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Fine del carbone rinviato al 2038 la proposta di D’Attis, levata di scudi di Pd e Avs


BRINDISI – Nel decreto Industria, già approvato dal Senato e ora in discussione alla Camera, è allegato un
ordine del giorno a firma anche del deputato brindisino Mauro D’Attis, con cui si impegna il Governo a posticipare al 2038 l’uscita dal carbone, collegandola alla realizzazione dei futuri impianti nucleari. Levata di del Pd, e Brindisi Bene Comune AVS. Le forze politiche di opposizione al Comune di Brindisi puntano il dito contro il parlamentare brindisino di Forza Italia che ha anche firmato la proposta.
“Per Brindisi, che era stata individuata zona fulcro della strategia di decarbonizzazione, ciò potrebbe
significare un cambio di paradigma radicale rispetto alle recenti prospettive – affermano dal Pd-  Infatti, il tavolo sulla decarbonizzazione, avviato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, aveva aperto la strada a importanti opportunità di investimento per la riconversione industriale, nelle rinnovabili e nella cantieristica navale. Allo stesso tempo, il Governo avrebbe dovuto mantenere Cerano come impianto di riserva solo per le emergenze nazionali, tutelare l’indotto locale nella fase di transizione e nel frattempo sollecitare anche Eni a nuovi investimenti dopo la
chiusura del cracking e la fine della chimica di base nel territorio brindisino. Se questo percorso fosse stato rispettato, Brindisi non avrebbe dovuto ‘supplicare’ altri tredici anni di carbone”.

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“Il futuro del sito che ha ospitato la centrale a carbone di Cerano non può che essere nella dismissione degli impianti della centrale e l’avvio di nuove produzioni tra quelle proposte nell’accordo di programma – aggiunge Riccardo Rossi di BBC e AVS –  Una proposta inaccettabile quella di D’Attis e di Azione  per Brindisi e per l’Italia che da anni ha deciso di terminare le attività energetiche con uso di carbone per l’evidente a tutti, tranne che al Governo, insostenibilità per l’ambiente, la salute ed anche economica di tali centrali”.  Rossi annuncia che presenterà nei prossimi giorni una mozione in consiglio comunale per respingere la proposta di rinvio al 2038 della chiusura di Cerano e l’avvio immediato delle operazioni di dismissione della stessa con una richiesta precisa al Governo di individuare tra le iniziative proposte nella manifestazione di interesse quelle che subito si possono avviare.

Questa è la replica di D’Attis:

“L’aver apposto la mia firma su un ordine del giorno proposto da altre forze politiche, per aprire la discussione sull’eventuale spostamento del phase out dal carbone, ha un’unica chiave di lettura: esperire ogni strada utile per mettere in sicurezza Paese sul fronte energetico. Esattamente ciò che stanno facendo tante altre Nazioni -per esempio la Spagna con il nucleare a cui aveva detto di voler rinunciare- per scongiurare rischi dovuti agli scenari internazionali. Tutto il resto appartiene alle solite speculazioni di carattere politico che certamente non fanno bene a nessuno.
Vale la pena ricordare che se oggi è stato concretamente avviato un processo di decarbonizzazione delle centrali di Brindisi e Civitavecchia è solo grazie a una iniziativa parlamentare che ho condotto insieme al collega Battilocchio. Per effetto di tutto ciò, con apposita disposizione normativa contenuta a nostra prima firma in una Legge dello Stato, è attivo, in seno al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, un tavolo che, insieme alla nomina di un commissario di Governo ad hoc, ha avviato la concreta attuazione di investimenti alternativi al carbone, partendo dallo sviluppo di grandi insediamenti legati all’energia rinnovabile, eolico off-shore, idrogeno e produzione industriale di batterie d’accumulo oltre che cantieristica e logistica. Il tutto con indubbi e vistosi ritorni economici ed occupazionali per il nostro territorio.
Proprio per questo, presupporre tempi più lunghi per la dismissione delle centrali a carbone non significa fare un passo indietro, ma creare un argine a possibili rischi che l’Italia non può permettersi se si vuole puntare a una nuova stagione di sviluppo.
Infine, un riferimento al nucleare di ultima generazione. E’ ben nota la mia posizione che guarda con interesse agli sviluppi della ricerca, che auspichiamo non richiedano decenni. Dopo di che, se si dovesse stabilire l’assoluta sicurezza della produzione  con una convenienza reale per il Paese, bisognerebbe rimuovere un divieto che oggi esiste per effetto della scelta compiuta dagli italiani. Quindi stiamo parlando di semplici suggestioni che qualcuno si sforza di utilizzare a fini strumentali. Le centrali di Brindisi e Civitavecchia non sono di fatto in produzione ormai da tempo e quindi non bruciano carbone né tantomeno al loro posto si sta costruendo un impianto nucleare”.



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