Lo studio di Confprofessioni introduce un nuovo indice di rischio. Natali: “Pronti a fare la nostra parte, ma servono strumenti adeguati”
ROMA — Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea, finora associate alle industrie manifatturiere e all’export tradizionale, iniziano a generare preoccupazione anche nel mondo delle libere professioni. A lanciare l’allarme è l’ultimo rapporto dell’Osservatorio delle libere professioni, realizzato in collaborazione con Confprofessioni, Gestione Professionisti e BeProf, che analizza per la prima volta l’impatto indiretto delle tariffe doganali sui professionisti italiani.
Il cuore dell’analisi è un nuovo strumento: l’Indice di vulnerabilità delle libere professioni ai dazi USA, che misura l’esposizione economica delle attività professionali ai potenziali shock commerciali derivanti dalle dispute doganali transatlantiche. I risultati, secondo gli autori Tommaso Nannicini, Ludovica Zichichi e Camilla Lombardi, sono inequivocabili: alcune categorie professionali sono strettamente interconnesse con le filiere industriali esportatrici e per questo rischiano di pagare un prezzo molto alto in caso di escalation.
Professionisti sotto pressione: i più a rischio
Tra le categorie più vulnerabili figurano le professioni economico-finanziarie (indice 201,5), i consulenti del lavoro (197,5), gli ingegneri (193,8) e i tecnici specializzati (162,1). Figure che, a vario titolo, forniscono servizi di consulenza strategica, supporto tecnologico, gestione del personale e servizi finanziari alle imprese orientate all’export. In un’economia dove le PMI rappresentano il 99,9% del tessuto produttivo nazionale, l’interdipendenza tra imprese e professionisti si rivela cruciale.
“Siamo pronti a fare la nostra parte, ma abbiamo bisogno di strumenti adeguati”, avverte Marco Natali, presidente nazionale di Confprofessioni. “Abbiamo colleghi con competenze internazionali, anche negli Stati Uniti, ma servono misure di sostegno, certezze normative e una visione strategica di lungo periodo”.
Nord industriale, Sud più riparato: ma con eccezioni
Lo studio evidenzia forti differenze territoriali. Le regioni a maggiore vocazione industriale, come il Nord-Est (indice 138,4) e il Nord-Ovest (114,6), sono anche quelle più esposte. Il Centro e il Mezzogiorno mostrano valori più contenuti (58,3 e 73,0 rispettivamente), ma alcuni distretti produttivi del Centro-Sud registrano comunque picchi significativi, a testimonianza della crescente integrazione delle professionalità nei processi produttivi.
Età e genere influenzano la vulnerabilità
Interessante anche l’analisi socio-demografica. I professionisti più anziani, nella fascia 55-64 anni, risultano i più vulnerabili (indice 119,4), verosimilmente per la maggiore specializzazione nei settori industriali. I più giovani, invece, presentano un’esposizione minore (56,0), legata a una clientela più frammentata e a settori meno colpiti dai flussi internazionali.
Quanto al genere, gli uomini, prevalenti nelle professioni tecnico-scientifiche e ingegneristiche, mostrano una vulnerabilità significativamente superiore rispetto alle donne, più presenti nei settori legali, culturali e sanitari. La differenza si mantiene anche all’interno delle stesse categorie: ad esempio, tra i commercialisti, l’indice è 106,4 per gli uomini e 69,8 per le donne; tra avvocati e notai, 108,9 contro 44,8. Un divario che riflette modelli strutturali consolidati nella divisione del lavoro professionale.
Verso una risposta coordinata
Lo scenario delineato dallo studio sarà presentato nei prossimi giorni a Governo e Parlamento, con l’obiettivo di orientare politiche industriali e professionali all’altezza delle nuove sfide globali. Tra le proposte: la creazione di una cabina di regia nazionale ed europea, con la partecipazione di istituzioni, associazioni datoriali e sindacati, per pianificare interventi mirati a sostegno dell’intero ecosistema produttivo.
“Serve una strategia condivisa, sistemica e lungimirante”, ribadisce Natali. “Le libere professioni possono e devono essere motore di innovazione e competitività per il Paese, ma devono essere messe nelle condizioni di operare. In un contesto segnato da dazi, instabilità geopolitica e transizione energetica, trasformare la crisi in opportunità è possibile solo con visione e strumenti concreti”.
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