L’annuncio della Zes estesa alle Marche. Le strette di mano all’apertura del cantiere della Pedemontana Sud, in provincia di Macerata. E la citazione, studiata ad hoc, del marchigiano Enrico Mattei: «L’ingegno è vedere possibilità, dove nessuno la vede». Giorgia Meloni, prima della pausa estiva, ha lanciato la lunga volata per le regionali, dedicandosi alla sua propaganda in purezza, spargendo grandi elogi ai marchigiani: «Senza le Marche il made in Italy non sarebbe come lo conosciamo», ha detto.
Ma sul tavolo ha lasciato le solite promesse, attirando le ironie del Pd. «A Meloni, versione Wanna Marchi, non crede più nessuno: dalle accise alla riforma delle pensioni, le italiane e gli italiani hanno imparato che sono solo promesse elettorali», hanno commentato i capigruppo dem di Camera e Senato, Chiara Braga e Francesco Boccia.
Un dato è certo: l’allargamento della Zona unica speciale (Zes) avrà una lunga gestazione. Il consiglio dei ministri ha esaminato un disegno di legge, che dovrà essere inserito in un calendario affollato in autunno, quando inizia la sessione di bilancio. Resta, però, il titolo. E tanto basta allo storytelling.
Il momento era troppo importante: il lancio della campagna elettorale di Francesco Acquaroli, fedelissimo della premier, che punta al bis da presidente della regione Marche con il voto del 28-29 settembre. L’appuntamento, organizzato ad Ancona, era curato nei minimi dettagli: erano attesi i tre leader del centrodestra, Meloni in testa, con Matteo Salvini e Antonio Tajani, nel giorno del 72esimo compleanno.
Il leader della Lega non c’era, troppo impegnato per il via libera definitivo al Ponte sullo Stretto. Aveva annunciato il collegamento da remoto già domenica, ma la sua assenza si è notata quasi più dell’intervento in cui ha comunque pungolato il centrosinistra: «A differenza dei garantisti a targhe alterne non spenderò una parola per il candidato Ricci e le sue vicende giudiziarie».
Di sicuro ha evitato la photo-opportunity con gli alleati. A fare da spalla a Meloni, infatti, c’era solo l’altro vicepremier, Tajani.
Zes a rilento
Ecco quindi che serviva il colpo a effetto di Meloni, quello capace di attirare l’attenzione. Anche al costo di portare avanti un’operazione dal sapore tutto propagandistico. La promessa di allargare al centro la Zes unica per il Mezzogiorno è stata la soluzione perfetta: significa sgravi e agevolazioni sugli investimenti delle imprese.
Il provvedimento riguarderà anche l’Umbria, amministrata dal centrosinistra. Ma l’attenzione era focalizzata sulle Marche: «Sono certa che i marchigiani sapranno utilizzare al meglio le potenzialità che prevede questo strumento», ha detto alla platea, strizzando ancora una volta l’occhio all’elettorato.
Parole che hanno provocato una reazione per il metodo scelto dalla premier: «L’uso che sta facendo Meloni della sua posizione di premier nelle Marche va un po’ oltre quelle che sono le prerogative del governo durante una campagna elettorale», ha commentato il deputato di +Europa, Riccardo Magi.
Poco male. I registi di Fratelli d’Italia avevano apparecchiato l’iniziativa per spingere Acquaroli. Per l’occasione, tra l’altro, Meloni ha riveduto e corretto una proposta che era stata già avanzata in ambito parlamentare.
La firma era del senatore di Forza Italia, Claudio Lotito, che in un emendamento al decreto Economia, in esame alla Camera (dopo l’approvazione del Senato nella scorsa settimana), aveva chiesto «l’estensione della decontribuzione Sud alle Marche», in quanto regione «in transizione». Stesso principio per cui verrà istituita la Zes nelle Marche.
Sarebbe stato anche più veloce far approvare la proposta di Lotito, magari con una riformulazione, per avviare concretamente la pratica.
Ma ha molta più eco mediatico un disegno di legge approvato in cdm, seppure privo di effetti pratici, di un emendamento, che tra le altre cose faceva capo a un esponente di Forza Italia. Bisogna fare di tutto per favorire Acquaroli.
Il voto nelle Marche è una battaglia campale per Fratelli d’Italia, che deve mettere il sigillo a qualsiasi operazione possa favorire la regione.
La scorsa settimana già si era spesa Arianna Meloni per il governatore uscente. Da qui a fine settembre si preannuncia una sfilata di ministri e big di FdI, un po’ come accaduto per le regionali in Abruzzo. La sconfitta di Acquaroli sarebbe un cattivo presagio per le elezioni nelle altre competizioni elettorale.
L’estate leghista
Insomma, l’evento di Ancona rappresenta il primo passo per dare una mano ad Acquaroli. Ma non solo. Segna anche il punto di partenza delle schermaglie di agosto nella maggioranza. Salvini ha già fatto capire le intenzioni.
Ha preferito seguire da vicino le ultime procedure per l’approvazione definitiva del Ponte sullo Stretto, a cui ha legato il suo mandato da ministro delle Infrastrutture: «Mercoledì mattina alle 12.30 ci sarà l’approvazione del progetto definitivo per l’avvio dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina», ha annunciato.
E da lì è pronto per far partire la campagna d’agosto con lo scopo di riguadagnare visibilità, infastidendo non poco Meloni.
La Lega ha già marcato il territorio con la richiesta della tassazione alle banche per finanziare il maxi-condono fiscale, che va sotto la definizione salviniana di rottamazione delle cartelle.
In alternativa i «maxi-profitti» degli istituti di credito devono essere destinati all’aiuto di «imprenditori e lavoratori in difficoltà».
Salvini ha individuato il tormentone estivo leghista. Ogni agosto, del resto, porta con sé veleni e dispetti tra alleati. In vista della vera battaglia sulla legge di Bilancio.
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