Accordo raggiunto a Turnberry tra Trump e von der Leyen dopo mesi di tensioni. Bruxelles eviterà le tariffe del 30% minacciate dagli USA, ma dovrà pagare un prezzo salato: acquisti energetici e militari per oltre 1.300 miliardi di dollari
Un’intesa storica, ma non senza contraddizioni. Dopo mesi di trattative a tratti tese, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno raggiunto un accordo commerciale che prevede l’imposizione di dazi del 15% sulle merci europee esportate in America. L’intesa è stata annunciata dal presidente USA Donald Trump e dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, al termine di un vertice riservato tenutosi nella tenuta scozzese di Turnberry, proprietà dello stesso Trump.
Le nuove tariffe – che rappresentano un significativo aumento rispetto alla media del 4,8% in vigore prima dell’era Trump – colpiscono settori chiave come automotive, semiconduttori e farmaceutica, anche se sono previste esenzioni per alcuni comparti strategici. In cambio, Bruxelles si è impegnata ad acquistare 750 miliardi di dollari di energia dagli USA e a investire altri 600 miliardi in progetti economici e industriali sul suolo americano.
Un compromesso necessario per evitare l’escalation
Dietro il linguaggio diplomatico e i sorrisi di circostanza, l’accordo porta con sé una realtà complessa. Senza questa intesa, Washington avrebbe introdotto dazi del 30% sulla quasi totalità dei prodotti europei a partire dal 1° agosto. Una minaccia che ha spinto i Paesi dell’UE – pur tra molteplici resistenze interne – a scegliere il dialogo per scongiurare una nuova guerra commerciale.
«È il più grande accordo mai raggiunto, commerciale o non commerciale», ha dichiarato Trump con enfasi. Von der Leyen ha sottolineato come l’intesa garantisca «stabilità e prevedibilità» per imprese e cittadini europei in un contesto economico incerto. Tuttavia, ha anche ammesso che «raggiungere una posizione comune tra 27 Stati non è stato facile».
Le nuove regole sui dazi
L’accordo prevede un dazio uniforme del 15% su gran parte delle merci europee, inclusi auto e componenti (attualmente al 2,5%), farmaci e microchip. Restano al 50% le tariffe su acciaio e alluminio, per le quali sarà introdotto un sistema di quote e una cooperazione transatlantica per affrontare la sovrapproduzione cinese.
Sono escluse dall’aumento alcune categorie: aeromobili e componentistica, prodotti chimici selezionati, farmaci generici, apparecchiature per semiconduttori e alcune materie prime. L’elenco delle esenzioni potrebbe ampliarsi nelle prossime settimane.
Energia e difesa: l’altra faccia dell’accordo
L’aspetto più significativo dell’intesa, oltre ai dazi, riguarda l’impegno europeo ad acquistare prodotti energetici statunitensi per 750 miliardi di dollari nel triennio 2025–2027, pari a 250 miliardi l’anno. Un’operazione pensata per ridurre la dipendenza dal gas russo – ancora presente in quote residuali nel mercato europeo – e accelerare il riorientamento energetico verso fornitori occidentali.
Non solo energia: Bruxelles ha promesso l’acquisto di “grandi quantità” di armamenti USA, secondo quanto affermato dallo stesso Trump. Un passaggio che ha fatto discutere in molte capitali europee, dove si teme una subordinazione strategica all’industria militare statunitense.
Le reazioni: cautela e richieste di chiarimenti
In Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito l’accordo «positivo, ma voglio vedere i dettagli». Una prudenza condivisa anche da altri leader europei, mentre il presidente del Consiglio UE, António Costa, ha parlato di un’intesa «che offre certezza alle imprese e stabilizza i rapporti transatlantici».
L’accordo, però, ha un sapore amaro per molti osservatori. Rispetto al Regno Unito, che ha ottenuto dazi al 10%, l’UE ha accettato un livello più alto, anche se – ha precisato von der Leyen – «il 15% rappresenta un tetto massimo, senza cumuli o sovrapposizioni». Un punto che ha calmato parzialmente i timori delle industrie europee, soprattutto quelle automobilistiche.
La posta in gioco per l’Europa
Il compromesso raggiunto è il frutto di un bilanciamento delicato tra interessi economici, geopolitica e salvaguardia del mercato unico. Gli USA restano il primo partner commerciale dell’UE per l’export e il secondo per l’import dopo la Cina, con un interscambio che vale oltre 1.100 miliardi di dollari.
Alla luce delle tensioni globali e delle prossime elezioni presidenziali USA, Bruxelles ha scelto la via dell’accordo per evitare scenari peggiori. Ma la trattativa ha mostrato quanto l’Europa sia ancora vulnerabile sul piano strategico e quanto il suo peso contrattuale dipenda dall’unità interna.
L’intesa dovrà ora essere approvata formalmente dagli ambasciatori dei 27 Stati membri, mentre nei prossimi mesi si valuterà il suo impatto concreto sulle filiere industriali, sui prezzi e sulla competitività delle imprese europee. Con l’incognita di un Trump ancora protagonista, ma che potrebbe – in futuro – rimescolare nuovamente le carte.
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