Un importante cambio di passo nella regolamentazione delle startup italiane è stato formalizzato con una recente circolare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), che ridefinisce i criteri d’accesso e permanenza nel registro speciale delle startup innovative. A farne le spese saranno oltre cinquecento aziende, che nei prossimi mesi perderanno lo status che finora le aveva contraddistinte e agevolate sotto il profilo fiscale e amministrativo.
Secondo il documento firmato dal direttore generale Paolo Casalino il 29 luglio 2025, ben 584 imprese su un totale di 817 iscritte da oltre cinque anni al registro non rispondono più ai nuovi requisiti richiesti. Il loro passaggio obbligato sarà nella categoria delle PMI innovative, dove si applicano regole differenti, più stringenti e meno incentivanti.
La necessità di fare chiarezza: nasce lo Scaleup Act
L’intervento normativo si è reso necessario dopo mesi di incertezza interpretativa generata dall’introduzione dello Scaleup Act, misura inserita nella legge annuale sulla concorrenza del 2024 dal governo Meloni per aggiornare l’intero impianto normativo che regola il mondo dell’innovazione imprenditoriale. La mancanza di istruzioni operative aveva messo in difficoltà sia i consulenti aziendali, sia le imprese, lasciando in sospeso bilanci e decisioni strategiche.
L’alternativa era tra due scelte difficili: continuare a qualificarsi come startup, con il rischio di perdere agevolazioni in caso di bocciatura dalla Camera di Commercio, oppure optare per il passaggio anticipato allo status di PMI innovativa, con l’obbligo di adempiere a nuovi oneri amministrativi, come la certificazione del bilancio.
Consulenze e agenzie escluse: nuova delimitazione delle attività ammissibili
Uno dei nodi centrali della circolare del Mimit riguarda l’esclusione di alcune categorie professionali dal perimetro delle startup innovative. In particolare, vengono escluse le aziende che offrono servizi di consulenza o agenzia, considerate attività non coerenti con lo spirito di innovazione richiesto.
Nel caso delle attività consulenziali, il Mimit chiarisce che si tratta di prestazioni professionali basate sull’esperienza in un determinato ambito, orientate ad assistere terzi. Questa definizione comporta l’esclusione automatica di tutti i soggetti con codici Ateco riconducibili alla consulenza imprenditoriale o alle attività professionali non classificate altrove (come sicurezza, ambiente, agricoltura o enogastronomia).
Anche le imprese che operano come agenzie, cioè intermediari tra domanda e offerta di servizi o affari, vengono escluse, benché per queste non esista un codice Ateco univoco. In tali casi, la valutazione si baserà sulla descrizione dell’attività dichiarata dall’impresa in fase di iscrizione o aggiornamento. Per le realtà già iscritte nel registro che rientrano in queste categorie, è previsto un regime transitorio per il quale sarà possibile mantenere lo status solo dimostrando, alla prossima dichiarazione annuale, un cambiamento dell’attività prevalente.
Requisiti economici più rigidi: solo chi è davvero PMI può accedere
Un altro punto chiave della nuova regolamentazione è l’introduzione dell’obbligo di conformità alla definizione europea di PMI. Dal secondo anno di attività, le imprese dovranno attestare una produzione annua non superiore a 5 milioni di euro e non potranno essere partecipate o collegate a grandi aziende, nemmeno in modo indiretto. Il rispetto di questi parametri è ora essenziale per conservare i benefici riservati alle startup.
Se da un lato la normativa si fa più selettiva, dall’altro offre un’opportunità di permanenza più lunga per le imprese che dimostrano di crescere rapidamente. Il termine base resta di tre anni, ma può essere esteso a cinque qualora l’azienda soddisfi almeno uno dei criteri stabiliti tra investimenti rilevanti in ricerca e sviluppo, collaborazione con enti pubblici, ottenimento di brevetti, aumento significativo del personale o dei ricavi e ingresso di investitori istituzionali.
Per le realtà che dimostrano un percorso concreto di scaleup, la permanenza può prolungarsi fino a nove anni, attraverso due proroghe biennali. I requisiti sono però molto stringenti: raccolta di capitali superiore a un milione di euro da fondi professionali o una crescita annua dei ricavi superiore al 100%.
Via alle cancellazioni: la scadenza del 18 dicembre
La circolare interviene anche per fare pulizia nel registro. Con la fine delle proroghe legate all’emergenza sanitaria, che avevano allungato la durata massima dello status da cinque a sei anni, si torna ai termini ordinari. Il Mimit ha così identificato 584 startup che, superata la soglia temporale prevista, dovranno essere rimosse d’ufficio dalla sezione speciale delle Camere di Commercio.
Per evitare un impatto eccessivamente penalizzante, il ministero ha previsto tempistiche differenziate per l’adeguamento; in questo modo, le imprese iscritte da meno di 18 mesi avranno sei mesi di tempo per allinearsi, mentre quelle attive da più tempo avranno un anno.
L’obiettivo è rendere più selettivo e sostenibile il sistema, concentrando le risorse pubbliche su realtà davvero innovative e in fase di crescita. Resta ora da capire se questa stretta normativa darà nuovo impulso all’ecosistema o rischierà di escludere imprese valide solo per ragioni formali. La sfida per il governo sarà insomma dimostrare che un sistema più severo può generare risultati migliori.
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