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Tecnologie e competenze, come migliorare la sicurezza industriale


Ignorare la sicurezza industriale, non significa soltanto infrangere le norme. Ogni incidente può tradursi in costi elevati, blocchi produttivi prolungati, contenziosi legali e danni reputazionali difficili da recuperare. Situazioni che possono minare la competitività stessa dell’azienda, soprattutto quando si parla di eventi avversi ripetuti.

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Nel 2024, secondo i dati più recenti condivisi dall’INAIL sono state presentate 511.688 denunce di infortunio, con una lieve diminuzione rispetto al 2023. Di queste, 414.853 sono infortuni avvenuti sul lavoro, mentre 96.835 sono infortuni in itinere, cioè durante il tragitto tra casa e luogo di lavoro. I casi mortali denunciati sul territorio italiano sono stati 1.077; una dato che fa registrare un aumento rispetto al 2023: ben 797, inoltre, sono avvenuti proprio durante il turno. Dati chiaramente inaccettabili che si potrebbero migliorare sensibilmente con il giusto investimento su tecnologia e competenze.

I dati che abbiamo condiviso mettono in luce quanto l’attività umana resti un fattore critico, soprattutto se si considera che il settore manifatturiero concentra una parte importante degli infortuni denunciati. Il confronto con l’Europa evidenzia come l’Italia abbia ampi margini di miglioramento: secondo l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), ad esempio, il tasso di incidenza degli infortuni in Germania è inferiore del 15% rispetto a quello italiano, mentre nei Paesi Bassi la combinazione di formazione obbligatoria e investimenti in tecnologie di prevenzione ha contribuito a ridurre gli incidenti gravi del 20% circa negli ultimi cinque anni.

Quanto costano gli infortuni alle aziende

L’OSHA (Occupational Safety and Health Administration), l’agenzia del governo degli Stati Uniti responsabile della sicurezza e salute sul lavoro, stima che il costo medio di un infortunio grave nel mondo possa oscillare tra i 10.000 e i 50.000 dollari, tenendo conto delle spese dirette (cure mediche, risarcimenti) e indirette (fermi di produzione, sostituzione del personale). Nei settori più sensibili come quello chimico e automobilistico, un singolo incidente può causare fermi produttivi di giorni o intere settimane, con conseguenze economiche molto pesanti.

Una gestione proattiva della sicurezza industriale, benché richieda un investimento importante in termini di tempo e di denaro, porta benefici misurabili, a partire dalla riduzione dei “tempi morti”. Inoltre, il rapporto tra costi e benefici è molto positivo perché si riduce il turnover del personale e gli operatori si sentono più sicuri e protetti.

McKinsey & Company, società di consulenza manageriale che opera a livello globale, stima che un ambiente di lavoro sicuro possa incrementare la produttività tra l’1% e il 3%, mentre il calo dell’assenteismo può generare risparmi tra 5.000 e 10.000 euro per ciascun lavoratore, su base annua. La sicurezza, quindi, non è solo un dovere: è una leva competitiva strategica. Scopriamo insieme quali sono le azioni più importanti da mettere in campo per sviluppare un piano efficace di sicurezza industriale.

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Il monitoraggio continuo per migliorare la sicurezza

La sicurezza industriale sta evolvendo rapidamente grazie all’adozione di tecnologie digitali che trasformano l’attività di controllo da passiva ad attiva, sfruttando il monitoraggio predittivo in tempo reale. Questo strumento permette di anticipare i guasti, prevenire gli incidenti e ottimizzare le operazioni di manutenzione, con benefici concreti su safety, efficienza e costi operativi.

Nel settore chimico, BASF ha implementato una rete di sensori IoT applicati su pompe, valvole e altre componenti critiche degli impianti. Questi dispositivi raccolgono costantemente dati su vibrazioni, temperatura e pressione, rilevando eventuali anomalie prima che si trasformino in guasti veri e propri. Grazie ai sistemi di analisi predittiva, gli allarmi vengono inviati in anticipo ai tecnici, riducendo i rischi di fuoriuscite di sostanze pericolose e incidenti.

Secondo BASF l’utilizzo di queste tecnologie ha permesso di abbattere fino al 30% i costi associati ai fermi impianto non programmati, con un impatto positivo sulla sicurezza degli operatori e sulla continuità produttiva. Questo approccio proattivo sta diventando uno standard per le aziende del settore chimico, dove le condizioni di esercizio richiedono una vigilanza continua e affidabile.

Come l’intelligenza Artificiale previene i rischi

I modelli predittivi basati su Intelligenza Artificiale possono essere addestrati a individuare pattern che anticipano eventi critici come guasti meccanici o condizioni meteorologiche avverse, permettendo di pianificare interventi di manutenzione preventiva prima che si verifichino situazioni pericolose.

General Electric Renewable Energy, ad esempio, sfrutta algoritmi di machine learning per analizzare una grande mole di dati operativi provenienti dai suoi impianti eolici con l’obiettivo di prevenire guasti e problemi. Nel settore logistico, Amazon ha adottato soluzioni simili per la sicurezza nei suoi magazzini automatizzati. Attraverso l’intelligenza artificiale, i sistemi monitorano costantemente il movimento di robot e operatori, riducendo significativamente il rischio di collisioni e incidenti sul lavoro, aumentando sia l’efficienza operativa sia la protezione del personale.

Simulare gli scenari di pericolo grazie ai digital twin

I digital twin permettono di testare protocolli di sicurezza, verificare l’efficacia delle procedure di emergenza e simulare scenari imprevisti, offrendo così un prezioso strumento di formazione e pianificazione all’interno di un ambiente sicuro. ABB, ad esempio, utilizza la tecnologia del digital twin per creare repliche virtuali degli impianti di trasformazione energetica, in cui simulare operazioni complesse e a rischio senza esporre persone o macchinari a pericoli reali.

Le simulazioni consentono di individuare punti deboli nei processi e affinare le strategie di gestione del rischio, riducendo gli incidenti e migliorando la resilienza complessiva dell’impianto. L’uso strategico dei digital twin si sta rapidamente espandendo anche ad altri settori industriali, confermandosi un pilastro della sicurezza integrata nel contesto dell’Industria 4.0.

La formazione come pilastro della sicurezza

Nessuna strategia di prevenzione può funzionare senza un investimento costante nella formazione. Creare una cultura della sicurezza richiede percorsi mirati, aggiornati e basati su metodologie che trasformino l’apprendimento in una pratica operativa concreta. Da questo punto di vista, le nuove tecnologie possono rappresentare un valido strumento di promozione della formazione e di apprendimento. Utilizzando visori VR e piattaforme di realtà aumentata, i dipendenti possono esercitarsi più volte fino a padroneggiare le best practice di settore.

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Uno studio condotto dal Fraunhofer Institute ha dimostrato che la formazione immersiva può migliorare la retention delle procedure di sicurezza dal 50 al 70% rispetto ai corsi tradizionali. Schneider Electric, ad esempio, ha introdotto programmi di formazione immersiva che consentono ai lavoratori di affrontare scenari ad alto rischio, come guasti elettrici o sversamenti chimici, in ambienti virtuali sicuri. Questa metodologia riduce anche l’ansia dei lavoratori, aumentando la loro prontezza in situazioni reali e diminuendo la probabilità di errori gravi sul campo.

Training gamificato, un aiuto per i responsabili della sicurezza

Alcune aziende scelgono di sperimentare programmi di training gamificato per il personale a cui vengono affidati compiti difficili o ad alto rischio, oppure per quei lavoratori che operano in solitaria. Attraverso scenari interattivi in 3D, gli operatori affrontano simulazioni di emergenze reali, ricevendo feedback immediati sulle azioni che hanno scelto di intraprendere. Questo approccio favorisce un apprendimento attivo e in generale anche una partecipazione molto più alta rispetto alle “classiche” lezioni frontali.

Progetti di questo genere possono essere sufficienti per portare a una riduzione significativa degli errori comportamentali e a un calo degli incidenti legati a procedure non correttamente eseguite. Il training in forma “gamificata”, inoltre, migliora la collaborazione tra il team e i responsabili della sicurezza, rendendo meno difficile il loro lavoro.

I benefici di formazione continua e microlearning

La formazione, per essere efficace, non può limitarsi a sessioni occasionali. Per questo, aziende come Stellantis hanno adottato piattaforme di e-learning come Coursera for Business e Udacity Enterprise, offrendo a dipendenti, collaboratori e in alcuni casi anche ai clienti corsi brevi modulari, che possono essere fruiti tra un impegnno e l’altro ottenendo comunque benefici concreti.

Il microlearning, che consiste in corsi strutturati per essere erogati in forma di lezioni brevi da pochi minuti, si è rivelato particolarmente utile per aggiornare rapidamente il personale su nuove normative e procedure legate all’automazione industriale. Oltre a ridurre i tempi di fermo per la formazione, questo modello contribuisce a mantenere alti standard operativi in modo costante, creando un ciclo di apprendimento continuo che sostiene la produttività e la sicurezza. Le lezioni infatti non sono sporadiche ma programmate in modo costante e prevedibile: se non c’è nulla di nuovo da imparare si ripassano concetti e nozioni che già si conoscono, magari attraverso video e test che permettono di affrontare lo stesso argomento da un punto di vista diverso.

Normative e standard internazionali per la sicurezza

La sicurezza industriale non si costruisce solo puntando su nuove tecnologie e procedure, accanto alla formazione mirata servono regole condivise. Gli standard internazionali come ISO 45001, IEC 61508 e le linee guida del NIST creano un patrimonio comune di riferimenti, fungendo da base per programmi di addestramento efficaci. Tale approccio garantisce alle aziende un contesto coerente e affidabile in cui sviluppare competenze operative reali. Vediamo meglio in che modo.

La ISO 45001, norma riconosciuta globalmente e adottata in Italia come UNI ISO 45001:2018, è ormai centrale nei sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro. Non si limita a elencare una serie di norme burocratiche, ma promuove un cambio culturale che coinvolge dirigenti, preposti e operatori. Italferr, per esempio, l’ha integrata nel proprio sistema di gestione integrato (SGI), usando la formazione continua come leva per responsabilizzare il personale e migliorare la prevenzione.

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La IEC 61508 entra invece nel cuore dell’automazione, stabilendo i requisiti per la sicurezza funzionale di sistemi elettrici ed elettronici. Aziende come Siemens e ABB, che abbiamo già citato in un articolo dedicato a sicurezza e industria (LINK), applicano la IEC 61508 nei programmi di formazione tecnica, rendendo la conoscenza dei livelli SIL (una scala per valutare il rischio ) un elemento cruciale per chi opera a stretto contatto con robotica e impianti automatizzati.

Negli Stati Uniti, il Cybersecurity Framework viene sempre più adottato nelle fabbriche digitali. Questo approccio consente agli operatori di affrontare e prevenire i rischi legati alla convergenza tra sistemi OT (operativi) e IT (informatici), tutelando la sicurezza fisica degli impianti.

Il ruolo di CEN e degli enti nazionali nella certificazione

In ambito europeo, il CEN (Comitato Europeo di Normazione) trasforma gli standard internazionali in norme armonizzate (EN), consentendo l’accesso a una base normativa condivisa in ambiti che riguardano, ad esempio, la sicurezza delle macchine, l’ergonomia e i DPI (dispositivi di protezione individuale). In Italia, l’ente italiano di accreditamento Accredia verifica l’operato delle società di certificazione secondo le norme ISO/IEC 17021 e 17025. Garantisce che le attestazioni legate alla formazione e alle qualifiche siano emesse da enti competenti e vigila sull’indipendenza e l’imparzialità dei laboratori che verificano la conformità alle norme dei beni e dei servizi.

Uniesse Novachem e la trasformazione attraverso la certificazione

Facciamo un esempio per spiegare meglio il legame tra sicurezza industriale e normativa. Quando Uniesse Novachem ha deciso di intraprendere il percorso verso la certificazione ISO 45001, l’obiettivo non era semplicemente “mettere una spunta” alla voce compliance. L’azienda cercava qualcosa di più: un cambio di passo che rendesse la sicurezza parte integrante della propria cultura aziendale.

Con il supporto di esperti esterni, Uniesse Novachem ha analizzato i processi esistenti, coinvolto direttamente tutti i team operativi e avviato una serie di iniziative di formazione mirate. Passo dopo passo, così facendo, la sicurezza è uscita dai manuali per diventare una prassi condivisa: procedure più chiare, monitoraggi costanti e una comunicazione interna capace di responsabilizzare tutti hanno portato dei cambiamenti concreti.

Secondo quanto dichiarato dall’azienda stessa, la scelta di investire nella sicurezza industriale ha portato a riduzione delle non conformità, maggiore fiducia dei dipendenti e un riconoscimento esplicito da parte di clienti e fornitori.

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La sicurezza come leva strategica di competitività

Come raccontiamo in modo approfondito su queste pagine, la sicurezza industriale non è più solo un obbligo normativo: è una leva strategica che incide direttamente su produttività, costi e reputazione, anche grazie a una formazione adeguatamente programmata (LINK). Le aziende che trattano la sicurezza industriale come un investimento, e non come una semplice formalità, investendo nei processi manifatturieri, nel design di prodotto e nella formazione, scoprono che ridurre gli incidenti significa anche ridurre i fermi macchina, limitare le perdite economiche e migliorare l’affidabilità operativa.

Lo dimostra in modo esemplare il caso di Alcoa: quando questa azienda americana ha deciso di fare della sicurezza il cuore della propria strategia, ha registrato una drastica riduzione degli infortuni, passando da quasi due giorni di lavoro persi per ogni cento dipendenti a meno di 0,2. Ma il dato più sorprendente è che, nello stesso periodo, la redditività è quintuplicata. La sicurezza, insomma, si è dimostrata ancora una volta un motore di efficienza e di competitività.

I vantaggi concreti di una maggiore sicurezza industriale

Anche in Europa non mancano storie di successo. Il Gruppo Miroglio, attivo nel settore tessile, ha introdotto una piattaforma di gestione integrata dei rischi capace di collegare sicurezza e manutenzione preventiva.

In molti casi sono le nuove tecnologie, come la stampa 3D combinata a modelli di previsione basati su intelligenza artificiale, a rendere la manutenzione predittiva realmente efficace. Grazie a questa tipologia di approccio, le aziende possono ridurre sensibilmente i fermi non programmati e migliorato la produttività dei propri stabilimenti.

Un percorso simile è stato intrapreso da Comerio Ercole, che attraverso tecnologie IoT e sistemi di telemetria ha iniziato a monitorare in tempo reale le proprie linee produttive. Il risultato è stato duplice: da un lato, maggiore affidabilità operativa; dall’altro, la possibilità di rafforzare la fiducia di clienti e partner in mercati altamente competitivi. E quando si parla di sicurezza, anche la protezione dagli attacchi informatici non andrebbe mai trascurata.

Questi esempi raccontano una verità semplice ma spesso sottovalutata: quando la sicurezza viene integrata nella strategia aziendale, smette di essere un vincolo e diventa una risorsa. Riduce i rischi, consolida la cultura organizzativa e contribuisce a creare un ambiente di lavoro dove persone e processi operano in modo più efficiente. È così che la sicurezza si trasforma da obbligo normativo a valore strutturale, capace di generare un vantaggio competitivo reale e duraturo.



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