Misure di mitigazione dell’impatto del payback sui dispositivi medici per le piccole e piccolissime imprese: sospensione delle azioni esecutive in corso, dilazione dei pagamenti e accesso al Fondo di garanzia. Sono queste alcune delle richieste prioritarie che le associazioni Aforp–Associazione Fornitori Ospedalieri, Confimi Industria Sanità, Confindustria Dispositivi Medici e il Coordinamento Filiera, in audizione oggi in Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, hanno chiesto di inserire nel percorso di conversione del Decreto-legge Economia 95/2025.
Più complesso il percorso per quanto riguarda la richiesta di stabilire una soglia di esenzione a 4 milioni per le piccole e medie imprese, depositata ufficialmente al MEF, ribadita unanimemente in tutte le sedi e che continua a essere una proposta senza aggravio sulla spesa pubblica.
«Siamo consapevoli della necessità di controllare la spesa pubblica per i dispositivi medici – dichiarano le Associazioni, che rappresentano oltre il 90% delle imprese soggette a payback – ma ciò non può avvenire a discapito della tenuta di migliaia di piccole aziende che assicurano ogni giorno forniture e servizi essenziali al Servizio Sanitario Nazionale. Perché il Decreto-legge 95/2025 rappresenti per tutte le aziende del settore un primo passo positivo, è necessario prevedere in fase di conversione misure immediate a tutela delle piccole e medie imprese, le più esposte all’impatto del payback, per evitare un danno sistemico alla filiera. Il confronto con Governo, Parlamento e Regioni deve continuare in modo costruttivo, con l’obiettivo di definire un modello di governance più equo, sostenibile e orientato al lungo periodo».
Richiesta anche la disponibilità delle Regioni a inserire una compensazione sui versamenti IRAP per le aziende che avevano già pagato la quota di payback maggiorata, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale del luglio 2024. Infine, le Associazioni hanno richiamato l’attenzione anche sul tema del payback 2019-2024, sollecitando la riconvocazione del tavolo istituzionale già a settembre per avviare un percorso di progressiva sterilizzazione della norma attraverso rifinanziamenti statali e un incremento dei tetti di spesa, che ne portino all’eliminazione definitiva in Legge di Bilancio 2026.
Conflavoro PMI Sanità e Confapi Sanità: «Governo non dice tutta la verità. I fondi ci sono, ma loro destinazione è errata»
In questi giorni hanno preso posizione anche Conflavoro PMI Sanità e Confapi Sanità: «Sul payback dispositivi medici il governo continua a raccontare una verità parziale. I fondi sono stati stanziati, ma la loro destinazione è profondamente errata. Anziché tutelare le PMI italiane, si distribuiscono infatti sconti a pioggia, ignorando la proposta più logica e sostenibile: l’introduzione di una franchigia da 5 milioni, a costo zero per lo Stato, già adottata nel comparto farmaceutico senza alcuna obiezione costituzionale». Lo dichiara, in una nota, Gennaro Broya de Lucia, presidente di Conflavoro PMI Sanità, l’associazione che riunisce le principali aziende del medtech Italiano, secondo il quale «se davvero si vuole salvare il comparto, non si può ignorare una misura equa, già sperimentata e senza costi aggiuntivi».
Per Broya de Lucia «la responsabilità è politica, diretta e grave. Il danno per l’occupazione, la filiera e la credibilità del sistema rischia di essere irreparabile con le piccole e medie imprese italiane (che pure rappresentano il tessuto produttivo del Paese) lasciate morire nel mentre si restituiscono milioni a grandi multinazionali che hanno già pagato. Il governo ha scelto scientemente di non replicare il modello farmaceutico e ora dovrà risponderne agli imprenditori traditi» conclude il presidente di Conflavoro PMI Sanità.
Gli fa eco Michele Colaci, presidente di Confapi Sanità: «Abbiamo fornito soluzioni concrete. L’eliminazione della franchigia è una scelta politica che colpisce le PMI, in particolare nei territori che andranno al voto nei prossimi mesi: Veneto, Campania, Toscana, Marche, Puglia e Valle d’Aosta. Ci auguriamo che i cittadini sappiano distinguere chi difende davvero l’impresa italiana da chi preferisce abbandonarla». «Chiediamo con urgenza il ripristino della franchigia a 5 milioni, misura semplice, già attuata in altri settori, che salverebbe centinaia di aziende e darebbe finalmente credibilità all’azione del governo» concludono Colaci e Broya De Lucia.
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