Roma, 4 agosto 2025 – In un mondo che corre verso i 10 miliardi (International Union for the Scientific Study of Pupulation) di abitanti entro la fine del secolo e che consuma dati a un ritmo vertiginoso, il digital divide, la frattura tra chi ha accesso alle tecnologie digitali e chi ne resta escluso, rappresenta una delle più grandi sfide del nostro tempo. Se da un lato la rivoluzione digitale avanza spinta dall’intelligenza artificiale, dal cloud e dalla connettività ultra veloce, dall’altro lato quasi un terzo della popolazione mondiale, ovvero 2,63 miliardi di persone, secondo quanto riportato da World Population Review, non ha mai avuto accesso a Internet. I nodi del problema sono molteplici e strutturali: dalla mancanza di infrastrutture fisiche, come i cavi sottomarini e la fibra terrestre, fino alla carenza di competenze digitali. Anche nei Paesi sviluppati, l’accesso alla rete può variare sensibilmente tra aree urbane e periferiche, tra fasce d’età, livelli di istruzione e reddito.
L’Europa e la sfida della Digital Decade 2030
L’Unione Europea ha risposto con un ambizioso programma: la Digital Decade 2030. Il primo rapporto sullo stato dell’attuazione, pubblicato nel 2023, individua i dati di raggiungimento dei quattro obiettivi chiave prefissati: competenze digitali, infrastrutture digitali, digitalizzazione di imprese e servizi pubblici. Ma il cammino è ancora lungo. La fibra raggiunge solo il 56% delle famiglie europee e il 5G standalone, cioè quello ad alte prestazioni, resta indietro rispetto alle promesse. Sul fronte imprese, solo il 66% prevede di adottare il cloud entro il 2030, il 34% il big data e appena il 20% l’IA, lontani dai target del 75%. Sul versante pubblico, l’obiettivo è l’accessibilità online del 100% dei servizi essenziali, comprese la cartella clinica elettronica e l’eID europeo, già in fase di implementazione. Il tema delle competenze digitali è forse il più critico: la UE punta a raggiungere 20 milioni di specialisti ICT e almeno l’80% della popolazione con competenze digitali di base entro il 2030, ma secondo le proiezioni attuali si arriverà solo al 59% e a 12 milioni di specialisti. Per colmare questo gap, la Commissione invita gli Stati membri a investire massicciamente in educazione digitale, parità di genere nelle STEM e formazione continua e stima necessari almeno 200 miliardi di euro di investimenti.
L’Italia e la sua transizione digitale
Anche l’Italia, con il suo Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale (CITD), ha messo in campo strategie ad ampio raggio. A inizio luglio, il Governo ha fatto il punto su diverse iniziative: dall’identità digitale con l’IT-Wallet (già oltre 5,6 milioni di utenti attivi), alla revisione della Strategia BUL 2023–2026, che punta a una connettività multimodale e a reti modernizzate tramite l’Edge Cloud Computing. Il focus, in linea con gli obiettivi europei, è colmare il divario infrastrutturale e stimolare la domanda di servizi digitali avanzati. Un’attenzione particolare è rivolta alla filiera dei cavi sottomarini, settore in cui all’Italia mancano asset nazionali per la posa e la manutenzione, e servono interventi mirati per proteggere queste infrastrutture essenziali. Ma i dati dell’ISTAT confermano che l’Italia ha ancora molta strada da fare sul fronte delle competenze digitali. Nel 2023 il nostro Paese si colloca al 23° posto in Europa per digital literacy, con forti disparità tra settori e fasce sociali. Solo il 60,6% delle famiglie composte da soli anziani ha accesso a Internet e il Mezzogiorno resta penalizzato rispetto al Centro-Nord (-4,8 punti percentuali). Le differenze sono marcate anche per titolo di studio: il 98,3% delle famiglie con almeno un laureato ha Internet, contro appena il 65,3% di quelle con sola licenza media. Tuttavia, si segnalano progressi: cresce l’uso di Internet tra gli over 65 (+7,6 punti in un anno), e aumentano gli investimenti in formazione ICT. In questo scenario, progetti interregionali come Reg4IA, che sviluppano soluzioni di intelligenza artificiale in ambiti come sanità e mobilità sostenibile, rappresentano un esempio virtuoso di governance collaborativa tra Governo centrale e territori. (Cittadini e ICT – Anno 2024 ; Le competenze digitali dei cittadini – Anno 2023).
L’Africa, il digital divide come barriera di sviluppo
Se in Europa e in Italia il divario digitale è una questione di disuguaglianze interne, in Africa è una vera e propria barriera allo sviluppo. In molte aree del continente, l’accesso alla connettività è ancora un miraggio: in Nigeria, ad esempio, circa il 70% della popolazione non ha neppure accesso al 3G. La sfida è duplice: creare infrastrutture da zero e superare l’enorme distanza fisica dai data center, che spesso si trovano in Europa o Nord America. È ed è in questo contesto che nascono iniziative come quelle dichiarate nell’ultimo comunicato da Equinox, azienda di infrastrutture digitali attiva a livello mondiale, che ha avviato un piano da 390 milioni di dollari puntando a costruire ecosistemi digitali sostenibili insieme alle comunità locali, da Lagos a Johannesburg. Equinix, attraverso la sua fondazione, collabora anche con il progetto Giga dell’UNICEF per connettere tutte le scuole del mondo a Internet entro il 2030.
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