Nel cuore dell’economia italiana ed europea ci sono loro: le piccole e medie imprese. Numericamente, rappresentano oltre il 99% delle imprese, ma spesso restano tagliate fuori dai canali tradizionali di finanziamento. Il sistema bancario è sempre più prudente e restrittivo, condizionato da regole severe e una lunga scia di crisi. Ecco perché sono diventati molto importanti i fondi di investimento: Private Equity e Venture Capital.
Le PMI dominano il mercato europeo
A differenza degli Stati Uniti, dove le grandi Corporation dominano il mercato, l’Europa – e in particolare l’Italia – si fonda su una rete di piccole e medie imprese, a cui i fondi di investimento guardano come ad un mercato ricco di opportunità.
Il Private Equity investe in imprese, non quotate in borsa, già avviate, per aiutarle a crescere, ristrutturarsi o espandersi. Il Venture Capital (VC) è una forma particolare di Private Equity che punta su progetti nascenti (come idee e start up giovani e innovative): assume così alti rischi in cambio di potenziali ritorni elevati.
Entrambi non prestano denaro, ma entrano nel capitale come soci temporanei: acquistano un determinato numero di quote di cui vogliono aumentare il valore. Il loro obiettivo è valorizzare l’impresa e per poi venderne le quote con profitto (exit).
Satispay e Deliveroo: come il capitale di rischio alimenta le startup
Un caso emblematico è quello di Satispay, start up italiana specializzata nei pagamenti digitali. Nata nel 2013, ha rivoluzionato il modo di pagare con lo smartphone e ha attirato l’attenzione di grandi fondi internazionali. Nel 2022, ha raccolto oltre 300 milioni di euro da fondi di Private Equity, raggiungendo lo status di unicorno (ovvero di nuova azienda, non quotata in borsa, il cui valore è superiore a 1 miliardo di dollari).
Altro caso è quello di Deliveroo. Nasce da un’idea semplice: rispondere all’esigenza di ordinare cibo dai migliori ristoranti e riceverlo a casa in poco tempo.
Fondata anch’essa nel 2013, ha raccolto in pochi anni circa 1,5 miliardi di dollari, si è espanso in 10 paesi e ha stretto rapporti commerciali con oltre centottantamila ristoranti. Nel marzo 2021 si è quotata in borsa con un valutazione di 7,6 miliardi di sterline.
Entrambi rappresentano un chiaro esempio di come il Venture Capital possa sostenere la crescita di realtà ad alto potenziale, che difficilmente avrebbero potuto ottenere lo stesso capitale da una banca, data la rischiosità dell’investimento.
Private Equity e prestito bancario
Il Private Equity ha il pregio di costituire capitale di rischio e non di prestito. Il concedente del prestito (la banca) è interessato a guadagnare sugli interessi e a recuperare il prestito concesso: ciò comporta che, aldilà della valutazione iniziale sul rischio, accompagnata da un’analisi dell’azienda, il concedente si disinteressa poi del suo andamento gestionale, anche perché, spesso, il prestito concesso è assistito da garanzie collaterali ed esterne alla società (beni dei soci).
Di contro, il fondo di Private Equity, interviene con un finanziamento che comporta l’assunzione del rischio d’impresa: per cui non solo è concretamente interessato all’andamento gestionale dell’impresa, ma anche a fornire alla stessa tutte le sue risorse (know-how, relazioni commerciali, consulenza aziendale e finanziaria…) mirate a massimizzare la crescita e valorizzare l’impresa. Il Private Equity è quindi a tutti gli effetti un partner operativo dell’imprenditore e ne condivide il successo del capitale investito.
Il problema dell’exit
Il profitto di queste forme di investimento deriva dall’operazione di exit, ovvero di uscita dagli investimenti, nel corso della quale, vendendo la loro quota a un prezzo superiore a quello d’acquisto, guadagnano il surplus di vendita.
Secondo la legge, infatti, il fondo di Private Equity deve uscire dal capitale della società, in cui ha fatto il finanziamento, entro dieci anni dall’investimento (estendibili massimo a tredici). In casi normali l’exit si risolve nella restituzione dell’intero controllo societario all’investitore originario (cioè con la retrocessione all’imprenditore delle sue quote).
Tuttavia, in questa fase, si possono presentare alcune problematiche:
- l’intervento di Private Equity ha avuto successo ma fondo e imprenditore non trovano un accordo sul prezzo di cessione delle quote, e in questo caso il private equity si rivolgerà al mercato (investitori privati e altri fondi) per offrire le sue quote; cosa che potenzialmente comporta problematiche e attriti con il socio originario;
- l’intervento di Private Equity non ha avuto successo, la società non è stata valorizzata, con relative conseguenze sul valore delle quote. Il socio originario potrebbe non avere la forza di acquistare le quote del Private Equity e di conseguenza, come nel primo scenario, si aprirebbero potenziali conflitti.
Potenzialità e limiti operativi
Avendo esaminato e valutato i pregi del Private Equity, in termini di potenziale supporto alla crescita e alla valorizzazione dell’impresa, non si può non valutarne il difetto della sua componente speculativa, che comporta due fondamentali conseguenze:
- una rigorosa selettività dei soggetti che possono avvalersene e quindi la sua scarsa accessibilità da parte della platea delle imprese;
- la prevalenza, da parte del Fondo, di una visione di breve-medio termine (massimizzazione dell’utile) rispetto a una visione di medio-lungo termine, tipica dell’imprenditore, che ha anche un occhio di riguardo alla sua crescita qualitativa.
Ne è riprova il caso di Deliveroo, che, per soddisfare le esigenze di “grow fast, exit faster” (cresci veloce ed esci ancora più veloce) dei fondi di Venture Capital, ha posto in essere pratiche di sfruttamento della manodopera, i rider, che hanno suscitato critiche, accuse di compensi insufficienti e mancanza di tutele. Così pure l’ingresso troppo precipitoso in mercati non ricettivi, come quello di Hong Kong, da cui si è ritirata a causa di perdite rilevanti e persistenti.
Nel 2025 ha perso più della metà del suo valore di Borsa, ed è stata acquistata da DoorDash per 2,9 miliardi di sterline. Deliveroo è ora ex-unicorno e un caso-scuola nel mondo del Venture Capital.
Il punto sul Private Equity
Il Private Equity rappresenta una leva importante per la crescita delle imprese, offrendo risorse, competenze e visione strategica difficilmente accessibili tramite i canali tradizionali. Tuttavia, la sua natura orientata all’exit e alla valorizzazione rapida, impone anche limiti: una prospettiva talvolta troppo concentrata sul profitto a breve termine. Come ogni strumento efficace, richiede che se ne faccia un uso equilibrato e responsabile.
Alice Musca
(In copertina rielaborazione grafica a partire da un’immagine di Josh Appel da Unsplash)
Per approfondire il tema Private Equity e Venture Capital, ascolta anche l’intervista a Alessandro Risaro e Pierpaolo D’Odorico (fondatori di Datapizza), a cura di Chiara Cammarota e Davide Pezzo (JEBO), all’interno del podcast Caffè con gli Imprenditori.
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