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Crediti d’imposta non spettanti e inesistenti: nuove norme e giurisprudenza


Con l’adozione del D.lgs. 87/2024, è stata definita una netta cesura concettuale tra crediti d’imposta inesistenti e crediti non spettanti, con implicazioni significative sul piano sanzionatorio, sui termini per il recupero e sulle strategie difensive, specie in ambito Ricerca & Sviluppo. 

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A consolidare il nuovo impianto, è intervenuto l’atto di indirizzo del MEF del 1° luglio 2025, mentre la recente sentenza del TAR Lazio del 29 luglio 2025 segna un importante sviluppo sul fronte interpretativo, in particolare per i crediti maturati tra il 2015 e il 2019.

Analizziamo di seguito la nuova  disciplina in vigore il contenzioso per il permanere di incertezze interpretative  e le possibili strategie difensive.

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1) Le nuove definizioni e il perimetro normativo

Il D.lgs. 74/2000, modificato dal D.lgs. 87/2024, attribuisce oggi valore normativo alle definizioni di credito inesistente e credito non spettante, ora rilevanti sia in ambito penale che tributario (ai sensi dell’art. 13 D.lgs. 471/1997).

Sono da considerarsi inesistenti i crediti:

    privi, in tutto o in parte, dei requisiti soggettivi o oggettivi espressamente previsti da fonti primarie o secondarie formalmente richiamate;

    o ottenuti mediante mezzi fraudolenti, quali falsificazioni documentali, simulazioni o altri artifici.

Rientrano invece nella categoria dei non spettanti:

    i crediti utilizzati in violazione delle modalità di fruizione stabilite;

    quelli fruiti oltre i limiti normativi;

    quelli sostenuti su fatti che, pur coerenti con i presupposti generali, difettano di requisiti ulteriori non previsti dalla normativa istitutiva;

    infine, i crediti utilizzati in difetto di adempimenti formali prescritti a pena di decadenza.

Il MEF ha puntualizzato, con l’atto del 1° luglio 2025, che non sono idonee a fondare una contestazione di inesistenza le fonti tecniche prive di un espresso richiamo normativo, escludendo quindi qualsiasi autonoma valenza precettiva di documenti quali manuali o linee guida.

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2) Il nodo R&S e l’inapplicabilità retroattiva del Manuale di Frascati

Uno degli ambiti più sensibili all’impatto della nuova disciplina è rappresentato dai crediti d’imposta per attività di Ricerca e Sviluppo maturati nel quinquennio 2015-2019. 

In tale contesto temporale, l’Amministrazione finanziaria ha frequentemente qualificato come “inesistenti” quei crediti relativi a progetti non ritenuti sufficientemente “innovativi”, facendo riferimento ai criteri contenuti nel Manuale di Frascati, successivamente recepiti in via regolamentare con il DPCM 15 settembre 2023 e le Linee guida del 2024.

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Tale orientamento è stato radicalmente smentito dalla sentenza del TAR Lazio del 29 luglio 2025, che ha annullato un provvedimento del MIMIT con cui era stata negata la certificazione ex art. 23 D.L. 73/2022, proprio per il mancato rispetto dei parametri previsti dal Manuale OCSE. Il giudice amministrativo ha chiarito che:

    le fonti regolamentari sopravvenute (DM 2020, DPCM 2023) non hanno efficacia retroattiva, non potendo incidere su fattispecie maturate anteriormente alla loro entrata in vigore;

    la disciplina vigente all’epoca (art. 3 DL 145/2013 e DM 27 maggio 2015) non prevedeva né richiamava l’applicazione del Manuale di Frascati;

    la prassi amministrativa del tempo (circ. MISE 5/2016) si limitava a rinviare al Manuale di Oslo, valorizzando obiettivi di miglioramento produttivo piuttosto che requisiti di ricerca scientifica in senso stretto.

Ne discende che, per i periodi d’imposta antecedenti al 2020, il riferimento al Manuale di Frascati non può essere legittimamente utilizzato come parametro di valutazione né per negare la spettanza del credito, né — tanto meno — per fondare una contestazione di inesistenza, trattandosi di una fonte tecnica priva di valore normativo e gerarchicamente subordinata.

3) Sanzioni e termini di accertamento: l’importanza della qualificazione

Sul piano sanzionatorio, la corretta distinzione tra le due tipologie comporta esiti profondamente diversi:

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    70% di sanzione per i crediti inesistenti (aumentabile fino al doppio se fraudolenti);

    25% per i crediti non spettanti, con possibilità di sanatoria ridotta a 200 euro se vi è violazione meramente formale tempestivamente corretta.

Anche i termini di decadenza sono differenziati:

    otto anni per l’inesistenza;

    cinque anni per la non spettanza.

Tali divergenze rendono cruciale la classificazione corretta del credito già in sede di verifica o accertamento, con dirette conseguenze su contenziosi già pendenti o ancora in fase precontenziosa.

4) Applicabilità nel tempo e favor rei

La riforma ha generato una significativa asimmetria temporale tra il piano penale e quello tributario.

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Sul versante penale, la Corte di Cassazione (sent. n. 19868/2025) ha riconosciuto che le nuove definizioni di credito “inesistente” e “non spettante” introdotte dal D.lgs. 87/2024 hanno natura interpretativa e, in quanto tali, sono retroattivamente applicabili ai sensi del principio del favor rei.

Ciò implica che, in assenza di elementi fraudolenti, il disconoscimento di un credito fondato su valutazioni tecniche prive di base normativa non può integrare il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti (art. 10-quater, co. 1, D.lgs. 74/2000).

Di segno opposto, l’art. 5 dello stesso D.lgs. 87/2024 stabilisce che le nuove definizioni si applicano, in ambito tributario, solo alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024, determinando così un disallineamento normativo che solleva non pochi dubbi di coerenza sistematica.

Tuttavia, la circostanza che l’art. 13 del D.lgs. 471/1997 rinvii espressamente alle definizioni contenute nel D.lgs. 74/2000 apre la strada a una lettura sistematica e armonizzante, che consenta anche al giudice tributario di applicare retroattivamente la nuova disciplina nei casi in cui essa risulti più favorevole al contribuente. 

Una simile impostazione è stata già accolta dalla Corte di Giustizia Tributaria della Lombardia (sent. n. 1482/25/25), che ha qualificato come “non spettante” – e non “inesistente” – un credito R&S contestato esclusivamente per difetto di innovatività, in assenza di elementi fraudolenti.

5) La strategia difensiva: derubricazione e certificazione

Alla luce delle recenti evoluzioni normative e giurisprudenziali, nei giudizi relativi a crediti d’imposta per Ricerca e Sviluppo assume oggi un rilievo centrale la corretta qualificazione della pretesa erariale.

In particolare, ogni qualvolta la contestazione mossa dall’Amministrazione si fondi su elementi tratti da fonti tecniche prive di efficacia vincolante (come il Manuale di Frascati, in assenza di espresso richiamo normativo per i periodi anteriori al 2020), è fondamentale eccepire l’erronea qualificazione del credito come “inesistente”.

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In tali ipotesi, il credito andrebbe più correttamente ricondotto alla nozione di “non spettante”, con due immediate e rilevanti conseguenze:

    l’applicazione della sanzione ridotta al 25% del credito indebitamente utilizzato (anziché il 70% previsto per l’inesistenza);

    la possibilità di far valere la decadenza quinquennale dell’Amministrazione dal potere di recupero, frequentemente maturata prima della notifica dell’atto impositivo.

A rafforzare la posizione del contribuente può intervenire, inoltre, la certificazione tecnica rilasciata ai sensi dell’art. 23 del D.L. 73/2022, che – come riconosciuto anche dalla recente giurisprudenza amministrativa (TAR Lazio, sent. 29 luglio 2025) – costituisce un valido presidio difensivo, idoneo a vincolare l’Amministrazione, purché richiesta prima della notifica di un processo verbale di constatazione.

Considerazioni conclusive

La nuova architettura normativa, pur apprezzabile nel tentativo di razionalizzazione, lascia ancora margini di incertezza interpretativa.

La netta presa di posizione della giurisprudenza amministrativa e tributaria, unita agli orientamenti ministeriali e alle posizioni espresse dalla dottrina qualificata (come AIDC LAB), impone un aggiornamento immediato delle strategie difensive, specie per i crediti R&S anteriori al 2020.

È fondamentale che il professionista sappia ricostruire il quadro normativo effettivamente vigente al momento della maturazione del credito, isolando eventuali indebite applicazioni retroattive e ribaltando la qualificazione giuridica erroneamente attribuita.

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In un sistema che ancora sconta contraddizioni normative e applicative, il rigore interpretativo resta la miglior tutela per contribuente e professionista.



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