Le imprese lecchesi temono un impatto negativo sui volumi delle vendite negli Usa. L’accordo tra Unione Europea e Usa preoccupa i settori del metallo, tessile e alimentare.
Si sarà anche evitato il peggio, cioè la guerra commerciale e i dazi al 30%, ma non sarà facile vendere alle imprese come un successo negoziale l’accordo fra Bruxelles e gli Usa sui dazi al 15% esteso a quasi tutti i prodotti europei esportati negli Usa e inclusivo di un conto salatissimo, dato da 750 miliardi di dollari in acquisto di energia dagli Usa nei prossimi tre anni, di 600 miliardi in investimenti aggiuntivi negli Usa e acquisti di armi.
Le imprese italiane si preparano a un danno di 22,6 miliardi di euro sull’export verso gli Usa stimato dal Centro Studi Confindustria, pari a circa mezzo punto di Pil. La compensazione stimata attraverso maggiori vendite nel resto del mondo sarà meno della metà, intorno ai 10 miliardi: una perdita pari a un terzo dell’export italiano negli Usa realizzato nel 2024. Tutto ciò al netto del 13,5% di svalutazione del dollaro dall’inizio di quest’anno. Ne risentiranno anche le imprese lecchesi, che esportano negli Usa per un valore di quasi mezzo miliardo di euro l’anno (dato 2023, ultimo disponibile). Secondo l’ultimo report di Confartigianato gli Usa sono il primo mercato mondiale per 43 prodotti italiani, fra cui macchinari ad alta tecnologia, gioielleria, oreficeria, mobili, occhiali, pietre tagliate e lavorate, articoli sportivi, coltelleria e strumenti musicali. A risentire di più dei dazi nel Lecchese sarebbero i prodotti in metallo (le cui esportazioni negli Usa valgono oltre 100 milioni di euro), i prodotti metallurgici (41 milioni), il tessile (circa 33 milioni) e gli alimentari (31 milioni).
Per Angelo Crippa, coordinatore dell’Ufficio estero cogestito da Confapi Lecco e Confartigianato Imprese Lecco l’accordo «è un compromesso il cui impatto varierà a seconda dei settori. Sui beni strumentali e industriali la nuova tariffa si farà sentire. Si ricompone una scacchiera: dopo l’accordo con il Giappone il compromesso ha raggiunto anche l’Unione Europea in una situazione in divenire da monitorare: i prossimi accordi che gli Usa faranno con altri Paesi determineranno il quadro complessivo di vantaggi o svantaggi in relazioni commerciali fortemente interconnesse. È in atto una manovra complessiva in cui la Cina è il vero oggetto del contendere da parte degli Stati Uniti».
Lo scenario si sta dunque ancora componendo e le imprese che esportano negli Usa, secondo Crippa, stanno alla finestra. «Le piccole e medie imprese che il nostro servizio assiste per l’internazionalizzazione e che sono rappresentative del tessuto industriale locale – aggiunge Crippa – vivono indirettamente decisioni come quelle sui dazi. Le grandi imprese europee e italiane che esportano direttamente negli Usa hanno la leva del comando: alla luce della nuova tariffa dei dazi decideranno volumi, quantità, destinazioni delle loro vendite, selezionando (o non selezionando più) il fornitore italiano per un determinato pezzo o lavorazione. Significa che la subfornitura del nostro territorio si troverà a subire le decisioni dei loro grandi clienti in un concetto di filiera».
La via d’uscita sta nel promuovere le proprie produzioni verso altri settori e mercati, cercare nuovi partner commerciali, «perché – conclude Crippa – ora il timore per tante aziende è quello di trovarsi anche dopo lunghe collaborazioni con ordini ridotti e dilazionati nel tempo».
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