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“Non significa fare un passo indietro”


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“Presupporre tempi più lunghi per la dismissione delle centrali a carbone non significa fare un passo indietro, ma creare un argine a possibili rischi che l’Italia non può permettersi se si vuole puntare a una nuova stagione di sviluppo”. Il deputato Mauro D’Attis risponde alle critiche scaturite dalla sua adesione all’ordine del giorno allegato al decreto Industria con cui si impegna il governo a posticipare al 2038 l’uscita dal carbone. Attacchi per l’ipotesi di rinvio della dismissione della centrale Enel Federico II di Cerano, in particolare, sono arrivati dal Pd di Brindisi e dall’ex sindaco Riccardo Rossi (capogruppo Brindisi Bene Comune/alleanza Sinistra Verdi).

Ma il parlamentare brindisino, segretario regionale di Forza Italia, chiarisce la sua posizione. “L’aver apposto la mia firma su un ordine del giorno proposto da altre forze politiche – afferma D’Attis – per aprire la discussione sull’eventuale spostamento del phase out dal carbone, ha un’unica chiave di lettura: esperire ogni strada utile per mettere in sicurezza Paese sul fronte energetico. Esattamente ciò che stanno facendo tante altre Nazioni, per esempio la Spagna con il nucleare a cui aveva detto di voler rinunciare, per scongiurare rischi dovuti agli scenari internazionali. Tutto il resto appartiene alle solite speculazioni di carattere politico che certamente non fanno bene a nessuno”.

“Vale la pena ricordare – dichiara ancora il deputato – che se oggi è stato concretamente avviato un processo di decarbonizzazione delle centrali di Brindisi e Civitavecchia è solo grazie a una iniziativa parlamentare che ho condotto insieme al collega Battilocchio. Per effetto di tutto ciò, con apposita disposizione normativa contenuta a nostra prima firma in una Legge dello Stato, è attivo, in seno al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, un tavolo che, insieme alla nomina di un commissario di governo ad hoc, ha avviato la concreta attuazione di investimenti alternativi al carbone, partendo dallo sviluppo di grandi insediamenti legati all’energia rinnovabile, eolico off-shore, idrogeno e produzione industriale di batterie d’accumulo oltre che cantieristica e logistica. Il tutto con indubbi e vistosi ritorni economici e occupazionali per il nostro territorio”.

“Proprio per questo – rimarca D’Attis – presupporre tempi più lunghi per la dismissione delle centrali a carbone non significa fare un passo indietro, ma creare un argine a possibili rischi che l’Italia non può permettersi se si vuole puntare a una nuova stagione di sviluppo”.

Infine, da parte del deputato azzurro, un riferimento al nucleare di ultima generazione. “È ben nota – spiega D’Attis – la mia posizione che guarda con interesse agli sviluppi della ricerca, che auspichiamo non richiedano decenni. Dopo di che, se si dovesse stabilire l’assoluta sicurezza della produzione con una convenienza reale per il Paese, bisognerebbe rimuovere un divieto che oggi esiste per effetto della scelta compiuta dagli italiani”. “Quindi – conclude l’onorevole – stiamo parlando di semplici suggestioni che qualcuno si sforza di utilizzare a fini strumentali. Le centrali di Brindisi e Civitavecchia non sono di fatto in produzione ormai da tempo e quindi non bruciano carbone né tanto-meno al loro posto si sta costruendo un impianto nucleare”.

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