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Romania, corruzione e riforme in bilico / Romania / aree / Home


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Le dimissioni per un caso di corruzione del vice-premier Dragos Anastasiu, imprenditore votato alla politica, segnano un duro colpo per l’agenda riformista del neo-premier romeno Ilie Bolojan, mentre la crisi fiscale del paese si fa più pesante

A circa un mese dal suo insediamento, il governo di coalizione di Bucarest, guidato dal leader liberale Ilie Bolojan, subisce la sua prima perdita. Dragoș Anastasiu, uno dei cinque vice primi ministri e l’unico proveniente dal mondo imprenditoriale, ha infatti annunciato le sue dimissioni.

Il gesto arriva in seguito alla pubblicazione di documenti e ricostruzioni giudiziarie che confermano il coinvolgimento di una delle sue aziende di trasporto in un caso di corruzione, conclusosi nel 2023 con una condanna definitiva.

Al centro della vicenda c’è stata un’ispettrice dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione Fiscale (ANAF), condannata a cinque anni di carcere per corruzione e traffico di influenze.

Secondo quanto ricostruito dalla Direzione Nazionale Anticorruzione (DNA), tra il 2009 e il 2017 le aziende riconducibili ad Anastasiu avrebbero versato oltre 150mila euro alla funzionaria, attraverso pagamenti mensili dissimulati da contratti di consulenza e servizi fittizi. In cambio, le imprese avrebbero beneficiato dell’attenuazione o della cancellazione di sanzioni fiscali.

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Anastasiu ha ammesso i fatti, dichiarando di aver firmato quei contratti sotto ricatto, per proteggere la sopravvivenza della sua azienda e dei suoi dipendenti.

In una conferenza stampa tenuta domenica, ha definito quei versamenti “una tangente di sopravvivenza”, non finalizzata all’arricchimento personale ma imposta dalla pressione sistemica di un’amministrazione fiscale che non avrebbe offerto alternative. Ha precisato che le sue aziende, nei controlli effettuati nel tempo, sono sempre risultate in regola. Tuttavia, ciò non le avrebbe risparmiate dalle minacce e dalle richieste dell’ispettore ANAF.

“Il mio ingresso nel governo è stato dettato dalla mia voglia di dare una mano. Il primo ministro mi ha chiesto cosa volessi fare del resto della mia vita e gli ho risposto che la cosa più semplice era continuare a fare quello che stavo facendo, business, e portare avanti i progetti”, ha dichiarato Anastasiu.

“Ho vissuto in Germania e sono tornato volontariamente, è stata la decisione migliore della mia vita”, ha poi aggiunto l’ex vice-premier. “La Romania è un paese pieno di opportunità, che è stato trattato male da tutti noi negli ultimi 35 anni e dobbiamo ripensare il modo in cui vogliamo essere un paese”.

Anastasiu ha quindi chiesto al primo ministro Ilie Bolojan di assumere personalmente la guida del gruppo di lavoro interministeriale sulla riforma delle imprese pubbliche. Dal canto suo, il ministro delle Finanze Alexandru Nazare ha ammesso pubblicamente che l’ANAF è un’istituzione disfunzionale e che gli abusi al suo interno non sono una novità.

Nazare ha riconosciuto che finora è mancata la volontà politica di intervenire con decisione per riformare l’agenzia, aumentarne la capacità di riscossione e digitalizzare i suoi processi.

Secondo Dominic Fritz, presidente dell’Unione Salvate la Romania (USR) – uno dei partiti della coalizione al governo – le dimissioni di Anastasiu sono state “necessarie e inevitabili”, ma ha insistito sul fatto che la riforma delle aziende statali deve proseguire.

Ben diverso invece il commento dell’opposizione: Dan Tanasă, portavoce dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR), ha accusato Anastasiu di voler trasformare in “martirio” un atto di corruzione e ha definito “deplorevole” il suo tentativo di giustificazione.

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Duro colpo all’agenda delle riforme

Le dimissioni del vicepremier rappresentano un duro colpo al processo di riforma dello stato romeno. Il governo Bolojan si presenta con un’agenda riformatrice ambiziosa, proprio a partire dal settore pubblico e dal sistema fiscale.

Il paradosso di affidare la riforma dell’ANAF a una figura che ha ammesso di aver pagato tangenti a funzionari della stessa agenzia ha alimentato dubbi sulla selezione delle figure chiave dell’esecutivo e sulle reali possibilità di attuare il cambiamento promesso.

È emersa inoltre anche la questione del certificato ORNISS che aveva permesso ad Anastasiu, già consigliere presidenziale, di ottenere accesso a informazioni sensibili anche in qualità di vicepremier.

Intervistato da G4Media, il premier Bolojan ha ammesso di non conoscere i criteri sulla base dei quali il certificato era stato concesso, una affermazione che non esclude però i dubbi sulla trasparenza.

Crisi fiscale

Intanto, sullo sfondo del caso Anastasiu, la Romania continua ad affrontare una crisi fiscale di proporzioni crescenti. Secondo la Confederazione dei datori di lavoro Concordia, che rappresenta migliaia di imprese nel paese, il debito pubblico ha registrato una crescita accelerata negli ultimi cinque anni, avvicinandosi alla soglia del 60% del PIL prevista dal Trattato di Maastricht.

Una soglia oltre la quale potrebbero attivarsi misure di monitoraggio rafforzate da parte delle istituzioni europee. Concordia avverte che è urgente intervenire con misure strutturali per evitare una crisi di bilancio che avrebbe ripercussioni a medio e lungo termine.

Il primo pacchetto di misure fiscali, approvato dal governo e presentato in Parlamento e stato già promulgato dal presidente Nicușor Dan ed entrerà in vigore il 1 agosto. Prevede tra l’altro un aumento dell’ IVA per beni e servizi generali dal 19% al 21%, accise più alte su carburanti, tabacco e alcolici, un incremento della tassazione sui dividendi.

Il pacchetto include inoltre il congelamento di stipendi e pensioni pubbliche per l’anno 2026, una stretta sulle assunzioni nel settore statale, la limitazione dei bonus e la riduzione del finanziamento pubblico ai partiti politici.

Mentre queste misure colpiranno cittadini e imprese, resta irrisolta la questione dell’evasione fiscale, stimata a circa il 10% del PIL. L’assenza di una reale strategia per la digitalizzazione dell’ANAF e per il contrasto ai grandi evasori solleva interrogativi sulla coerenza dell’intervento.

Il premier Bolojan e il ministro dello Sviluppo Cseke Attila hanno presentato anche un secondo pacchetto di misure, incentrato sulla riforma dell’amministrazione locale e delle aziende statali e istituzioni.

Tra i principali obiettivi ci sono la riduzione del numero dei dipendenti pubblici nei comuni, la creazione di una griglia salariale unica per le amministrazioni in deficit e la riforma delle pensioni speciali.

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Si tratta di un nuovo tentativo di riformare le pensioni speciali, in particolare quelle dei magistrati, con l’innalzamento dell’età pensionabile standard a 65 anni mentre l’importo massimo delle pensioni non dovrebbe superare il 70% dell’ultimo stipendio netto, non l’80% del lordo, come avviene attualmente. I pensionamenti anticipati, pur previsti, comporterebbero penalizzazioni progressive.

Secondo il Governo di Bucarest, l’obiettivo è quello di ridurre rapidamente il deficit di bilancio al massimo 7,8% del PIL nel 2025. La Commissione Europea raccomanda inoltre alla Romania di limitare la crescita della spesa al 2,8% quest’anno e al 2,6% nell’anno prossimo.

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