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Più soldi sulle armi che sul diritto alla salute? In campo i medici d’Europa


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Romano Siciliani

Considerare la spesa sanitaria non come un costo ma come un investimento strategico e come uno strumento di resilienza sociale a garanzia del futuro. E farlo a livello europeo, in ossequio ai principi fondanti dell’Unione, che vedono la salute come diritto fondamentale e come pilastro della coesione sociale e della sostenibilità economica. Sono questi gli obiettivi della “Carta di Roma: la salute come investimento strategico”, che, promossa dalla Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri), che mi onoro di presiedere, è stata firmata il 10 luglio. A sottoscriverla gli Ordini dei medici nazionali di Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna. Il manifesto è stato poi presentato nell’ambito del convegno internazionale “La Salute come investimento: un impegno europeo”, cui hanno partecipato i più alti rappresentanti delle istituzioni italiane ed europee.

Tra i punti della “Carta di Roma”, la proposta di una “clausola di resilienza sanitaria”, che consenta agli Stati membri dell’Unione europea di destinare risorse aggiuntive alla prevenzione e gestione delle malattie croniche, senza violare i parametri. E poi, l’invito agli Stati membri a prevedere nei piani di bilancio a medio termine programmi di investimenti sanitari, la richiesta alla Commissione europea di riconoscere il ruolo della spesa sanitaria come investimento strutturale nelle Raccomandazioni specifiche per ogni Paese. Ancora, il sostegno all’espansione del programma EU4Health, in modo che le risorse europee possano integrare quelle nazionali per rafforzare i sistemi sanitari. Infine, un’attenzione particolare alla prevenzione, attraverso programmi di screening e alla gestione delle malattie croniche.

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Un argomento fondamentale, questo, visto che, secondo i dati preliminari del rapporto Hesri2 (Health Equity Status Report) dell’Oms, presentati da Chris Brown, capo dell’Ufficio europeo dell’Oms per l’investimento in salute e sviluppo, nei prossimi decenni in Europa ci saranno due giovani ogni tre anziani, con un raddoppio, rispetto a oggi, degli ultra-ottantacinquenni, che diventeranno 65 milioni nel 2050. Le strategie di investimento nei sistemi sanitari europei per un invecchiamento sano ed equo della popolazione rappresentano dunque un investimento proficuo per l’intera economia.

Come, del resto, già dimostrato dal I Rapporto Fnomceo-Censis, riproposto e aggiornato da Francesco Maietta, responsabile dell’Area Consumi, Mercati e Welfare del Censis, ogni euro di spesa sanitaria pubblica ne genera quasi due di valore della produzione. La spesa sanitaria, infatti, produce domanda per il sistema di imprese, Pil, occupazione di qualità, sviluppo e, anche, coesione sociale. Investire in sanità, quindi, è un modo per investire in sviluppo economico e sociale. Ed è tanto più importante farlo ora, in questo momento cruciale dal punto di vista della politica internazionale e dei singoli Paesi, e in un contesto di scarsità di risorse per cui le priorità vanno individuate in modo oculato e strategico, da un punto di vista etico, sociale e di appropriatezza economica.

I teatri di guerra in Europa, nel Medio Oriente e nel mondo hanno rimesso in moto la corsa al riarmo. Questo contesto internazionale e le nuove politiche americane portano sempre più i Paesi europei a dover aumentare le spese per la difesa. L’obiettivo fissato per i paesi Nato è il 5% del Pil, per cui in Italia la spesa annuale passerebbe dagli attuali 45 miliardi a ben 145 miliardi nel 2035: una cifra, questa, superiore all’attuale spesa per la sanità pubblica, che nel 2024 è stata di circa 138,7 miliardi di euro, con un aumento, peraltro, del 5,8% rispetto al 2023.

È forte la preoccupazione che la ricerca di queste risorse determini inevitabilmente tagli o riforme strutturali in altri settori, o un forte aumento del debito pubblico. Una preoccupazione recentemente espressa anche da papa Leone XIV, che, rivolgendosi ai partecipanti alla plenaria della riunione delle Opere per l’Aiuto delle Chiese Orientali (Roaco), ha esortato a non tradire i desideri di pace dei popoli «con le false propagande del riarmo». «La gente – ha affermato – è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti!».

L’Europa, per nascita e vocazione, non è solo difesa dei confini materiali ma è, anche e soprattutto, rivendicazione dei confini identitari, di quei princìpi che ne fanno una comunità e che ne rappresentano la vera essenza. È una società dove i diritti e il welfare sono diventati elementi costitutivi dell’Unione. In particolare, la salute è considerata un diritto fondamentale. La sua protezione è garantita dall’articolo 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ed è considerata pilastro della coesione sociale e della sostenibilità economica.

Ai cittadini europei, e a ogni individuo presente in Europa, è riconosciuto il diritto alla tutela della salute in quanto persona e questo riconoscimento è diventato una caratteristica della nostra Unione Europea e un grande segno di crescita civile e sociale. Crediamo dunque che la salute debba essere considerata una priorità strategica per i nostri Paesi europei al pari della sicurezza, in equilibrio con i bisogni civili. Le sfide in continua evoluzione in campo medico e demografico – dall’invecchiamento della popolazione all’aumento delle malattie croniche, alle crisi sanitarie transfrontaliere – impongono ai sistemi sanitari pressioni che non possono essere ignorate o trascurate.

I medici, custodi della salute dei cittadini europei, propongono, a una sola voce, di considerare la spesa sanitaria come un investimento strategico per il futuro delle nostre società, in considerazione dell’impatto positivo sulla produttività, la coesione sociale e la sostenibilità fiscale ed esortano il Consiglio e la Commissione, in sede di negoziati sul piano di bilancio di medio termine, a introdurre una “clausola di resilienza sanitaria” che consenta agli Stati membri di destinare risorse aggiuntive alla prevenzione senza violare i parametri europei.

Presidente Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri)

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