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Confartigianato non ha dubbi, decarbonizzazione e bonifiche devono procedere di pari passo


La transizione ecologica e industriale richiede pianificazione, risorse e coinvolgimento di tutti gli attori del territorio.

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La bonifica ambientale può essere una leva di rilancio economico e di miglioramento della qualità della vita. La diversificazione economica rappresenta una strategia fondamentale per ridurre la vulnerabilità del territorio e promuovere uno sviluppo sostenibile. La rapidità di intervento e l’innovazione tecnologica sono essenziali per ridurre i tempi di transizione e minimizzare le perdite occupazionali.
      È questo in estrema sintesi quanto sostiene e propone il segretario generale di Confartigianato Taranto, Fabio Paolillo, che a proposito del fatto che molti sostengono come Taranto rischi di diventare come Bagnoli risponde, con toni decisi, che «Taranto è già come Bagnoli, perché questo territorio è già gravemente immensamente contaminato e pericoloso per i veleni che sono stati sparsi, ed il fatto di mantenere in esercizio la fabbrica o chiuderla non cambierebbe le cose. E per la cronaca, a Bagnoli le opere di bonifica della terra e del mare sono iniziate da qualche anno e, fortunatamente per loro procedono, con finanziamenti ed operai al lavoro, e con questo Governo».
E poiché l’Italia ha dimostrato che quando ci sono grosse emergenze «le cose si possono fare bene e velocemente come nel caso dei Giochi del Mediterraneo», fa presente Paolillo, e poiché i forni elettrici «li installano da anni in tutto il mondo, e non ci vogliono 7 anni per costruirli ma al massimo 3, e possono essere costruiti contemporaneamente, (i tempi e le modalità di decarbonizzazione dell’acciaieria di Port Talbot in Galles possono esserci da esempio)» è opinione del segretario generale di Confartigianato Taranto, che occorra «investire subito per ridurre il cronoprogramma, altro che rimettere in marcia gli altri altoforni!».
E il rischio che possa esplodere una bomba occupazionale che coinvolga i lavoratori ex Ilva e l’indotto, Paolillo è realista: «sia per i lavoratori diretti che per gli indiretti dell’indotto, ormai ridotto quasi interamente a imprese che forniscono manodopera, e gli autotrasportatori locali, che  hanno quasi tutti saggiamente diversificato, se ne sta facendo carico lo Stato. Anzi – aggiunge Paolillo – pensiamo a non buttar via soldi con formazione generica. Non servono pezzi di carta. Serve invece formare in bottega gli esuberi per quelle tante attività e settori che non riescono più a trovare manodopera».
Solo nell’artigianato, secondo i dati in possesso di Confartigianato, ci sono potenzialmente 10mila posti di lavoro disponibili, anche come autoimprenditorialità. «È in questi casi – sostiene Paolillo – che si devono produrre norme che facilitino e sostengano la rioccupazione». Del resto, conclude la sua analisi il segretario generale di Confartigianato Taranto, «il siderugico non è tutto. In tutta questa estenuante vertenza manca ancora una volta un parallelo essenziale che semplificherebbe sicuramente il confronto e amplierebbe gli obiettivi e soprattutto i beneficiari: le bonifiche. Si perché negli ultimi vent’anni sono stati sfornati piani, progetti, protocolli d’intesa, lettere d’intenti, accordi di programma e commissari ma le bonifiche quando si faranno? Ci viene detto che le bonifiche a Taranto sono un investimento strategico per il futuro della città, non solo per garantire un ambiente sano e una migliore qualità della vita ma, anche, per rilanciare l’economia locale e creare nuove opportunità di sviluppo sostenibile, liberandosi dalla monocultura dell’industria pesante. Bene, allora?».



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