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Italia in ritardo sulle competenze digitali: i dati che preoccupano


Il Digital Skills Indicator 2.0 rappresenta oggi il principale strumento europeo per fotografare il livello di alfabetizzazione digitale della popolazione adulta, fornendo un quadro chiaro di quanto i cittadini siano pronti ad affrontare le sfide della trasformazione tecnologica.

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Per quanto riguarda l’Italia, con meno della metà della popolazione adulta in possesso di competenze sufficienti e un basso ricorso all’intelligenza artificiale nelle imprese, il Paese rischia di rimanere indietro, ma sperimentazioni avviate in scuole e imprese indicano un primo cambio di passo su un tema centrale non solo per la competitività economica ma anche per la coesione sociale e lo sviluppo futuro.

Come funziona il Digital Skills Indicator 2.0

Il Digital Skills Indicator 2.0 è l’indice ufficiale sviluppato dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea con l’obiettivo di monitorare in modo omogeneo e comparabile il livello di competenze digitali della popolazione adulta europea e rientra nel più ampio indicatore DESI (Digital Economy and Society Index) come strumento per perseguire gli obiettivi strategici del Digital Decade 2030, in base ai quali nel 2030 almeno l’80 % della popolazione dovrebbe avere competenze digitali di base. La prima generazione dell’indice risale al 2015 e nella sua versione più recente, risultante dal lavoro condotto tra il 2019 e il 2022, la metodologia tiene conto delle evoluzioni tecnologiche in atto.

Il DSI è strutturato secondo il Quadro DigComp 2.0, il Digital Competence Framework per i cittadini, emendato e aggiornato nel tempo dalla Commissione Europea dalla sua prima versione del 2013. Tra i dati utilizzati dalla Commissione rientrano i micro‑dati dell’EU survey on ICT usage by households and individuals (codice Eurostat ISOC_I), un’indagine annuale che, dal 2002, rileva in modo armonizzato come cittadini e famiglie dei Paesi UE (+ EFTA e candidature) accedono alle tecnologie digitali, le usano e con quali competenze.

La cornice DigComp individua un complesso articolato di skill rilevanti che vengono prese come riferimento per stimare le competenze della popolazione, tra le quali si trovano la comprensione delle informazioni e dei dati, la capacità di comunicazione e collaborazione digitale, di risoluzione dei problemi, di creazione di contenuti digitali e consapevolezza in tema di sicurezza e salute digitale.

La metodologia applicata è conforme al manuale sviluppato congiuntamente dall’OCSE e dal JRC per la creazione di indicatori compositi e i passaggi principali per costruire l’indice comprendono la selezione delle skill rilevanti, l’individuazione di indicatori statistici validi e infine il calcolo di scale di abilità, vale a dire il bilanciamento tra le diverse dimensioni e aggregazione in un indice composito, con validazione psicometrica per garantire confrontabilità tra paesi.

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Il ruolo del DSI nelle politiche europee e nazionali

L’indicatore è usato infatti per stilare confronti tra paesi UE, individuare gap e buone pratiche e guidare politiche europee e nazionali. Viene pubblicato con cadenza biennale e nel capitolo “Human Capital” del Digital Economy and Society Index, del quale rappresenta uno dei pilastri fondamentali, insieme a parametri come l’uso di internet, la gamma di skills avanzati e la crescita continua.

Ritardo italiano nelle competenze digitali di base e avanzate

Per quanto riguarda l’Italia, secondo il report nazionale ISTAT del maggio 2025, solo il 45,8 % dei cittadini tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di livello almeno base, contro una media UE del 55,5%. In alcune regioni del Mezzogiorno la percentuale scende ulteriormente fino al 36,1%, evidenziando forti disuguaglianze territoriali. Analogamente, solo l’8% delle imprese italiane ha implementato soluzioni di Intelligenza Artificiale nell’ambito dei processi produttivi nel 2024, contro quasi il 20 % della Germania. La disparità tra livelli in ambito urbano e rurale, come anche tra Nord e Sud, riflette una diseguale capacità di accesso alle infrastrutture e alle opportunità formative digitali. Inoltre, il basso indice di uso dell’AI da parte delle imprese contribuisce a rallentare il circolo virtuoso delle competenze, definito dal framework DESI.

Le cause strutturali del digital divide italiano e le iniziative sperimentali per colmare il gap

L’Italia evidenzia ad oggi, dunque, un ritardo sia nella dotazione di competenze digitali civili sia in quelle orientate all’adozione aziendale di tecnologie avanzate, connesso a diversi fattori endemici: carente diffusione delle competenze digitali tra i cittadini e nel sistema scolastico, mancanza di infrastrutture solide nelle aziende, basso investimento privato in tecnologie digitali e carenza di formazione continua nel mondo del lavoro.

Per salire nelle classifiche europee sono state lanciate alcune iniziative pilota già nel 2024 come progetti sperimentali per l’inserimento dell’AI a supporto della didattica scolastica, coinvolgendo 15 classi e 4 regioni, con il duplice obiettivo di personalizzare l’apprendimento e accelerare la familiarità con le nuove tecnologie e piani di digital upskilling per le piccole e medie imprese, sostenuti dall’OCSE, finalizzati a stimolare la formazione continua e l’adozione di modelli di transizione digitale.

Verso gli obiettivi europei del 2030

Nonostante questi passi in avanti, per centrare gli obiettivi digitali del 2030 sarà necessario, oltre a rafforzare l’insegnamento digitale nelle scuole, con attenzione anche alla formazione continua degli insegnanti, e diffondere una cultura digitale dentro le PMI, anche ridurre il divario regionale attraverso programmi specifici rivolti alle aree più arretrate e promuovere reti e coalizioni coordinando la dimensione pubblica con quella privata, in linea con il modello europeo di diffusione dell’alfabetizzazione digitale inclusiva.

Competenze digitali in Italia: sfide e opportunità future

Per concludere, il Digital Skills Indicator 2.0 rappresenta oggi lo standard più avanzato per misurare le competenze digitali dei cittadini europei, un sistema statistico rigoroso, basato sul DigComp 2.0 e validato secondo metodologie OCSE, che consente confronti affidabili tra paesi e orienta le politiche pubbliche nazionali europee.

Nel quadro generale, l’Italia manifesta però ancora un ritardo significativo: più di metà dei cittadini non ha competenze digitali di base, il che frena il capitale umano e la competitività del sistema produttivo. Il punto di forza italiano, invece, risulta essere la maggiore attenzione politica al tema, esemplificata dalle sperimentazioni su scala locale, dai piani nazionali di digitalizzazione scolastica e iniziative di collaborazione tra Stato e industria digitale. Sebbene frammentate, le misure intraprese nei settori istruzione, PMI e innovazione indicano la volontà politica e il potenziale per raggiungere il riallineamento agli obiettivi europei. Dunque, con una strategia unitaria che monitori e valorizzi i progressi del Paese, sarà possibile colmare il gap con i Paesi digitalmente avanzati e costruire un ecosistema competitivo, capace di formare cittadini abili e imprese resilienti in un mondo sempre più digitale.



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