Le colline di Monforte d’Alba (CN), uno dei comuni inseriti nel circuito dei borghi più belli d’Italia, sono terreno fertile per i numerosi vigneti che vi si trovano: è qui che si è sviluppata una realtà imprenditoriale che vede in Sara Vezza la quinta generazione di una famiglia che ha fatto del vino la propria vocazione. Nel suo approccio Sara si racconta con quella naturalezza che emerge dalle sue convinzioni radicate: “sono figlia d’arte, con la mamma insegnante di viticoltura e papà enologo, ma sono soprattutto figlia della mia terra”.
La madre è Josetta Saffirio, il cui bisnonno Giovanni Battista dà origine a una storia che risale agli ultimi decenni del XIX secolo: laureatasi in agraria, insieme al marito Roberto Vezza, Josetta inizia a coltivare le vigne e a vinificare un ristretto numero di bottiglie con il suo nome alla fine degli anni ’80. Dopo una pausa nella produzione, è stata proprio Sara a entrare in prima persona nella gestione dell’azienda a partire dal 2006: oggi lei supervisiona sia i vini Josetta Saffirio che quelli del suo brand personale Sara Vezza, con cui produce Nebbiolo, Barbera e il raro Rossese Bianco, per circa 70.000 bottiglie all’anno.
Sara è una imprenditrice quarantenne e mamma di quattro figli, che ha fatto della sostenibilità non solo una scelta produttiva, ma una vera e propria filosofia di vita. Una scelta che non è arrivata per caso: nel 2004, quando la sensibilità ambientale non era ancora al centro dell’opinione pubblica, lei ha iniziato un percorso che l’ha portata prima alla certificazione biologica e poi alla biodinamica.
Una scelta coraggiosa, che ha richiesto tempo, investimenti e soprattutto la determinazione di andare controcorrente rispetto alle pratiche convenzionali dell’epoca.
Quando la vigna diventa ecosistema
Attualmente l’azienda si estende su 20 ettari di proprietà, di cui 10 a vigneto, il resto suddiviso tra alberi da frutto, pascoli e bosco: ciò che fa la differenza non è però necessariamente espresso dai numeri. Da anni, Sara lavora per creare un habitat naturale di circa 2 ettari dedicato alla fauna e alla flora locale, una sorta di oasi di biodiversità in un territorio dove la vigna ha preso il sopravvento.
È proprio questa visione che nel novembre 2021 le è stato assegnato il premio nazionale Donne e sostenibilità, promosso dall’Istat in occasione del 7° Censimento generale dell’Agricoltura. Un riconoscimento che premia non solo le pratiche produttive, ma l’approccio culturale di chi vede nell’azienda agricola un ecosistema complesso da rispettare e proteggere.
Le scelte concrete parlano chiaro, come racconta la titolare: “l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia, il recupero delle acque piovane e l’ottimizzazione del processo produttivo sono alcune delle nostre scelte in ottica di sostenibilità”.
Ma nella cantina si va oltre la semplice applicazione di protocolli: l’azienda ha ottenuto certificazioni che spaziano dall’Agricoltura Biologica alla Biodiversità dei Suoli, dalla Produzione Vegana al SQNPI per la Lotta Integrata.
I quattro elementi di una filosofia
Sul suo sito web, Sara presenta la propria visione attraverso quattro elementi che raccontano molto più di una semplice strategia aziendale. L’Amore come Aria, la spiritualità che lega famiglia, terra ed esseri viventi: la Sostenibilità come Acqua, simboleggiata dalla libellula che attraversa lunghe trasformazioni prima di spiccare il volo.
Il Territorio come Terra, rappresentato dalle torri medievali di Monforte d’Alba e Murazzano che si ergono come simboli di elevazione e aspirazione: proprio a Murazzano Sara sta piantando Pinot Nero e Chardonnay per produrre l’Alta Langa, le bollicine piemontesi. Infine, la Resilienza come Fuoco, la capacità di rinascere dalle difficoltà come l’Araba Fenice: “nel mio caso, esprime il valore e la caparbietà di portare avanti il lavoro di famiglia”, sottolinea Sara, “e la determinazione a farlo reagendo in maniera creativa alle situazioni avverse”.
Tutto ciò si traduce in progetti concreti: l’iniziativa adotta un filare, lanciata nel 2016, permette agli appassionati di tutto il mondo di vivere l’esperienza autentica della coltivazione, partecipando alle attività del ciclo della vite dalla potatura alla vendemmia. È un modo per creare comunità, per far comprendere il valore del lavoro agricolo sostenibile, per costruire ponti tra produttore e consumatore.
Analogamente, la collaborazione con lo IED di Torino per le borse di studio, la vendemmia dedicata ai bambini per avvicinarli al mondo dell’agricoltura, sono tasselli di un progetto educativo che va oltre la produzione di vino: la costruzione di una cultura della sostenibilità che parte dalla terra e arriva alle persone.
L’eredità per un futuro sostenibile
L’attività di Sara Vezza dimostra che la sostenibilità non è un vincolo alla produttività, ma una chiave per l’eccellenza: i suoi vigneti offrono non solo il sapore del territorio, ma anche i valori di chi ha scelto di coltivarlo con rispetto e una visione chiara per il futuro.
“Non siamo autori del vino, ma siamo pezzi di un mosaico, attori della natura”, riflette Sara con una consapevolezza che va oltre le logiche di business: “aiutiamo le piante a crescere, come dei figli, e siamo in contatto con la vitalità della terra”.
La passione dell’imprenditrice piemontese è strettamente legata alla responsabilità ambientale e sociale: vivere la consapevolezza della terra ereditata, che verrà lasciata alle prossime generazioni, permette di orientare ogni scelta produttiva in un atto di cura verso il futuro.
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