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Stampare il cibo in 3D: tra innovazione, percezione e sostenibilità


Il cibo stampato in 3D non è una novità assoluta, ma una nuova sperimentazione italiana ne sta esplorando la percezione e l’accettabilità da parte dei consumatori. Al centro dello studio “Accettazione da parte dei consumatori di idrogel commestibili ottenuti mediante la tecnologia delle colture cellulari vegetali e valorizzazione dei sottoprodotti: un case study italiano per la futura innovazione del piatto” vi sono delle particolari “perle di miele” realizzate con idrogel vegetali ottenuti da colture cellulari in vitro e sottoprodotti dell’industria agroalimentare, pensate per la stampa 3D. La ricerca è stata condotta da un team di studiosi Enea composto da Simona Errico, Raffaela Tavazza, Paola Sangiorgio, Valentina Mastrobuono, Alessandra Verardi, Riccardo Pagliarello, Ombretta Presenti, Elisabetta Bennici, Silvia Massa, insieme a Marina Panozzo, responsabile qualità di Rigoni di Asiago. Il progetto, chiamato Nutri3D, è promosso dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) in collaborazione con l’Università di Roma La Sapienza, l’azienda Rigoni di Asiago, nota per il suo impegno nella sostenibilità ambientale , il Centro di Ricerca Crea – Alimenti e Nutrizione, ed è coordinato da EltHub, realtà attiva nello sviluppo di tecnologie innovative sostenibili.
La sperimentazione ha previsto test sensoriali con assaggiatori esperti, valutazioni da parte di un piccolo gruppo informato e un questionario online che ha coinvolto oltre 400 persone. I risultati mostrano che la percezione inizialmente moderata del prodotto migliora sensibilmente quando i consumatori vengono informati sul suo processo produttivo sostenibile, basato su tecnologie innovative e ingredienti ricavati da scarti di frutta come mirtilli e fragole, secondo Enea. Questo dato evidenzia quanto siano fondamentali la trasparenza e l’informazione soprattutto nel campo dei “Novel Food”, ovvero alimenti nuovi rispetto a quelli tradizionali: dagli insetti all’olio di krill, dagli steroli vegetali al latte trattato con raggi Uv”. “Il prodotto testato, denominato Experimental Honey Pearls with Cells – Perle di miele con cellule (Ehpc), risponde a criteri di salubrità e sostenibilità, e grazie alla stampa 3D può essere personalizzato in forma, gusto e contenuto nutrizionale, afferma la ricerca.
Tuttavia, lo studio segnala anche una certa diffidenza da parte di consumatori con un livello di istruzione più basso, che tendono a percepire questi alimenti come “innaturali” o potenzialmente rischiosi.
Da qui l’importanza di una comunicazione chiara, accessibile ma scientificamente solida, capace di spiegare benefici e logiche produttive di un cibo tanto innovativo quanto promettente. “I nostri studi hanno rivelato che le “perle” addizionate con cellule vegetali hanno una migliore consistenza e una maggiore succosità, rendendole più gradite ai consumatori” spiega Simona Errico, ricercatrice del laboratorio di Bioeconomia Circolare Rigenerativa nel Centro Enea della Trisaia. “I dati raccolti nel sondaggio online hanno dimostrato che la consapevolezza sulla composizione innovativa del prodotto ha incrementato l’interesse e l’attrattiva delle “perle” stesse, suggerendo come l’educazione dei consumatori e una comunicazione trasparente siano fattori cruciali nell’influenzare le scelte alimentari”, sottolinea Paola Sangiorgio, ricercatrice dello stesso laboratorio. “L’impatto dei cambiamenti climatici e la scarsità di nuove superfici coltivabili renderanno sempre più difficile garantire alimenti vegetali di qualità – evidenzia Silvia Massa, responsabile del laboratorio Agricoltura 4.0 del Centro Ricerche Enea Casaccia e responsabile scientifico Enea del progetto Nutri3D – in questo scenario, l’individuazione di sistemi produttivi e di manufacturing innovativi e alternativi (tra cui la stampa 3D) si configura come un approccio strategico per produrre cibi sostenibili e utili al benessere della popolazione, anche a partire da residui agroalimentari, contribuendo così a una dieta sana e sicura. Tali alimenti potrebbero trovare applicazione personalizzata anche nelle missioni spaziali”.

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