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Casartigiani attacca: “Gestione miope del porto, serve un cambio radicale”


TARANTO – Lo stop alle attività del gruppo armatoriale CMA-CGM, a meno di due anni dall’avvio, non ha sorpreso Casartigiani Puglia. Per il coordinatore Stefano Castronuovo e il rappresentante degli autotrasportatori Giacinto Fallone si tratta della conferma di quanto denunciato da tempo: «Il porto di Taranto è gestito in maniera miope e autoreferenziale, senza ascoltare il territorio. Ignorare chi opera quotidianamente nel settore ha portato a una crisi annunciata. Ora serve un cambio di passo radicale: lo scalo deve diventare uno strumento di sviluppo condiviso, aperto e sostenibile».

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I dati diffusi da Assoporti nel 2024 fotografano un quadro poco incoraggiante: Taranto movimenta meno del 3% del traffico container nazionale, a fronte del 33% di Gioia Tauro, del 20% di Genova e dell’11% di Trieste. Negli ultimi due anni il terminal contenitori non ha mai superato una media annua di 160.000 TEU, nonostante infrastrutture moderne e fondali a -16,5 metri capaci di accogliere navi di ultima generazione. «Nel 2023 – osserva Castronuovo – il porto è stato utilizzato da meno di 20 imprese esportatrici strutturate, con un ruolo marginale anche per l’import. Taranto non è un porto gateway: per essere competitivo deve puntare su transhipment, logistica di valore e servizi integrati, cosa che finora non è avvenuta».

Casartigiani denuncia anche la mancanza di servizi adeguati all’autotrasporto – dai tempi di attesa agli accessi informatizzati, fino alle aree di sosta – e tariffe terminalistiche elevate, non in linea con i porti concorrenti. Non convince la gestione centralizzata delle concessioni, affidate ai grandi operatori internazionali, mentre le imprese artigiane locali restano escluse da opportunità di crescita. «Abbiamo proposto un modello aperto e competitivo, con spazi e servizi assegnati anche a operatori locali, per aumentare concorrenza, efficienza e radicamento economico. Ma le nostre proposte sono state ignorate», sottolinea Fallone.

Preoccupazione arriva anche dal fronte eolico offshore: pur riconoscendo l’importanza della transizione ecologica, Casartigiani teme che lo sviluppo dell’area portuale destinata alle turbine vincoli porzioni strategiche dello scalo a una sola funzione, limitando lo sviluppo commerciale, logistico e manifatturiero. «Serve – insiste Castronuovo – un piano che bilanci transizione energetica e sviluppo economico, evitando nuove marginalizzazioni del comparto logistico-produttivo».

La federazione chiede quindi di ridefinire il modello concessorio, aprendo alle PMI locali e prevedendo nel nuovo Piano Regolatore Portuale obiettivi concreti di pluralismo gestionale, trasparenza e valorizzazione del lavoro del territorio. Tra le proposte anche la creazione di un Consorzio di imprese per gestire aree comuni e offrire servizi competitivi, lo sviluppo dell’intermodalità con collegamenti ferroviari potenziati e incentivi alla logistica sostenibile.

Casartigiani Puglia e Taranto rivolgono infine un appello al nuovo Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale per un incontro urgente con tutte le realtà sociali, sindacali ed economiche: «Il porto di Taranto non può più permettersi gestioni chiuse. Le decisioni strategiche devono coinvolgere chi vive, lavora e investe qui. È il momento di costruire un nuovo modello di sviluppo portuale, partecipato ed equilibrato».

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