La possibile introduzione dei dazi statunitensi sta scuotendo gli animi di analisti e imprese, preoccupati dalle ripercussioni che potrebbero colpire l’economia nostrana. Negli ultimi anni, le esportazioni italiane verso il mercato americano hanno infatti raggiunto livelli record, con un giro d’affari superiore a 64 miliardi di euro e una crescita del 42% rispetto al 2019.
Eppure, di fronte alla prospettata tariffa del 15%, i settori chiave rischiano di subire tagli consistenti, mentre le regioni più coinvolte, in testa Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, guardano con timore al futuro. L’idea di un rallentamento delle vendite oltreconfine mette in allerta non solo chi esporta, ma anche chi produce beni di largo consumo, poiché un effetto a catena non tarderebbe a farsi sentire.
Un nuovo contesto di sfida
Molti analisti indicano che il comparto agroalimentare, insieme a farmaceutico e chimico, potrebbe subire riduzioni nell’ordine del 13,5%-16,4%, mentre la moda e l’arredamento sembrano destinati a contenere maggiormente i danni con un calo attorno al 2,6%.
Queste misure protezionistiche, oltre a rimodellare la bilancia commerciale, avranno impatti diretti sulla competitività delle aziende, chiamate a ridurre i costi o a rinegoziare accordi con i fornitori. In uno scenario di crescenti tensioni globali, gli analisti ritengono che il colpo più duro potrebbe concentrarsi nelle zone industriali ad alta vocazione all’export, dove la spinta internazionale rappresenta un fattore determinante per la crescita.
Effetti su imprese e famiglie
Le famiglie italiane non resteranno a guardare: con l’aumento stimato di un ulteriore 0,3-0,5% di inflazione, si ipotizza che a livello nazionale le spese aggiuntive possano oscillare tra 2,5 e 4,2 miliardi di euro all’anno. Questo implicherà una minore capacità di spesa, alimentando il timore che anche la domanda interna possa registrare un rallentamento.
Nel settore tecnologico, poi, il rischio di nuove restrizioni commerciali si tradurrebbe in un rallentamento sensibile nella vendita di smartphone, con una crescita che, secondo alcune stime, potrebbe ristagnare attorno a un modesto +0,6% nel 2025, ben al di sotto del 2,3% preventivato in assenza di barriere tariffarie. Riduzioni produttive, tensioni tra le principali potenze economiche e aumenti di costo per i dispositivi elettronici sono tutti fattori destinati a incidere sulle abitudini d’acquisto dei consumatori.
Strategie e prospettive future
Di fronte a questi scenari complessi, le aziende sono spinte verso una maggiore diversificazione dei mercati, cercando di consolidare la presenza in altre aree geografiche e aprire canali di distribuzione alternativi.
D’altro canto, per attenuare i contraccolpi sui bilanci familiari, potrebbe rivelarsi essenziale incentivare politiche mirate a sostenere i redditi, sia in termini di sgravi fiscali sia di agevolazioni sui consumi. Mentre l’incertezza globale mostra poche prospettive di dissolversi a breve termine, il sistema produttivo nazionale prova così a reagire facendo affidamento sull’innovazione, sulla resilienza delle sue filiere e, soprattutto, su strategie coraggiose che guardino al medio e lungo periodo.
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