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«Duro colpo per le imprese ma dobbiamo andare avanti. Ora rilanciare la manifattura»


Marchesini (Confindustria): «I ristori? Più produttivo investire sulle politiche industriali. von der Leyen ha fatto il possibile nelle condizioni date»

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Maurizio Marchesini è vicepresidente di Confindustria. La sua impresa del packaging è attiva in Emilia Romagna, la regione con la più alta quota di export procapite. «Nessuno poteva immaginare che il colpo più duro arrivasse dal nostro principale alleato proprio mentre dobbiamo affrontare l’offensiva cinese nell’industria — dice —. Ma tant’è. Il livello di incertezza da aprile a oggi era diventato enorme. Trovo positivo che ora la situazione si chiarisca».
Quindi meglio il 15 per cento dell’incertezza?
«No, calma, non voglio dire che i dazi al 15 per cento non siano un problema. Anche perché a questa tariffa bisogna aggiungere l’effetto della svalutazione del dollaro, anch’essa vicina al 15 per certo. Questo vuole dire potenzialmente vendere negli Stati Uniti con prezzi più alti, per le tasche degli americani, del 30 per cento. Però la situazione era diventata davvero insostenibile, con il mercato americano quasi completamente bloccato. Speriamo a questo punto che l’aliquota concordata sia applicabile in modo semplice e che sia definitiva, in modo da potere riassestare l’attività su una situazione chiara. Rimettere tutto in discussione tra tre mesi sarebbe un disastro».
Molti punti in realtà sono indefiniti. Per esempio la lista dei beni esentati.
«Infatti è necessario lavorare perché i punti ancora poco chiari siano resi trasparenti al più presto. Questo vale in particolare in alcuni settori, come il farmaceutico».
Davvero quando si parla di dazi la cosa migliore è porgere l’altra guancia?
«Spero fortemente che l’Europa non risponda con contro-dazi. Per un motivo molto semplice: i dazi danneggiano chi li applica. I dazi imposti da Trump saranno pagati dagli americani sotto forma di prezzi più alti delle merci».
È possibile scaricare parte dell’onere dei dazi sui distributori americani?
«Mi sembra molto difficile. Per esperienza posso dire che il mercato americano è altamente competitivo. Non c’è spazio per scaricare una parte degli aumenti sui distributori Usa o sulle imprese italiane».
Tirando le somme, questo accordo è sostenibile per le imprese italiane o no?
«Impossibile rispondere con un sì o con un no perché la situazione è diversa da settore a settore».
Dipende anche dai dazi applicati nell’era pre-Trum. Chi li aveva più alti subirà un colpo meno pesante.
«Sì, è così. I dazi medi applicati dagli Usa all’Europa erano del 3%. Ma variano molto da una categoria merceologica all’altra».
Come giudica la trattativa condotta da von der Leyen?
«Viste le condizioni date non mi pare che abbia fatto un cattivo lavoro».
Ma la presidente della commissione sta subendo numerose critiche. In Italia dall’opposizione. In Europa da Francia e Ungheria.
«Facciamoci un esame di coscienza: pensiamo davvero che trattando da soli come Paese avremmo ottenuto qualcosa di meglio? Il paradosso è che ora invece di prendercela con chi ci ha messo in difficoltà ce la prendiamo con chi tutela i nostri interessi».
Però il Giappone che è un singolo Paese ha spuntato dazi al 15% come noi europei che siamo 27…
«Contano le forze economiche in campo e le contropartite nella propria disponibilità. L’Europa ha annunciato acquisti di gas liquido e armi, ma tutti sanno, anche Trump, che von der Leyen per mantenere la promessa non avrà tutte le leve a disposizione perché dovrà passare dai singoli Stati».
Come possiamo reagire?
«Trump mette dazi, noi al contrario come Europa dobbiamo siglare accordi di libero scambio, a partire dal Mercosur».
Le imprese chiedono ristori. Ma, se la situazione è diversa da settore a settore, come scegliere a chi vanno dati?
«I ristori hanno senso quando si è di fronte a un’emergenza transitoria come è stato il Covid. Ma qui potrebbe trattarsi di un nuovo equilibrio. Le risorse a disposizione andrebbero utilizzate per politiche industriali che ci rendano più competitivi. In altre parole, per finanziare incentivi per ricerca e sviluppo e digitalizzazione, per rafforzare le nostre infrastrutture telematiche in modo da affrancarci dal caro prezzo che paghiamo per i servizi forniti da colossi americani. E poi per abbassare il costo dell’energia».




















































29 luglio 2025



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