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Bianchi (Svimez): «Le Zes non sono la mossa del cavallo, in Italia servono politiche industriali»


Luca Bianchi, direttore Svimez, da anni avete individuato nelle Zone economiche speciali (Zes) un modo per rilanciare l’economia del Mezzogiorno. A vostro avviso si tratta di valorizzare il ruolo dei porti e dei retro-porti nell’ambito dei traffici internazionali di merci, delle loro lavorazioni, della logistica. Il governo Meloni ha creato una «Zes unica» che ora vuole estendere a Marche e Umbria. Qual è il bilancio?

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Non c’è grande disponibilità di dati, sicuramente c’è stata un’accelerazione nel corso dell’ultimo anno in termini di autorizzazioni e semplificazione. Questa è un ottima notizia. Quello che ancora manca, ed è la parte più interessante, è l’attuazione del piano strategico. Oggi la Zes unica è uno strumento molto orizzontale, nel senso che gli investimenti sono andati un po’ su tutti i settori. Nel progetto originale è richiesta invece una certa selettività degli interventi. E, visto che il governo vuole includere le Marche e l’Umbria, la selettività degli interventi sarà più importante.

Una Zes, sia pure unica, allargata a tutte le regioni del Mezzogiorno e ora anche a due regioni del Centro Italia, non è un ossimoro?

Stiamo parlando di una politica diversa da altre simili in Europa. Punta a un intervento strategico aggregato. La volontà di estenderla alle Marche e all’Umbria fotografa una profonda crisi di una parte del centro Italia. Come Svimez abbiamo più volte evidenziato la necessità di una strategia di questo tipo. È chiaro però che molto dipende dalle risorse disponibili che non vanno sottratte al Mezzogiorno. In più la Zes da sola non basta, né dovrebbe essere una scelta guidata da interessi elettorali. L’esperienza al Sud dimostra che gli incentivi alle imprese non sono la soluzione a tutti i problemi. Servono veri investimenti e il coordinamento.

Quali sono gli interventi da prevedere per le Marche e quelli per l’Umbria?

Per le Marche c’è il problema del collegamento tra il Tirreno e l’Adriatico. E serve una politica che rilanci territori che hanno un tessuto di piccole imprese importanti che hanno difficoltà sul mercato internazionale. Su questa regione che ha una forte vocazione all’esportazione i dazi di Trump potrebbero avere un impatto importante. Il Pil dell’Umbria è 20 punti sotto la media europea, qui c’è un grande problema di riconversione di aree prima industrializzate. E c’è la consapevolezza che il turismo non sia l’unica soluzione per produrre occupazione, soprattutto quella di qualità, a cominciare da quella dei giovani. Inoltre Umbria e Marche condividono il problema dello spopolamento delle aree interne appenniniche. Abbiamo segnalato il rischio per cui l’ultimo documento del governo acuisca l’indebolimento dei servizi pubblici come istruzione e sanità in queste zone.

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Nella Zes unica è stato riscontrato il rischio di un accentramento delle decisioni a discapito dei territori. Cosa ne pensa?

Noi siamo dell’avviso che serve una strategia nazionale perché la frammentazione delle politiche non hanno portato risultati rilevanti. Il tema non è l’accentramento, ma la capacità di fare scelte selettive. In teoria a livello centrale sarebbero più facili ma finora non c’è stata la forza di farlo.

È stata sollecitata l’inclusione anche del Lazio, in particolare delle province di Latina e di Frosinone, nella Zes unica. In pratica si sta parlando di una politica industriale che dovrebbero riguardare la metà e forse anche più del paese. Ma in Italia esiste una politica industriale?

Questo è il problema. Occorre una riflessione più ampia su cosa sia la Zes. Accanto alla semplificazione amministrativa bisogna fare una politica industriale che favorisca investimenti nelle filiere europee nelle regioni con maggiore potenzialità di crescita, in primis nel Mezzogiorno e nelle altre aree del paese deindustrializzate. Questa riflessione non mi sembra ci sia nella Zes, né in generale nella strategia del governo, né in quella degli altri che lo hanno preceduto, mentre è invece aperta a livello europeo. Bisogna mettere le nuove politiche europee sulla competitività con le politiche di coesione. Questo è mancato nella costruzione del Pnrr che non fa scelte strategiche nella politica industriale e si è concentrato sulle imprese dove già ci sono e non ha favorito la nascita di nuovi impianti. La Zes è uno strumento importante, ma non è la mossa del cavallo, né è la strategia che risolve tutti i problemi.



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