TREVISO – I nuovi dazi americani colpiscono le imprese della Marca. Un mercato che nel 2024 ha fatturato oltre un miliardo e trecento milioni di euro, con un incremento rispetto all’anno precedente del 5,1%, quando il Veneto ha subito una contrazione del 4,1%. Un mercato su cui è calata la scure americana dei dazi al 15% anche sui prodotti artigiani.
“L’accordo mette fine all’incertezza ma non sarà indolore”, ammonisce Armando Sartori, presidente Confartigianato Imprese Marca Trevigiana – . Servono misure efficaci e urgenti perché se calano gli ordini dagli Usa bisogna evitare che si fermino i laboratori. L’Ue e l’Italia si concentrino su politiche industriali per aumentare la competitività delle aziende. A cominciare dalle indispensabili misure per il contenimento dei costi energetici: basti pensare che le imprese italiane pagano l’energia il 28% in più rispetto alla media europea, anche a causa di una eccessiva tassazione in bolletta. Ma serve anche favorire la piena inclusione del sistema delle piccole imprese nelle politiche di bilancio comune europeo, anche queste non prive di ombre all’orizzonte”.
Per la Marca il mercato statunitense ha raggiunto nel 2024 il valore record di 1.343.271.885 euro, con un balzo di 64.710.127 euro rispetto al 2023. Dati che collocano Treviso al secondo posto in regione, con il 18,8% del totale delle esportazioni venete che ammontano a oltre sette miliardi. Cinque sono i settori che nel 2024 hanno superato in provincia i 100 milioni di euro di esportazioni. Guidano la classifica le imprese di bevande, con oltre 310 milioni di euro di export, con un incremento sul 2023 del 20%, seguite da vicino dai macchinari (250 milioni; + 5%), i mobili (175 milioni; + 6,1%), la manifattura (168 milioni; meno 8,3%) e le apparecchiature elettriche (quasi 101 milioni; meno 14,2%). Per alcuni settori l’anno scorso era suonato un campanello d’allarme, con una caduta a due cifre dell’export stelle e strisce. A rischio la pelletteria, scesa nel 2023 del 21,4%, seguita dalle apparecchiature elettriche (- 14,2%) e da computer e altre apparecchiature (- 13,7%). Discorso a parte per i prodotti farmaceutici (meno 30% rispetto al 2023), che però dovrebbero avere delle esenzioni.
«Altro che tregua commerciale: i nuovi dazi americani colpiscono dritto al cuore produttivo della Marca e a farne le spese saranno in particolare le piccole imprese che operano come subfornitrici per grandi marchi internazionali, i quali potrebbero ora rivolgersi ad altri mercati per evitare rincari”, interviene Stefano Camarotto, Presidente della CNA Mandamento di Treviso, che lancia l’allarme. Un intervento che rischia di compromettere seriamente la tenuta del sistema manifatturiero locale. Secondo Cna Mandamento di Treviso, l’impatto sarà devastante soprattutto per la filiera metalmeccanica, quella del mobile e dell’abbigliamento. Il rischio concreto è quello di una progressiva esclusione dalle catene globali del valore, proprio mentre il territorio è già alle prese con l’inflazione, il caro energia e il calo della domanda interna.
Va evidenziato che i dazi del 50 % su acciaio e alluminio rimangono pienamente in vigore, anche dopo l’accordo transatlantico che ha stabilito un’aliquota del 15 % sulla maggior parte delle esportazioni europee. Queste tariffe, imposte unilateralmente dagli Stati Uniti, non sono state incluse nella riduzione concordata ed anzi continuano a rappresentare un impatto significativo per le filiere metalmeccaniche europee, inclusa quella trevigiana.
Cna Treviso chiede quindi risposte immediate da parte delle istituzioni, a tutti i livelli: incentivi per la riconversione dei mercati e la diversificazione dell’export; difesa attiva delle filiere produttive colpite dai dazi; investimenti pubblici per sostenere la domanda interna e restituire potere d’acquisto alle famiglie. “Quella in corso – conclude Camarotto – non è un’emergenza passeggera, ma un cambio di paradigma geopolitico ed economico. O ci prepariamo con una strategia industriale forte e coraggiosa, oppure saremo costretti a subirla, pagando un prezzo altissimo in termini di occupazione, innovazione e coesione sociale”.
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