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AI, dal 2 agosto 2025 entrano in vigore le regole europee per ChatGpt &co: ecco cosa cambia




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Ultim’ora news 2 agosto ore 17


Secondo step per le regole europee sull’intelligenza artificiale. Dal 2 agosto 2025 entrano in vigore i requisiti per i modelli di grandi dimensioni, come quelli che stanno alla base di ChatGpt, Gemini e altri chatbot, definiti dall’AI Act

Un primo blocco di norme, con i divieti per le tecnologie troppo pericolose e, quindi, bandite dall’Unione Europea, è già diventato operativo a inizio 2025, mentre i paletti per tutti i casi d’uso considerati ad alto rischio arriveranno nell’estate 2026. 

Cosa cambia dal 2 agosto 2025 

Per il momento saranno solo i big del settore – prevalentemente statunitensi – a dover rispettare requisiti aggiuntivi in termini di trasparenza e sicurezza dei loro modelli di AI. Si parla delle varie Google, Meta, OpenAI che sviluppano le tecnologie più potenti. Le società europee coinvolte in questo step sono poche: sicuramente la francese Mistral e la tedesca Aleph Alpha. 

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A inizio luglio l’Unione Europea ha definito un Codice di condotta che identifica le best practices per gli sviluppatori. La maggior parte delle big tech, con l’eccezione di Meta, hanno deciso di aderire alle linee guida, per quanto non vincolanti. Ai fornitori di modelli di AI generali sarà richiesta documentazione tecnica ad hoc, un riepilogo dei dati utilizzati per l’addestramento dell’AI  e policy aziendali sul copyright, al fine di garantire che i modelli vengano addestrati nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.

«Le linee guida rappresentano un momento cruciale per l’ecosistema europeo dell’intelligenza artificiale», commenta l’avvocato Giulio Coraggio, partner di Dla Piper. «Per la prima volta l’Ue definisce in modo chiaro e operativo gli obblighi per chi sviluppa e distribuisce modelli di intelligenza artificiale per finalità generali. Questo non è solo un cambio normativo, ma un’occasione per le aziende di adottare un approccio responsabile e trasparente, trasformando la compliance in un vantaggio competitivo. Prepararsi ora significa non solo evitare sanzioni significative, ma anche costruire fiducia con utenti, clienti e investitori».

La scadenza del 2026 e i timori delle pmi

Per la maggior parte delle imprese europee la vera scadenza è quella di agosto 2026, quando scatteranno le norme sui casi d’uso ritenuti a rischio. A quel punto la compliance toccherà anche numerose startup e pmi che lavorano con tecnologie avanzate in ambiti considerati potenzialmente rischiosi.

Tuttavia, a metà luglio – in occasione della visita in Italia della vicepresidente della Commissione Ue Henna Virkkunen – Anitec-Assinform (associazione di Confindustria che rappresenta le imprese italiane dell’Information Technology) ha lanciato un appello per rinviare l’applicazione delle regole dell’AI Act, sostenendo che rischiano di rallentare innovazione e investimenti delle pmi.

«In autunno ci sarà un dibattito sulla possibilità di semplificare e allungare i tempi per le pmi, anche se manca ancora un anno e il tempo c’è», ribatte Brando Benifei (PD), parlamentare europeo che ha seguito l’iter di approvazione dell’AI Act come co-relatore.  

Con le regole europee «ci saranno degli oneri economici, legali, operativi e legati al training dei modelli», riconosce Davide Ruffo, chief istitutional relations officer di Aindo, startup che produce dati sintetici per diversi settori (sanità compresa) e che, quindi, ricadrà in alcuni dei casi d’uso a rischio previsti dall’AI Act. «Però dobbiamo guardare il contesto: con gli Stati Uniti che adottano una politica di deregulation aggressiva, fare marcia indietro sulle regole europee sarebbe un segnale di debolezza. Piuttosto si potrebbe agire sul sostegno alle imprese e garantire standard e linee guida tempestivi». (riproduzione riservata)



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