Nel 2006 la direttiva “Bolkestein” – che prende il nome dall’ex commissario europeo Frits Bolkestein – ha imposto agli Stati membri dell’Ue di garantire che l’accesso a un’attività economica su suolo pubblico, come le concessioni balneari, avvenga tramite procedure di selezione imparziali e trasparenti, vietando le proroghe automatiche.
La direttiva è stata recepita in Italia nel 2010, ma non ha mai operato: le concessioni demaniali marittime sono state di volta in volta prorogate.
Nel 2008 la Commissione Ue aveva avviato una procedura d’infrazione, a seguito della quale l’Italia aveva annunciato la revisione della materia, estendendo al contempo le concessioni in essere fino al 31 dicembre 2015. La Commissione aveva quindi archiviato la procedura, in attesa del riordino del settore. Nel 2016 il governo del tempo ha disposto una proroga ulteriore, e poi un’altra proroga è stata fissata da quello successivo, nel 2018, fino al 31 dicembre 2033. Ma la riforma delle concessioni non è mai stata varata.
Nel 2020 la Commissione Ue ha avviato una nuova procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, accusandola di non aver adottato misure adeguate per eliminare le proroghe automatiche delle concessioni balneari e per garantire l’indizione di gare pubbliche.
Un anno dopo, anche il Consiglio di Stato ha stabilito che le proroghe automatiche fossero in contrasto con la direttiva “Bolkestein”. Le concessioni dovevano essere assegnate tramite gara. Per cui i giudici hanno stabilito che quelle già in essere sarebbero rimaste valide fino al 31 dicembre 2023, diventando «prive di effetto» dopo tale data; e che eventuali proroghe successive avrebbero dovuto essere disapplicate sia dalla pubblica amministrazione che dai tribunali.
Il termine fissato dal Consiglio di Stato è stato recepito dal governo Draghi, con la legge annuale sulla concorrenza approvata nell’agosto del 2022, prevedendo però che la scadenza potesse slittare di un anno, qualora «ragioni oggettive» impedissero la conclusione delle gare entro la fine del 2023.
All’inizio del 2023, durante la conversione in Parlamento del decreto-legge “Milleproroghe” varato dal governo Meloni, i partiti della maggioranza hanno posticipato i termini precedentemente fissati, rispettivamente al 2024 e al 2025. La motivazione è stata che questa ulteriore proroga di un anno serviva a completare una mappatura delle spiagge e a verificare se fossero un bene scarso. La scarsità del bene è, infatti, il presupposto per l’applicazione della direttiva “Bolkestein”. Per cui, se le spiagge nazionali fossero risultate un bene non scarso, la direttiva non sarebbe stata applicabile, e sarebbe decaduto così anche l’obbligo di mettere a gara le relative concessioni. Ma, poco dopo, il Consiglio di Stato ha ribadito che anche questa nuova proroga automatica delle concessioni andasse disapplicata, in continuità con quanto deciso nel 2021, per contrasto con la direttiva “Bolkestein”.
A sua volta, la Commissione Ue, alla quale il governo aveva trasmesso la mappatura delle spiagge, ne ha contestato la validità: erano state incluse tra le aree disponibili anche quelle dove era vietato o impossibile installare stabilimenti balneari (per esempio, aree industriali o protette), falsando la valutazione relativa alla scarsità del bene. La Commissione Ue ha, quindi, chiesto nuovamente all’Italia di adottare le norme necessarie per organizzare la messa a gara delle concessioni, pena la prosecuzione della procedura di infrazione.
Dopo un’interlocuzione tra l’esecutivo italiano e la Commissione Ue, e con un implicito via libera da parte di quest’ultima, nel settembre 2024 il governo Meloni ha approvato il decreto-legge “Salva infrazioni”, che, come suggerisce il nome, aveva l’obiettivo di evitare o risolvere procedure di infrazione aperte dall’Unione europea nei confronti dell’Italia, tra cui quella sui balneari. Questo decreto ha stabilito l’obbligo di avviare le gare per le concessioni entro il 30 giugno 2027 e ha prorogato l’efficacia di quelle attualmente in vigore fino al 30 settembre 2027.
Per evitare che la proroga venisse considerata generalizzata – e quindi contraria alla direttiva “Bolkestein” – il governo ha demandato agli enti locali la valutazione dei tempi necessari per avviare le gare. Ma nonostante l’approvazione del decreto “Salva infrazioni”, la Commissione Ue ha chiarito che la procedura di infrazione resterà aperta finché l’Italia non si sarà pienamente conformata alla normativa europea.
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