Dai dati dell’Ocf presentati recentemente a Roma si possono trarre alcune riflessioni sul mondo della consulenza finanziaria in Italia
Qual è lo stato della consulenza finanziaria in Italia? Qualche indicazione è arrivata il mese scorso dai dati dell’Ocf (Organismo di vigilanza e tenuta dell’Albo unico dei consulenti finanziari), presentati alla Camera dal Presidente Mauro Maria Marino. Presente all’evento anche il Presidente della Consob Paolo Savona, che ha affrontato il rapporto della professione con le nuove tecnologie.
Per Savona, i consulenti devono essere dei “market makers”, dare ai clienti più di quello che possono fare gli algoritmi ed erogare i servizi a partire dalla pianificazione dell’intero ciclo di vita dei risparmiatori.
Dicevamo dei dati del settore. A fine 2024, gli iscritti alla prima sezione dell’Albo, quella dei consulenti abilitati all’offerta fuori sede, erano 52.779 di cui 12.202 donne (23,1%) e 40.577 uomini (76,9%). Ben 36.386 sono i consulenti finanziari attivi (68,9%), che esercitano effettivamente la professione per conto di banche, sim e sgr. I nuovi iscritti nel 2024 sono stati 2.755 (nel 2023 erano stati 2.373).
Il 60% degli iscritti a questo Albo si colloca nel Nord, il restante 40% nel Centro-Sud e Isole. I consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede servono circa 5,2 milioni di clienti, rispetto ai 4,9 milioni del 2023. La raccolta netta complessiva realizzata dalle reti dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede è stata nel 2024 di 51,6 miliardi di euro, in aumento del 18% rispetto all’anno precedente. Il patrimonio complessivo, somma dei prodotti finanziari e dei servizi di investimento forniti dalle aziende iscritte ad Assoreti, è stato di 909,1 miliardi di euro (+15,8% rispetto al 2023).
Per le altre due sezioni, quelle dei consulenti finanziari autonomi, a fine 2024 risultavano iscritti 741 consulenti indipendenti, di cui 339 operanti in proprio, mentre le società erano 57. Anche i primi mesi del 2025 confermano i trend di crescita: i consulenti iscritti all’Ocf sono ad aprile 53.158, nelle due sezioni degli autonomi 778 consulenti finanziari persone fisiche e 94 società di consulenza finanziaria.
Questi alcuni numeri del settore che ha davanti a sé alcune sfide importanti come quelle legate all’evoluzione normativa in corso. La Mifid 3 si incrocia con il percorso della Ris (la Retail investment strategy dell’Unione europea tesa a migliorare la protezione degli investitori al dettaglio e promuovere la partecipazione al mercato dei capitali).
I testi delle direttive e il processo normativo sono in costante evoluzione, in attesa di una definizione globale tra Mifid, Ucits, Aifmd e quelle in campo assicurativo Idd, Solvency e Priips. Dietro queste sigle, per lo più incomprensibili alla maggior parte dei non addetti ai lavori, sta la possibilità o meno di promuovere e avere nel settore maggiore trasparenza e concorrenza, armonizzare le regole, garantire protezione e stabilità, la valutazione dell’adeguatezza dei prodotti finanziari per i clienti e gli investitori, la disciplina degli incentivi, i conflitti di interesse e molto altro ancora.
Nel corso della relazione annuale non poteva mancare un passaggio sul tema dell’intelligenza artificiale, che pone una sfida disruptive (avevamo già affrontato il tema dell’impatto dell’IA nel mondo della consulenza finanziaria e del risparmio gestito).
L’intero settore sta investendo sempre più nell’IA, la domanda di un supporto tecnologico di alta qualità da parte del mercato è consistente e il rischio di invasione, di una presenza sempre più pervasiva nel campo dei prodotti e degli strumenti finanziari, è evidente. Lo conferma un recente studio di Assogestioni che analizza in modo dettagliato come, quanto e perché l’IA sta trasformando il settore.
Nel 2024 le sole società italiane di gestione hanno investito circa 30 milioni di euro in IA, cifra destinata a raddoppiare nei prossimi anni. Per PwC, già il 77% delle società di asset management a livello globale ha attivato nei processi soluzioni IA. Un’adozione che potrebbe aumentare i profitti sino a mille miliardi di dollari entro il 2030.
L’IA nel settore può rappresentare un buon alleato se non sostituisce il consulente ma lo supporta in un processo continuo di miglioramento delle performances, di servizi e contenuti personalizzati, con un risvolto positivo sul fronte dei costi e delle spese di gestione a beneficio anche degli investitori.
Ad esempio, tramite automazione di attività di back-office, analisi, reportistica, compliance, aggiornamenti normativi e operativi in modo automatico e tracciabile, riducendo tempi di esecuzione ed errori. O ancora analizzando una grande quantità di dati e informazioni per dare ai gestori le previsioni di mercato, selezionare gli investimenti, costruire portafogli su misura (in base all’età, gli obiettivi e la propensione al rischio) per i clienti.
Se gli operatori si preparano a coglierne i benefici, emerge un tema di competenze adeguate per limitare i rischi di una conoscenza imperfetta delle potenzialità offerte dall’IA. Serve un utilizzo etico, trasparente sicuro. Ma chi lo decide? Tutto da valutare e dimostrare.
Per questo, un tema centrale è la responsabilità morale: coloro che progettano, producono, gestiscono e utilizzano sistemi di IA debbono garantire trasparenza affidabilità, sicurezza evitando conseguenze sgradite e nocive da una dipendenza eccessiva dall’IA che potrebbe ridurre la capacità umana di decisione autonoma e di azione responsabile.
Forti richiami e appelli, accordi come il più noto “Call for an IA Ethics” provengono da più parti, dalle massime Autorità, Istituzioni pubbliche e religiose di tutto il mondo, così come la richiesta di una algoretica, un’etica degli algoritmi che guidi la progettazione dell’IA, la nuova frontiera dell’innovazione tecnologica.
Serve un nuovo umanesimo digitale dove l’intelligenza umana guidi la tecnologia. Si può far finta di niente? Direi proprio di no!
Una finanza priva di un fondamento etico da parte di tutti i suoi attori e in tutte le sue declinazioni, ha sempre solamente prodotto guasti, a volte irreparabili, ha distrutto valore e provocato danni a tutti i livelli della vita economica e sociale.
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