Il numero di liquidazioni giudiziali in Italia è tornato a crescere in modo significativo, spiega Cribis. Il contesto economico fragile post-Covid
Il numero di liquidazioni giudiziali in Italia è tornato a crescere in modo significativo, dopo gli anni seguiti alla pandemia di Covid-19 nei quali è assistito ad un incremento contenuto. Nel secondo trimestre del 2025 le imprese coinvolte in questo tipo di procedura sono aumentate del 18% annuo a 2.712, mentre, a confronto con il secondo trimestre del 2023 la
crescita è addirittura del 33%. E’ quanto emerge dall’analisi condotta da Cribis, società del gruppo Crif specializzata nel fornire informazioni, soluzioni e consulenza alle aziende.
I settori coinvolti
A subire i contraccolpi più pesanti sono state le imprese attive nel commercio, con 826 liquidazioni giudiziali (+16% rispetto alle 713 del primo
trimestre 2025). In edilizia, i casi sono passati da 493 a 600 (+22%) e anche i servizi hanno mostrato un peggioramento: da 555 liquidazioni nel primo trimestre alle 597 del periodo preso in esame(+8%). A livello territoriale, il maggior numero di procedure si concentra in Lombardia (543), Lazio(400) ed Emilia-Romagna (239). Queste tre aree rappresentano da sole il 43,5% del totale nazionale, «riflettendo da un lato la densità imprenditoriale, dall’altro la maggiore esposizione a fattori macroeconomici critici», spiega Cribis.
Le regioni
Tra le regioni con il maggiore numero di liquidazioni giudiziali ci sono
invece la Valle d’Aosta con un solo caso, il Molise con 5 liquidazioni giudiziali e la Basilicata con 7. Nel secondo trimestre del 2025, evidenzia Cribis, sono stati avviati 129 concordati preventivi, contro i 94 dello stesso periodo del 2024. Si registra così una crescita del 37%, «che conferma
il crescente ricorso a strumenti di regolazione della crisi da parte delle imprese in difficoltà», affermano gli esperti.
Il contesto economico
«L’aumento delle liquidazioni giudiziali nel secondo trimestre 2025 evidenzia le difficoltà che molte imprese italiane stanno affrontando in un contesto economico ancora fragile – ha commentato l’analisi Marco Preti, amministratore delegato di Cribis -. L’inflazione che continua a rimanere
alta, insieme alle nuove tensioni nel commercio globale, crea rischi concreti: dazi e misure protezionistiche potrebbero frenare le esportazioni e interrompere le catene di approvvigionamento. Le imprese più colpite saranno quelle Pmi maggiormente legate ai mercati internazionali».
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