attribuire un merito, lo si assegni a chi secoli fa ha concepito e costruito una meraviglia come la Badia, o a chi, negli anni, ne ha garantito la sopravvivenza e la dignità architettonica, culturale e gestito tenacemente una complessa attività imprenditoriale.

Oggi ciò che davvero conta è che le istituzioni sappiano accompagnare con visione e competenza questa opportunità. L’insediamento del Gruppo Pellicano può e deve rappresentare un’occasione per rilanciare il posizionamento di Orvieto nel turismo di fascia alta, in un momento in cui la città sembra vivere, salvo alcuni stimoli, più del patrimonio e del ricordo del proprio passato che di un vero slancio progettuale verso il futuro.

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L’amministrazione comunale, a onor del vero, negli ultimi anni ha investito sul turismo, con risultati da taluni criticati ma reali.  Il numero di visitatori, come nel resto dell’Umbria, è cresciuto ed Orvieto è stata una delle destinazioni protagoniste di questo trend. Sono nate numerose strutture ricettive, in particolare B&B, che — come spesso accade in questi casi — hanno inciso sulla vivibilità del centro storico: meno residenti stabili, meno attività di prossimità, più ricettività a breve termine. Allo stesso tempo, sono sorte anche realtà di alta qualità, tra cui, ora, l’inserimento della Badia nella rete Pellicano, che potrà fungere da catalizzatore per un turismo più qualificato e sostenibile.

Tuttavia, un elemento centrale non può essere trascurato: la politica non può esaurirsi nel turismo. Il rischio concreto è quello della “non città”, di un luogo che vive solo come scenografia per visitatori più o meno facoltosi, svuotato della sua anima imprenditoriale, civile, culturale e sociale. L’esempio di Porto Ercole dimostra che nemmeno la presenza di strutture prestigiose garantisce, da sola, sviluppo armonico e qualità urbana. Senza politiche pubbliche all’altezza — capaci d’incentivare l’impresa, di investire nella residenzialità, nei servizi, nella cultura, nel lavoro giovanile e nella coesione sociale — nessun investimento, per quanto eccellente, sarà davvero risolutivo.

La sfida vera, per la politica, dunque, comincia adesso: far sì che la rinascita della Badia e di altre prestigiose strutture turistiche diventi una via verso il lusso e alla bellezza, ma anche di un’idea di città veramente viva, accogliente, radicata nella sua storia, capace di divenire un luogo di opportunità per le future generazioni e proiettata verso il futuro.





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