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Arresti in Serbia per il crollo della tettoia di Novi Sad


Sei persone, tra cui l’ex ministro Tomislav Momirović, sono state al centro degli arresti in Serbia per il crollo della tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad, avvenuto nel novembre scorso e costato la vita a 16 persone. Questo tragico evento, ben presto trasformatosi in un caso politico, è stato il detonatore delle grandi proteste popolari che per mesi hanno infiammato il Paese. L’accusa principale è di corruzione: i costi della ristrutturazione della stazione sarebbero stati gonfiati, con una sottrazione ai fondi pubblici stimata in quasi 115 milioni di dollari.

Gli arresti eccellenti e le accuse

Oltre a Tomislav Momirović, sono stati arrestati anche Anita Dimoski, sua ex vice e responsabile del settore ferroviario, Nebojša Šurlan, ex direttore generale della “Infrastruktura Železnice Srbije”, e altri tre funzionari o imprenditori legati al progetto. I lavori di ristrutturazione della stazione di Novi Sad erano stati affidati a due imprese cinesi, con l’approvazione di allegati contrattuali che, secondo la Procura, avrebbero favorito indebiti guadagni per i contraenti. L’inchiesta che ha portato agli arresti in Serbia di ieri ha rivelato una rete ben oliata di responsabilità che coinvolgeva direttamente esponenti politici e tecnici al vertice dell’amministrazione pubblica.

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Nel mirino della Procura per la Criminalità Organizzata di Belgrado c’è l’intero iter che ha portato all’avvio, pianificazione e realizzazione del progetto ferroviario serbo-ungherese, in particolare sulla tratta Novi Sad-Subotica. L’analisi degli atti ha spinto il Procuratore capo Zagorka Dolovac a trasferire il fascicolo alla Procura specializzata in criminalità organizzata, segnalando la presenza di reati di competenza degli organi anti-terrorismo e anti-mafia.

Questa decisione è stata presa perché i fatti accertati indicano un ragionevole sospetto che siano stati commessi atti criminali di competenza degli organi statali responsabili della criminalità organizzata e del terrorismo.

Una cifra che pesa sul bilancio dello Stato

Secondo la Task Force investigativa, la somma dei danni causati al bilancio pubblico serbo ammonta a 115 milioni di dollari. Gli indagati avrebbero permesso la fatturazione e la realizzazione di opere oltre i limiti contrattuali, in favore dell’appaltatore “CRIC – CCCC”, per un totale di oltre 1,2 miliardi di dollari, causando così un danno economico rilevante allo Stato.

Il procedimento coinvolge anche Goran Vesić, ex ministro delle Infrastrutture, arrestato già a dicembre. Attualmente è ricoverato in ospedale dopo aver intrapreso uno sciopero della fame in carcere. La Corte Suprema di Novi Sad ha successivamente revocato la sua detenzione, affermando che non vi fossero prove certe della sua colpevolezza. Anche Dimoski e Šurlan, inizialmente incarcerati, sono ora agli arresti domiciliari. Altre cinque persone risultano al momento irreperibili.

Un’inchiesta ancora in corso

Nonostante gli arresti in Serbia siano stati effettuati, le indagini non si fermano. La Task Force ha annunciato che continuerà a esaminare i flussi finanziari legati ad altri aspetti della linea ferroviaria che collega Belgrado al confine ungherese. Secondo i media serbi, tra gli arrestati figura anche Sinisa Jokic, ex direttore dell’Istituto per la Protezione dei Monumenti di Novi Sad e zio del noto cestista NBA Nikola Jokic. Jokic si era dimesso pochi giorni prima del crollo, assumendo un nuovo incarico al museo della città.

Il crollo ha innescato una forte reazione popolare: migliaia di cittadini si sono mobilitati, accusando il governo del presidente Aleksandar Vučić di corruzione e scarsa trasparenza. L’incidente è divenuto simbolo del malgoverno e dell’opacita’ nei grandi progetti infrastrutturali del Paese. Nonostante le rassicurazioni delle autorità, la sfiducia verso le istituzioni rimane alta.

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La morte delle 16 persone rimaste schiacciate sotto le macerie della stazione è un trauma ancora vivo per la città di Novi Sad e per l’intera Serbia. La vicenda ha sollevato interrogativi non solo sulla corruzione, ma anche sulla sicurezza delle infrastrutture e sull’effettiva capacità dello Stato di vigilare sui progetti pubblici. Le famiglie delle vittime chiedono giustizia, e la società civile invoca riforme profonde.

L’inchiesta sul crollo della stazione ferroviaria di Novi Sad potrebbe segnare un punto di svolta nella lotta alla corruzione in Serbia. Le accuse che coinvolgono alti funzionari e l’enorme danno economico emerso mettono a nudo le criticità strutturali dell’apparato pubblico. Ma solo una magistratura indipendente e un controllo civico costante potranno impedire che tragedie simili si ripetano in futuro.

Lucrezia Agliani



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