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EX ILVA/ Il piano per il rilancio vale 9 miliardi: chi paga?


Si continua a discutere delle ipotesi per il rilancio dell’ex Ilva, ma andrebbe affrontato anche il tema dei costi da sostenere

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Giovedì 31 luglio la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il Decreto ex Ilva che stanzia i fondi e traccia il percorso normativo per il rilancio del polo siderurgico. In particolare, il provvedimento permette la continuità produttiva dello stabilimento oltre a prevedere un’ulteriore dotazione di 200 milioni di euro destinati a Ilva in amministrazione straordinaria, per interventi urgenti sugli impianti e per garantirne la sicurezza.



Il prestito, a tasso di mercato e con durata massima di cinque anni, potrà anche essere trasferito ad Acciaierie d’Italia. La restituzione dovrà avvenire con la vendita degli impianti.

Lo stesso giorno, il sindaco di Taranto Piero Bitetti ha revocato le sue dimissioni – presentate lunedì scorso dopo le proteste dei comitati ambientalisti – e si è recato a Roma per l’incontro presso il Mimit sul futuro dell’acciaieria. In un video che Bitetti ha diffuso prima del vertice, ha detto che “a Taranto esiste una maggioranza che non grida e che dal sindaco si aspetta molto: all’appello di queste forze sane non potevo rimanere indifferente”. Ha poi aggiunto che “Taranto non accetterà più scelte calate dall’alto che umiliano la città rendendola zona di sacrificio” e ha reso noto che ha sporto denuncia contro ignoti per i “fatti incresciosi” di lunedì.


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L’ex Ilva di Taranto (Ansa)

Secondo quanto si è appreso, al Mimit è stato ribadito l’impegno alla piena decarbonizzazione del sito di Taranto. Questo è ciò che è emerso da tutte le proposte sul tavolo al fine di consentire l’aggiornamento della gara. Tutti gli altri aspetti saranno approfonditi in un ulteriore incontro che potrebbe essere il 12 agosto.

Bitetti ha chiesto di poter fare un passaggio in Consiglio comunale prima di assumere una posizione formale. Rispetto alle due proposte sul tavolo – la prima prevede la realizzazione a Taranto di tre forni elettrici con tre impianti Dri che li alimenteranno, soluzione che ha necessità di una nave rigassificatrice che fornisca il gas necessario per i Dri; la seconda ipotesi è che a Taranto si realizzino i tre forni elettrici che saranno alimentati dagli impianti Dri in altra località (Ravenna o Gioia Tauro) – il sindaco avrebbe riproposto una terza via: tre forni elettrici e un Dri. Sui tre forni, quindi, c’è una condivisione da parte di tutti.



Resta aperta la questione della sostenibilità energetica, sulla quale in particolare ieri hanno insistito i sindacati nell’incontro col Governo. E non solo: a porte chiuse, Urso ha confidato che il piano dei tre forni elettrici e dei tre impianti Dri vale oltre 9 miliardi di euro. Ma chi mette questi soldi? Su che basi il ministro sviluppa un piano da 9 miliardi senza un investitore?
Twitter: @sabella_oikos

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