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Fiducia nell’AI: come superare paure e rischi diffusi per le aziende


L’Intelligenza Artificiale è una tecnologia pervasiva, sempre più presente nei processi lavorativi delle aziende e nelle nostre vite di tutti i giorni. È una forza che non possiamo più ignorare, ma che dobbiamo imparare a utilizzare al meglio. Dove per ‘meglio’ non intendiamo solo efficienza, operatività, organizzazione.

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Occorre fare un salto culturale profondo, non solo all’interno delle organizzazioni, che devono capire come sfruttare la potenza dell’AI per generare innovazione e migliorare la competitività, ma anche all’interno della società civile.

Fiducia e diffidenza: il paradosso dell’adozione attuale

Se ci limiteremo a utilizzare l’AI per fare le minute delle riunioni o tradurre le mail – così come i testi delle canzoni o le indicazioni stradali – avremo perso un’importante occasione per stare al passo coi tempi, anticipare sfide future e generare valore condiviso.

In questo percorso dobbiamo fare attenzione a non lasciare indietro nessuno. Dobbiamo quindi utilizzare l’AI in modo competitivo, facendo leva sulla potenza del dato, ed etico, investendo nella formazione del capitale umano. Il rischio che vediamo, infatti, è duplice: da un lato sempre più persone adottano l’AI per le proprie attività – lavorative, ma non solo – e contestualmente sempre meno sono disposte a fidarsi di essa. Le persone, infatti, che utilizzano l’AI anche per lavoro spesso non lo dichiarano, non verificano la correttezza degli output e di conseguenza commettono errori. Questo genera sfiducia, paura, diffidenza. Un meccanismo che va disinnescato, ma come?

Cosa rivela la ricerca KPMG sulla fiducia nell’AI

Partiamo innanzitutto da alcune evidenze che, come KPMG, abbiamo raccolto a livello globale in collaborazione con l’Università di Melbourne, intervistando oltre 48.000 persone in 47 paesi di tutto il mondo, di cui 1.000 in Italia, per valutare il livello di fiducia, le modalità di utilizzo e gli atteggiamenti delle persone nei confronti dell’AI. Si tratta del nostro ultimo studio Trust, attitudes and use of Artificial Intelligence’, che rivela come,sebbene a livello globale il 66% delle persone stia già utilizzando intenzionalmente l’AI con una certa regolarità, meno della metà sia disposta ad affidarsi ai sistemi di intelligenza artificiale.

Benefici e rischi dell’uso dell’AI in ambito aziendale

Lo studio evidenzia come in azienda tre dipendenti su cinque utilizzino già intenzionalmente l’AI con una certa regolarità. Questa adozione così diffusa sta offrendo una serie di vantaggi: più efficienza, accesso alle informazioni, innovazione e un incrementato delle attività che generano entrate. Tuttavia, l’uso dell’AI sul lavoro sta creando anche rischi complessi per le organizzazioni. Quasi la metà dei dipendenti ammette di utilizzarla in modi che contravvengono alle politiche aziendali, incluso il caricamento di informazioni aziendali sensibili in strumenti pubblici gratuiti come ChatGPT.

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La formazione come leva per rafforzare la fiducia

Più della metà degli intervistati ammette di affidarsi all’output dell’AI senza valutare l’accuratezza e, anche per questo, commette errori.

Questo uso promiscuo potrebbe essere dovuto ad alcune lacune in termini di governance. Stando sempre ai risultati dello studio, solo il 47% dei dipendenti afferma di aver ricevuto un’adeguata formazione sull’Intelligenza Artificiale e solo il 40% assicura che la propria azienda ha adottato policy sull’uso dell’AI. Un aspetto da valutare con attenzione è legato al timore, espresso da quasi la metà dei lavoratori, di essere lasciati indietro se non svilupperanno una maggiore confidenza e attitudine nei confronti dell’intelligenza artificiale.

Percezioni nella società civile e richiesta di regolamentazione

Al di fuori delle aziende, nella società civile, una larga maggioranza degli intervistati è preoccupata per i rischi e due persone su cinque affermano di aver subito impatti negativi dell’AI: dalla perdita di interazione umana ai rischi per la sicurezza informatica fino alla proliferazione di disinformazione e ‘fake news’, risultati imprecisi e impoverimento professionale. Il 70% ritiene quindi che la regolamentazione dell’AI sia necessaria e l’87% auspica leggi e normative a livello internazionale più severe per combattere la disinformazione.

Focus sull’Italia: formazione e fiducia a confronto

I dati del campione italiano riflettono l’andamento globale, con alcune differenze soprattutto per quanto riguarda la formazione ricevuta sul luogo di lavoro e l’utilizzo delle policy. Più della metà dei dipendenti italiani intervistati sostiene infatti di aver ricevuto un’adeguata formazione sull’intelligenza artificiale e afferma che la propria azienda ha adottato policy sull’uso dell’AI.

Per quanto riguarda il contrasto tra rischi e benefici dell’utilizzo dell’AI, sebbene il 75% degli intervistati in Italia approvi e accolga con favore l’intelligenza artificiale, con il 66% che la sta già adottando intenzionalmente per lavoro con una certa regolarità, meno della metà è disposta a fidarsi di essa. Anche in Italia, così come a livello globale, l’uso dell’AI sul lavoro sta creando rischi complessi per le organizzazioni generando forti preoccupazioni.

AI e fiducia nelle economie emergenti vs avanzate

È interessante notare anche come le economie emergenti, come ad esempio India, Cina, Nigeria, Emirati Arabi, Arabia Saudita ed Egitto, siano leader nell’adozione, nella fiducia, nell’accettazione e nella comprensione dei benefici dell’AI. In particolare, l’India e la Nigeria segnalano il più alto utilizzo regolare dell’Intelligenza Artificiale, pari al 92%. Al contrario, i livelli di utilizzo dell’AI nelle economie avanzate scendono al di sotto del 70%, con l’utilizzo più basso riportato nei Paesi Bassi. Questo risultato si può spiegare sottolineando come i paesi emergenti vedano nell’AI un’opportunità per recuperare produttività e competere. Bisogna però evidenziare che il grado di fiducia, in tutto il mondo, è condizionato molto anche dall’età e dal grado di istruzione delle persone: in generale, giovani e manager sono più fiduciosi e la usano di più, mentre le fasce impiegatizie la vedono più come una minaccia.

L’approccio strategico delle aziende all’adozione dell’AI

L’intelligenza artificiale, come tutte le tecnologie, può creare valore a condizione che sia al servizio della società. Può aiutarci a vivere meglio se usata in modo etico e responsabile. Qualche tempo fa, i rischi e le opportunità legate alla nuova tecnologia vagavano in un terreno più astratto. Oggi, con l’estensione del suo utilizzo, le percezioni e le opinioni si sono fatte più concrete. Le motivazioni di resistenza o poca fiducia sono diverse. Innanzitutto, utilizzandola, le persone comprendono che l’AI sta diventando sempre più potente di giorno in giorno. Questo perché i motori attuali si basano non solo sulla quantità di dati su cui sono addestrati, ma anche sui cicli di feedback forniti dagli utenti. Più persone la usano, più dati e feedback vengono forniti, e più i motori diventano potenti e accurati.

Oggi, dopo una fase iniziale di hype ed entusiasmo, le aziende, soprattutto le PMI italiane, sono più diffidenti; vogliono capire i ritorni reali e la solidità dei progetti di business prima di investire. Molte approcciano questo tema con cautela, facendo piccole sperimentazioni. L’adozione dell’AI va affrontata a livello strategico. È fondamentale capire come possa generare valore e in quali aree. Una volta definita la direzione strategica, bisogna analizzare concretamente come la tecnologia possa cambiare i modelli operativi dell’azienda.

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Le aziende devono anche porre molta attenzione ai dati, valorizzandoli come asset aziendali per decisioni affidabili. Infine, devono osservare, comprendere e valutare i rischi connessi all’AI. Non è solo una questione di conformità normativa, le imprese dovranno definire il loro posizionamento anche in termini valoriali. Le opportunità sono quindi molteplici, non solo per crescere e generare profitto, ma anche e soprattutto per compiere le scelte giuste, al momento giusto.



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