Tre anni dopo, l’istantanea è molto simile. Quasi sovrapponibile, seppur con un lieve miglioramento complessivo. Al netto di ciò, più di un decimo del territorio bergamasco resta «fragile», e quasi un cittadino su 100 vive in un’area a elevato o elevatissimo rischio di frana. Lo racconta la nuova edizione del rapporto nazionale sul dissesto idrogeologico curato periodicamente l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione dell’ambiente, con dati riferiti al 2024 che vanno ad aggiornare la precedente pubblicazione tarata sul 2021. Nel mezzo non ci sono veri e propri stravolgimenti: è l’indizio di problemi di lungo periodo, con origini antiche (specie nelle aree interne, ad esempio, la gran parte delle abitazioni è parecchio datata), mentre gli interventi recentemente avviati hanno quantomeno risolto alcune situazioni e hanno evitato l’aggravio di altre
La lettura dell’Ispra intreccia due livelli
Il primo è quello della superficie complessiva, dunque con uno sguardo anche alle porzioni di territorio non abitate. In Bergamasca ben 252 chilometri quadrati di territorio sono considerati a rischio frana molto elevato (nel 2021 erano 251), a cui se ne aggiungono altri 95 a rischio elevato (in linea col 2021). In totale fanno 347 chilometri quadrati con un pericolo considerevole, l’equivalente di circa 48.600 campi da calcio. In proporzione si tratta del 12,6% del territorio, la seconda incidenza più elevata in Lombardia dopo quella della provincia di Sondrio (14,5%) e la 31 in tutta Italia. Si aggiungono poi altri 51 chilometri quadrati con rischio medio.
Un report molto simile al precedente
Il report dà conto anche dei dati comunali, evidenziando uno scenario praticamente in fotocopia all’edizione precedente. Il podio bergamasco è sempre composto da Fuipiano Valle Imagna (il 71,2% della superficie è a rischio frana molto elevato o elevato), Valbondione (68,8%) e Ponte Nossa (64,1%).
L’altro focus, che consegna un quadro a tinte meno fosche, riguarda invece gli insediamenti umani su queste delicate porzioni di suolo: secondo questa chiave di lettura le proporzioni si fanno più contenute, segno che gran parte del territorio «friabile» è disabitato, e con un trend di miglioramento.
Oltre 3mila bergamaschi vivono in zone a rischio
Nelle aree a rischio frana molto elevato vivono infatti 3.325 bergamaschi, mentre nel 2021 erano 3.566: al netto dello spopolamento tipico delle valli (gli spicchi orobici più soggetti a fenomeni idrogeologici), la diminuzione è il risultato delle opere di messa in sicurezza; altri 5.751 bergamaschi abitano in zone a rischio frana elevato, di nuovo in calo rispetto ai 6.247 del 2021. L’Ispra calcola dunque che lo 0,8% dei bergamaschi abiti in punti contrassegnati da un forte rischio di smottamento (nel 2021 capitava allo 0,9%): Bergamo si piazza al 5° posto tra le province lombarde e al 79° tra quelle italiane.
Sommando le fasce più critiche (rischio molto elevato+rischio elevato), si scende dai 9.813
L’Ispra calcola dunque che lo 0,8% dei bergamaschi abiti in punti contrassegnati da un forte rischio di smottamento
residenti del 2021 ai 9.076 del 2024, il 7,5% in meno. Ci sono comunque altre 31.060 persone in zona considerata a rischio medio (erano 31.944 nel 2021). Su scala comunale, a Fuipiano Valle Imagna il 93,8% della popolazione vive su superficie a rischio molto elevato o elevato, a Vedeseta è il 75,9%, a Schilpario il 39,3%; via via l’incidenza scende rapidamente, tanto che 228 comuni su 243 sono al di sotto del 10% di popolazione a rischio, comprese 101 località (tra pianura, hinterland e Isola) con un rischio pari a 0.
Dalle aziende alla cultura
Nel dossier l’Ispra censisce anche altre prospettive del fenomeno. Ad esempio, quanti sono gli immobili a rischio smottamento? In questo caso la tendenza è più ondivaga. Gli edifici in zona di rischio frana molto elevato scendono dai 1.580 del 2021 ai 1.474 del 2024 (-6,7%), quelli a rischio elevato crescono da 2.803 a 3.058 (+9,1%), e complessivamente l’1,8% del «costruito» è situato in queste aree.
Da un punto di vista economico, invece, arretra la quota di imprese che hanno sedi in queste stesse aree. Le aziende a rischio frana molto elevato erano 334 nel 2021 e sono diventate 255 nel 2024 (-23,7%), quelle a rischio elevato passano da 517 a 503 (-2,7%).
Le catastrofi naturali possono far «tremare» anche il patrimonio culturale
. L’Ispra censisce anche questo aspetto, segnalando un lieve aumento dei siti esposti a questo pericolo: in terra orobica sono 42 i beni culturali situati su una superficie a rischio frana molto elevato (erano 45 nel 2021), altri 48 sono a rischio elevato (erano 47 nel 2021) e 226 sono a rischio medio (erano 226).
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