Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Da pontiere a pompiere: Giorgetti minimizza il danno dei dazi


Impegnato a dimostrare che sui dazi poteva andare peggio e che quelli fissati da Trump al 15% sono «piuttosto che niente, è meglio piuttosto», il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha dato ieri al question time alla Camera una stima sull’impatto massimo che i dazi avranno sull’economia italiana: fino allo 0,5% in meno del prodotto interno lordo nel 2026. Il recupero potrebbe essere «graduale» e tornare infine alla normalità «entro il 2029». Dunque, senza sapere praticamente nulla sui settori e sulle esenzioni che l’Unione Europea starebbe negoziando con il rapinatore della Casa Bianca, il governo italiano già oggi ritiene che ci vorranno tre anni per recuperare i costi della punizione inferta dagli Stati Uniti a quella che dovrebbe essere un’economia governata dalla «pontiera» Giorgia Meloni, a capo di una maggioranza «amica» del nazional-capitalismo Usa.

Opportunità unica

partecipa alle aste immobiliari.

 

GIORGETTI ha relativizzato i dati Istat, pubblicati ieri mattina, sul calo dello 0,1% del Pil nel secondo trimestre 2025. A suo avviso, infatti, non sarebbe in discussione la stima annuale data per acquisita dal governo nel documento di finanza pubblica, cioè lo 0,6% del Pil. Per ora l’Istat l’ha fissata allo 0,5% ma, stringendo i denti, Giorgetti conta di rispettare la previsione fatta dal suo ministero. Trump permettendo. Se i danni prodotti dai dazi saranno quelli ipotizzati da Giorgetti, l’anno prossimo l’Italia sarà a crescita zero. Ci vorranno tre anni per riprendersi. Per una politica economica che mostra segni di asfissia sarebbe un colpo micidiale.

DA ECONOMISTA panglossiano qual’è, Giorgetti vede il meglio nonostante le prove del contrario . In fondo questa è l’idea di Meloni secondo la quale i dazi al 15% sono «sostenibili». Esemplare è stata la spiegazione che il ministro dell’economia ha dato di un’incauta affermazione di qualche settimana fa. «Io avevo detto che dazi ’”non molto lontano dal 10%” sarebbero stati insostenibili – ha precisato Giorgetti dopo il question time – Il 15% contiene i dazi-base che già esistevano del 4,9% quindi la differenza tra il 15% e il 4,9 fa quasi 10. Questo lo dico da ragioniere non da ministro dell’economia». Lasciamo perdere i ragionieri, figura familiare a Giorgetti, e torniamo a Voltaire.

I DAZI «ALL INCLUSIVE» vanno bene perché questo è il migliore mondo possibile. È il ragionamento da Pangloss che sta facendo il governo in attesa che Washington e Bruxelles comunichino i veri contenuti dell’accordo sui dazi: tra uno sconto e un indennizzo alle imprese, vedrete cari italiani che l’impatto sarà minimizzato e il paese terrà botta perché «meno male che Giorgia c’è». Scompare così il dato politico in questa favoletta: il più grande blocco commerciale del mondo come l’Europa avrà anche evitato l’aumento del 30% dei dazi, ma ha anche approvato senza discutere il nuovo ordine mondiale del presidente degli Stati Uniti. Questa è la linea del governo Meloni. Voleva costruire «ponti» con Trump, sta finendo a fare il pompiere che spegne gli incendi creati dal bullo a stelle e strisce. Una carriera fulminante in appena sei mesi.

INTERESSANTE è stato il modo in cui Giorgetti ha ragionato sui dati Istat sull’export verso gli Stati Uniti. Nei primi mesi dell’anno hanno registrato «un aumento dell’8 per cento nel primo trimestre». Quello che invece «sta andando male – ha continuato -, incredibilmente rispetto alla retorica comunicativa, sono le esportazioni verso l’Asia e in particolare verso la Cina, dove si registra un peggioramento di circa l’11 per cento». Per Giorgetti vuol dire che quello che sta avvenendo «deve essere valutato in un’ottica globale». I dazi sono «una ridefinizione dei prezzi relativi all’interno del commercio internazionale e non semplicemente un problema che riguarda l’Italia o l’Europa nei confronti degli Stati Uniti».

QUESTA IDEA può essere spiegata in un altro modo: visto che c’è nell’export verso gli Usa c’è il grasso, il costo dei dazi può essere riassorbito. Il problema sta altrove. Per esempio a Bruxelles dove la Commissione Ue non riesce a fare accordi commerciali con Mercosur, India o Cina. Questioni fuori dalla portata del governo italiano. Il Mercosur è bloccato perché la Francia sostiene che penalizza i propri agricoltori. Un appeasement commerciale con la Cina è molto difficile. Il flop di von der Leyen a Pechino la settimana scorsa lo ha confermato.

Opportunità unica

partecipa alle aste immobiliari.

 

I «25 MILIARDI DI EURO» di indennizzi alle imprese che perderanno i profitti a causa di Trump sono stati confermati da Giorgetti. Ma è «prematuro» parlarne perché, logicamente, prima bisognerebbe conoscere l’entità del danno e capire l’esito delle «negoziazioni» in corso sui settori esentati. Allo stato attuale si può allora dire che Confindustria ha vinto: riceverà un cadeau dal governo comunque vada. Il governo non si è fatto pregare e, già all’indomani del 2 aprile quando Trump ha annunciato i suoi dazi, ha assicurato il soccorso. Il punto non è solo se i soldi arriveranno in base alle perdite del fatturato, o da qualche fondo non speso del Pnrr, ma che in ogni caso non serviranno al rilancio della domanda interna e ai salari, le vittime della guerra commerciale.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta