Aumentano gli occupati in Sardegna (e qualcuna ha già esultato in viale Trento), ma il segnale positivo nasconde criticità strutturali che rischiano di minare il futuro del mercato del lavoro regionale. È quanto emerge dalla nuova ricerca di CNA Sardegna, dal titolo “Sardegna al lavoro. Analisi e scenari di mercato tra innovazione, IA e nuove competenze: quale futuro per l’occupazione”, che analizza l’evoluzione del sistema occupazionale isolano alla luce delle trasformazioni tecnologiche e delle sfide demografiche.
Il report evidenzia come la crescita dell’occupazione registrata negli ultimi tre anni sia stata trainata in gran parte da settori a basso valore aggiunto, caratterizzati da elevati livelli di precarietà, contratti a termine, part-time involontario e forte stagionalità. A pagarne il prezzo più alto sono giovani e donne, le categorie più esposte a instabilità lavorativa e disoccupazione.
La struttura economica sarda, sottolinea la CNA, continua a essere ancorata a comparti tradizionali, con una scarsa propensione all’innovazione e alla tecnologia. Questa stagnazione incide pesantemente sulla competitività dell’isola e spinge i lavoratori più qualificati – in particolare i giovani – a cercare altrove opportunità più stabili e coerenti con il proprio percorso formativo, alimentando l’emigrazione e l’invecchiamento demografico, soprattutto nelle aree interne.
Secondo i vertici dell’associazione, il nodo centrale resta quello delle competenze, oggi sempre più strategiche in un mondo del lavoro trasformato dalla digitalizzazione, automazione e intelligenza artificiale. “Il lavoro non si crea per decreto – dichiarano Tomasi e Porcu – ma investendo sulle persone. Serve superare la logica dei bonus e degli incentivi spot e costruire una strategia duratura che punti sulla formazione tecnica e professionale, valorizzi le vocazioni dei territori e promuova occupazione di qualità”. Andatelo a spiegare anche al “Governo dei migliori”…
Nel report si indicano chiaramente alcuni comparti in grado di generare occupazione qualificata e sostenibile: manifattura digitale, turismo esperienziale, agroalimentare di qualità, edilizia green ed energie rinnovabili. Settori che – secondo CNA – richiedono politiche di lungo respiro, un uso più efficace delle risorse europee e un migliore coordinamento tra istituzioni, imprese e sistema formativo.
“Il Piano Regionale di Sviluppo prevede strumenti e fondi importanti – ricordano Tomasi e Porcu – ma ora serve ‘mettere a terra’ queste risorse attraverso provvedimenti concreti, efficaci e facilmente accessibili dalle imprese”. Una richiesta difficile da soddisfare, pensando alla costruzione dei pochi bandi regionali negli ultimi 17 mesi (nonostante la Sardegna sia una regione Obiettivo 1 dell’Unione Europea, ovvero quelle aree con un PIL pro capite inferiore al 75% della media comunitaria).
Ad oggi, ancora, non vi è alcuna traccia della semplificazione burocratica, del rafforzamento dei servizi per l’impiego e del sostegno all’autoimprenditorialità giovanile e femminile (i bandi per i contributi a fondo perduto inaccessibili non valgono).
In sintesi, la sfida non è solo quella di creare posti di lavoro, ma generare occupazione stabile, qualificata e coerente con il nuovo contesto economico e le reali potenzialità dell’isola. Una missione impossibile per una classe dirigente sarda votata a “incularsi” le risorse attraverso gli assestamenti di bilancio e manovre finanziarie e a proporre proposte di legge ridicole, anacronistiche e che ben esprimono l’orizzonte cognitivo e visionario degli attuali consiglieri regionali della XVII Legislatura.
foto niekverlaan da Pixabay.com
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link