La fabbrica, a Caneva, è un cantiere nel cantiere. Di fianco alla produzione delle cucine, spinta da un portafoglio che garantisce commesse da qui alla fine dell’anno, avanzano i lavori per la posa di due nuove linee, attese entro il mese: una per la lavorazione dei fuori misura, l’altra per il potenziamento della produzione di basi e pensili.
Tra un saluto a un dipendente e l’altro, il Ceo di Armony, Philip Cellier, avanza in fabbrica mostrandoci dove verranno posizionate le nuove linee e come si inseriranno in un ciclo produttivo sempre più integrato, razionale, attento a evitare ogni spreco ed errore.
Una grande macchina che oggi “sforna” 120 cucine complete al giorno e che, grazie ai nuovi investimenti in corso (ce ne sono anche sulle linee di imballaggio, sull’automatizzazione del magazzino, senza contare quelli realizzati sul fotovoltaico e i 12 mila metri di terreni acquisiti per garantire all’azienda possibilità future di espansione), porteranno la capacità produttiva del sito pordenonese a quota 50 mila cucine l’anno.
Il piano industriale di Armony guarda al 2030, anno per il quale «l’obiettivo è di arrivare a 100 milioni, vale a dire raddoppiare i ricavi attuali» fa sapere Cellier che guida l’azienda dal 2018, quando l’ha rilevata dalla famiglia Santarossa che l’aveva fondata a Mansuè, in provincia di Treviso, nel 1976.
Dopo diversi anni di collaborazione, in qualità di importatore, 7 anni fa il manager francese ha fatto il grande passo e rilevato l’impresa, pronto a rilanciarla a fronte di rilevanti investimenti, sostenuti anzitutto per acquistare e ristrutturare una nuova sede, più grande, capace di sostenere gli ambiziosi piani di sviluppo della nuova proprietà.
Individuato a Caneva, in provincia di Pordenone, il nuovo sito produttivo – forte di 40 mila di metri quadrati coperti che ospitano anche gli uffici e un grande showroom – è entrato in attività nel 2019, trasformato, grazie al supporto delle banche, tra le altre della Bcc Pordenonese e Monsile, in una fabbrica 4.0, altamente automatizzata.
«Da allora non abbiamo più smesso di investire e siamo sempre cresciuti. Quando ho acquisito la società – ricorda Cellier – fatturava 30 milioni e occupava 70 dipendenti, nel 2024 i milioni sono diventati 53, i dipendenti 170, e contiamo in cinque anni, grazie agli importanti investimenti che stiamo realizzando, di arrivare a quota 100 milioni».
Oggi il mercato di Armony è prevalentemente estero. Il 95% delle cucine finisce oltreconfine, il 30% in Francia, il resto diviso tra Svizzera, Portogallo, Spagna, Lussemburgo e gli Stati Uniti «che per noi sono un mercato nuovo, iniziamo ad esplorarlo ora» fa sapere ancora il Ceo che a proposito dei dazi non si dice granché preoccupato: «Per il momento li assorbiamo noi».
La produzione a Caneva
Agli investimenti sulla capacità produttiva, l’azienda ha affiancato un grande lavoro sulla diversificazione del prodotto, inserendo proprio in questi ultimi mesi, accanto ai due marchi Armony e Tratto, un nuovo segmento che punta all’alto di gamma, «con materiali di pregio, come pietre, marmi e metalli fiammati, soluzioni particolari, grandi misure» spiega il Ceo, mostrando i primi modelli appena montati nello showroom. Cucine di altissima gamma si diceva.
Racconta Cellier: «La prima l’abbiamo venduta nei giorni scorsi – 140 mila euro di ordine – per arredare lo chalet acquistato da un americano in una lussuosa località francese». Oltre all’effetto positivo sui ricavi, l’operazione ne ha uno, non meno rilevante, sull’immagine dell’azienda, «ci qualifica ancora di più» dichiara il Ceo che a proposito d’immagine ha recentemente finalizzato l’acquisito di un nuovo flaghip store a Milano, 300 metri quadrati a pochi passi dal Duomo: «Una vetrina per noi strategica, che contiamo di inaugurare tra ottobre e novembre».
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