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Platform economy: la nuova infrastruttura della finanza digitale


Il mondo della finanza sta accelerando verso la digitalizzazione. Tuttavia, a guardare bene, il vero salto di paradigma non è ancora del tutto compiuto.

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I limiti del modello pipeline nella finanza tradizionale

La maggior parte dei modelli oggi in uso segue ancora una logica “pipeline”: un processo sequenziale, rigido, frammentato, che si sviluppa in fasi distinte – dall’impresa, agli intermediari, fino alla banca – senza una reale continuità. Ogni attore si concentra sull’ottimizzazione del proprio tratto di filiera, ma il risultato complessivo spesso è inefficiente, ridondante e disallineato.
In questo schema lineare, le aziende incontrano grandi difficoltà a centralizzare i dati finanziari utili per dialogare in modo efficace con il sistema bancario. Dall’altro lato, le banche si trovano a gestire informazioni disomogenee per formato, aggiornamento e qualità. Il risultato? Tempi lunghi, processi duplicati, scarsa trasparenza e un livello di efficienza lontano dalle potenzialità offerte dalla tecnologia digitale.

La platform economy come infrastruttura digitale condivisa

Il cambiamento reale prende forma solo quando si abbandona il modello pipeline in favore di un paradigma nuovo: quello della platform economy. Qui, l’infrastruttura non è più un semplice mezzo di trasmissione tra soggetti, ma un ambiente digitale condiviso e abilitante, dove tutti gli attori – imprese, banche, fintech, advisor, regolatori – si incontrano per collaborare. La piattaforma diventa il cuore pulsante dell’ecosistema, un hub intelligente in grado di orchestrare in tempo reale dati, processi e relazioni, generando valore condiviso. Il valore, in questo contesto, non viene più generato da un singolo attore, ma co-creato in maniera dinamica da tutti gli utenti della piattaforma. È un modello “multi-sided”, dove ogni soggetto può contribuire con dati, soluzioni e servizi, beneficiando al tempo stesso dell’accesso a una rete di opportunità più ampia e integrata.

L’impulso normativo verso l’open finance

Questa trasformazione è già in atto, spinta anche da un contesto normativo in forte evoluzione. La Direttiva PSD2 ha aperto la strada all’open banking, imponendo alle banche di condividere dati con soggetti terzi autorizzati. Con la PSD3 e il regolamento FiDA (Financial Data Access), si compie un ulteriore passo avanti: l’open finance. La condivisione dei dati si estende ad altri ambiti – assicurazioni, previdenza, investimenti – aprendo la strada a un ecosistema realmente interoperabile.
Questo nuovo assetto normativo favorisce la nascita di una pluralità di attori in grado di accedere in tempo reale a dati certificati, costruire nuovi servizi digitali e offrire soluzioni su misura direttamente all’interno della piattaforma. Si riducono le barriere all’ingresso, si moltiplicano le opportunità di innovazione e si crea un ambiente più dinamico e competitivo, dove l’efficienza è abilitata dalla collaborazione.

Accesso al credito e inclusione tramite dati strutturati

I vantaggi di questo nuovo modello sono evidenti. Le banche, grazie a informazioni standardizzate, tempestive e complete, possono ridurre il rischio operativo e migliorare i processi decisionali. Le imprese – dalle grandi aziende alle PMI – hanno maggiore facilità di accesso al credito, presentando la propria situazione finanziaria in modo leggibile, aggiornato e trasparente.

Il rapporto banca-impresa si evolve: non più scambio di documenti via e-mail o richieste duplicate, ma un dialogo digitale continuo, basato su dati condivisi. La maggiore disponibilità di informazioni consente anche una maggiore inclusione finanziaria. Oggi molte PMI restano escluse dai circuiti creditizi non per il rischio, ma per la difficoltà nel produrre dati strutturati e leggibili. In una piattaforma, queste barriere si abbassano. Il dato diventa un asset condiviso, e non più un ostacolo.

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L’evoluzione verso un ecosistema di servizi integrati

Le aziende, inoltre, possono accedere in maniera più semplice e veloce a una vasta gamma di operatori e servizi – dal credito al factoring, dalle carte aziendali alla gestione di tesoreria – potendo confrontare offerte, condizioni e tempi in modo trasparente. Più concorrenza genera migliori servizi e, in ultima analisi, condizioni più favorevoli per le imprese. Questo cambiamento non riguarda solo il rapporto tra banche e imprese. Anche il mondo fintech ne trae enormi benefici: piattaforme aperte e interoperabili consentono di sviluppare e distribuire nuovi servizi digitali con costi più contenuti, accedendo direttamente a una base clienti già attiva. La creazione di standard condivisi, in un contesto normativamente armonizzato, favorisce la nascita di un mercato più maturo, innovativo e affidabile.

La dimensione culturale della trasformazione digitale

Ma tutto questo richiede un cambio di mentalità. Non si tratta solo di implementare nuove tecnologie, ma di abbandonare un modello chiuso, verticale, per abbracciarne uno aperto, modulare e collaborativo. È una trasformazione culturale prima che tecnica. La piattaforma è un’infrastruttura abilitante dove le relazioni sono digitali, ma al tempo stesso personalizzate, e dove il valore nasce dall’interazione tra soggetti diversi. Significa ripensare ruoli, processi e linguaggi: le imprese non sono più solo utenti, ma co-protagoniste dell’innovazione; le banche si trasformano in hub di servizi, e le fintech diventano connettori di nuove soluzioni. Cambia anche il modo di valutare la fiducia: non più basata sulla prossimità fisica o su relazioni storiche, ma costruita su trasparenza, tracciabilità dei dati e interoperabilità dei sistemi. Un cambiamento profondo, che mette al centro la cooperazione e la qualità delle informazioni.

Guidare il cambiamento attraverso la platform economy

Il futuro della finanza non sarà una pipeline più efficiente, ma una piattaforma più intelligente. Le normative come PSD3 e FiDA non vanno lette come obblighi, ma come strumenti per ridisegnare il mercato in modo più giusto, trasparente e competitivo. Chi saprà adottare per tempo questi modelli – banche, imprese, fintech – potrà non solo adattarsi al cambiamento, ma guidarlo, diventando protagonista attivo di un nuovo ecosistema finanziario.



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