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Economia, Spagna batte Italia 3 a 0


Così Madrid corre mentre Roma resta ferma. Una crescita che sorprende, ma non piove dal cielo.

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Saldo e stralcio

 

(Foto: il premier spagnolo Pedro Sanchez).

La Spagna sta vivendo un momento d’oro in economia: secondo le stime estive del Fondo monetario internazionale pubblicate il 29 luglio 2025, sarà l’unico grande Paese dell’Eurozona a chiudere l’anno con una crescita sopra il 2%. A Madrid si prevede un Pil in espansione del 2,5%, mentre Francia, Germania e Italia si fermano tra lo 0,1% e lo 0,7%. Roma, in particolare, cresce meno di un terzo rispetto a Madrid.

Ma cosa spinge così in alto l’economia spagnola? Non è un miracolo, ma il frutto di scelte precise: salari minimi più alti, riforme del lavoro mirate, investimenti pubblici efficaci e un mercato interno che funziona. A confermarlo sono i numeri dell’Istituto nazionale di statistica spagnolo, che il 26 luglio ha certificato una crescita trimestrale dello 0,7% tra aprile e giugno, con un incremento del 2,8% su base annua.

Pil sostenuto da consumi e investimenti interni

L’elemento chiave è la domanda interna. La crescita spagnola è trainata soprattutto dai consumi delle famiglie, che hanno contribuito da soli per lo 0,9% all’espansione del Pil nel secondo trimestre. Una dinamica resa possibile dall’aumento del potere d’acquisto e da un contesto occupazionale in netto miglioramento.

Accanto ai consumi, anche gli investimenti mostrano un andamento vivace: nel secondo trimestre 2025 l’aumento è stato del 2,1%, spia evidente di una fiducia ritrovata da parte delle imprese. Lo Stato ha svolto un ruolo decisivo nel sostegno a questo ciclo, canalizzando in modo più efficace dei partner europei i fondi del Next Generation EU.

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Secondo l’ultimo report della Commissione europea: “La Spagna ha mostrato una capacità di assorbimento e di messa a terra dei fondi europei superiore alla media dell’Eurozona, traducendo i programmi di investimento in cantieri e infrastrutture reali.”

Salario minimo e riduzione dell’orario: misure che incidono

La svolta del mercato del lavoro è un altro punto fondamentale. Tra il 2023 e il 2025, il governo Sánchez prima e poi il ministro dell’Economia Carlos Cuerpo hanno progressivamente aumentato il salario minimo interprofessionale, portandolo a 1.381 euro lordi mensili nel 2025. È il 54% del salario mediano nazionale, una delle soglie più alte in Europa.

Ma non basta: è in corso anche una riforma dell’orario di lavoro, che prevede la riduzione da 40 a 37,5 ore settimanali senza tagli di stipendio. La legge è stata approvata in via definitiva a fine giugno 2025 ed entrerà a regime dal 2026, ma secondo l’OCSE “sta già modificando in modo positivo le aspettative dei lavoratori e la produttività oraria.”

Un pacchetto di misure che ha inciso anche sulla qualità del lavoro, con la quota di contratti stabili salita al 61% e la disoccupazione scesa sotto il 12% per la prima volta dal 2008.

Una struttura economica più flessibile e meno esposta ai rischi globali

A differenza dell’Italia, la Spagna ha un’economia meno esposta all’export di beni industriali e più orientata al settore dei servizi, in particolare turismo, cultura, ristorazione, logistica e servizi digitali. Tutti comparti che hanno beneficiato della ripresa post-pandemica e che, secondo un rapporto del Real Instituto Elcano, “hanno saputo adattarsi meglio agli shock esterni rispetto al manifatturiero europeo.”

L’Italia, invece, resta fortemente dipendente dall’export verso Paesi terzi – Stati Uniti e Cina in testa – e dunque maggiormente esposta agli effetti delle guerre commerciali, dei dazi e dell’instabilità geopolitica. Con la domanda estera in calo, il nostro export ha rallentato drasticamente nel primo semestre 2025, registrando una contrazione dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2024.

Il commento del ministro Cuerpo: “Crescita solida, ora redistribuiamo”

“Abbiamo superato i 22 milioni di occupati. L’economia spagnola mantiene il suo slancio”, ha dichiarato Carlos Cuerpo in un video pubblicato su X il 26 luglio. “Ma ora dobbiamo far sì che i buoni dati macroeconomici si traducano in benessere concreto per le famiglie. Serve intervenire su casa, disoccupazione giovanile e condizioni di vita.”

Il riferimento è al forte aumento degli affitti nelle grandi città, che sta alimentando una nuova emergenza abitativa. Il governo ha già messo sul tavolo 2 miliardi di euro per un nuovo piano di edilizia pubblica destinato ai giovani, con 50.000 nuovi alloggi previsti entro il 2027.

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E l’Italia? Un’Europa a due velocità anche nei fondamentali

Nel frattempo l’Italia, pur beneficiando anch’essa dei fondi europei, registra una crescita timida: +0,7% secondo la Commissione europea. Il Pil del secondo trimestre è risultato addirittura in contrazione (–0,1%), mentre i salari reali crescono a un ritmo inferiore all’inflazione.

Il problema, secondo molti osservatori, non è solo congiunturale, ma strutturale. “La Spagna ha fatto riforme vere sul lavoro, mentre l’Italia resta bloccata su misure tampone e micro-incentivi”, ha dichiarato l’economista Carlo Bastasin il 29 luglio. “La differenza si vede negli indicatori di produttività e occupazione.”

A preoccupare è anche la tenuta futura: con i tassi d’interesse alti e il debito pubblico oltre il 140%, il nostro Paese ha meno margini di manovra e più vincoli europei.

Un modello alternativo tutto iberico

La Spagna non ha scoperto formule magiche. Ha però dimostrato che investire nel lavoro e nella coesione sociale paga. Mentre l’Italia continua a oscillare tra tagli e bonus, Madrid ha puntato su salari, stabilità, consumi interni e modernizzazione. Un modello che, almeno per ora, funziona.



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