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25 miliardi per le imprese colpite dai dazi: il governo vuole far pagare all’Ue la promessa italiana


Prudenza, innanzitutto. Mentre fuori maledicono l’Europa matrigna, nelle stanze di Palazzo Chigi i funzionari sbattono la testa contro il dossier in cima a tutti gli altri: i dazi al 15% tra Stati Uniti e Unione europea. Al deal voluto da Donald Trump, l’Italia non risponderà subito. “Prima i dettagli”, dicono dal governo. Certo, Matteo Salvini chiede di spazzare via il patto di stabilità e Antonio Tajani invoca un taglio dei tassi. Nell’esecutivo, però, si medita su quei 25 miliardi di euro del Pnrr e dei fondi di coesione da rimodulare, con il benestare di Bruxelles, a sostegno delle imprese. “È un’ipotesi”, spiega ad HuffPost una fonte che da Palazzo Chigi vede l’asfalto di Roma ma teme la marea.

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“Vediamo cosa succede”, dice il ministro degli Esteri. “Non si conoscono i dettagli ed è ancora tutto aperto”, risponde a Montecitorio Tajani, che ha già lanciato una task force sui dazi. La priorità dell’Italia è “aiutare le imprese” e “tutelare i settori a rischio”. Come i macchinari. Come la farmaceutica che subirà un colpo di circa 2,5 miliardi. Tanto, considerando che in tutto, secondo le stime di Confindustria l’impatto sull’export sarà di 22,6 miliardi di euro. Per Svimez l’accordo con gli Stati Uniti ridurrà il Pil italiano dello 0,3% e la forza lavoro calerà di 103.892 unità. Servono risposte. Anche per placare il dazio in più: la svalutazione del dollaro, attorno al 13%. Da Forza Italia invocano un intervento della Banca centrale europea. Una riduzione dei tassi che per Matteo Salvini sarebbe “ragionevole”, anche se lo sarebbe ancor di più “azzerare il patto di stabilità”. 

Un’ipotesi che dalle parti del governo non tengono in considerazione. Ieri, di ritorno dall’Etiopia, Giorgia Meloni ha chiamato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Ha ribadito il sostegno a un accordo che “garantisce stabilità”. Il governo attende di vedere nero su bianco i prodotti esenti dalle tariffe. Veniamo rimandati al comunicato dell’Ue di due giorni fa: “Abbiamo concordato zero tariffe su alcuni prodotti strategici”, come “aeromobili e i loro componenti, alcuni prodotti chimici, alcuni farmaci generici, apparecchiature a semiconduttori, alcuni prodotti agricoli, risorse naturali e materie prime critiche”. 

La promessa, siglata dalla Commissione, è che “continueremo a lavorare per aggiungere altri prodotti a questo elenco”. A preoccupare, in questo quadro, è soprattutto il vino. Per questo, ma anche per discutere di dealcolati ed etichette, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha convocato per lunedì prossimo a palazzo Chigi i rappresentanti del settore. 

Corrono le dichiarazioni dei vicepremier. A restare in silenzio è Giancarlo Giorgetti, atteso mercoledì al question time alla Camera. Il titolare dell’Economia teme la parola “scostamento” e molti ricordano che solo due settimane fa aveva detto che un dazio oltre il 10% era “insostenibile”. A parlare è quindi Tommaso Foti, ministro con la delega al Pnrr: “Cosa ci aspettiamo? Semplicemente che si definiscano le esenzioni”. Poi: “Quando ci sarà la riprogrammazione (del Pnrr a favore delle imprese ndr), la vede il Parlamento”.

Cautela e qualche spunto. Già, perché “l’ipotesi”, come la definisce una fonte di alto livello contattata da HuffPost, “è solo un’ipotesi ma è lì”, sul tavolo. Va rispolverata. Il piano è simile a quello sventolato da Giorgia Meloni alle categorie lo scorso 8 aprile: un sostegno da 25 miliardi alle imprese. I soldi sarebbero così suddivisi: 14 miliardi già incassati con il Pnrr e modificabili per sostenere “l’occupazione e aumentare l’efficienza della produttività”. A questi vanno aggiunti circa 7 miliardi sottratti al fondo di coesione e i restanti dal fondo per il clima. 

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Un’eventuale riprogrammazione dei fondi europei rispecchia l’intenzione dell’esecutivo – i dazi li paga l’Europa, è il mantra – ma si scontrerebbe contro due ostacoli: la rimodulazione del Pnrr va approvata da Bruxelles, con tanto di trattativa, e serve che l’Ue allarghi le maglie sugli aiuti di Stato, visto che parliamo sussidi alle imprese. L’idea non dispiace, anche dalle parti di Forza Italia: “I fondi del Pnrr che non possono essere impiegati per altri scopi possono sicuramente essere destinati a sostenere la competitività delle imprese”, spiega il portavoce nazionale degli azzurri, Raffaele Nevi. 

Veniamo invitati alla “prudenza”. Per sondare altre opzioni è “presto”. Il governo legge le dichiarazioni divergenti tra Usa e Ue – su chip e farmaci per l’Ue ad oggi non c’è tassa – e rinvia le discussioni, e i miliardi, a un secondo momento. La marea sembra lontana da Roma, oggi. 



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