La risposta n. 199/2025 dell’Agenzia delle Entrate interviene modificando la propria posizione su un tema delicato che coinvolge la tassazione dei bonus erogati a lavoratori impiegati all’estero, ma diventati fiscalmente residenti in Italia al momento dell’erogazione.
Il caso era stato affrontato con la risposta 81 del 25 marzo 2025 e riguarda una società di diritto tedesco con stabile organizzazione in Italia, appartenente a un gruppo multinazionale, che ha previsto un piano di incentivazione a lungo termine (Long Term Cash Bonus Plan) per alcuni dipendenti chiave.
Uno di questi lavoratori aveva svolto l’attività principalmente nel Regno Unito tra il 2021 e il 2023. A dicembre 2023 ha interrotto il rapporto con la società britannica del gruppo per avviare un nuovo contratto di lavoro in Italia, diventando fiscalmente residente nel nostro Paese dal 1° gennaio 2024. A partire dal 2024, il lavoratore percepisce i bonus maturati negli anni precedenti tramite il cedolino italiano, ma erogati dalla società britannica.
La società chiedeva chiarimenti sul corretto trattamento fiscale da applicare a tali somme: in particolare, se fosse legittimo tassare in Italia solo la quota di bonus riferibile all’attività lavorativa svolta nel nostro Paese e, in caso contrario, come evitare la doppia imposizione.
2) Obblighi del sostituto d’imposta e credito per imposte estere
1) La posizione dell’azienda e la nuova rettifica
Nella sua istanza, la società sosteneva che, ai sensi degli articoli 2, 23 e 51 del TUIR (D.P.R. 917/1986), e dell’articolo 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito, i premi dovevano essere tassati in Italia solo in proporzione alla quota di lavoro svolta sul territorio nazionale.
Sulla parte maturata all’estero, già tassata nel Regno Unito, il lavoratore avrebbe potuto utilizzare il credito d’imposta di cui all’art. 165 del TUIR.
L’Agenzia delle Entrate nella precedente risposta (n. 81 del 25 marzo 2025) era concorde su tale impostazione.
Nel nuovo documento invece modifica la propria posizione e, sulla base del principio di “worldwide taxation”, previsto dall’art. 3 del TUIR, e del principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente (art. 51), chiarisce che:
- Tutti i bonus percepiti da soggetti fiscalmente residenti in Italia devono essere tassati nel nostro Paese, anche se maturati per attività svolta all’estero.
- Anche i premi erogati da società estere, ma relativi a periodi precedenti la residenza fiscale in Italia, rientrano nel reddito imponibile del lavoratore italiano al momento dell’erogazione.
- La stabile organizzazione italiana, in qualità di sostituto d’imposta, è tenuta ad applicare le ritenute IRPEF su tali somme.
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2) Obblighi del sostituto d’imposta e credito per imposte estere
Un punto essenziale della nuova risposta è la rettifica rispetto alla precedente interpretazione dell’Agenzia, che aveva affermato la possibilità di escludere da imposizione italiana la parte di bonus riferita ad attività estera.
Ora, invece, si precisa che spetta allo Stato di residenza (Italia) tassare l’intera somma percepita, lasciando allo stesso Stato l’onere di eliminare la doppia imposizione attraverso il credito d’imposta estero (art. 165 del TUIR).
Viene infatti considerata come prioritaria la residenza in Italia all’atto della percezione del reddito di lavoro dipendente, come precisato nella risoluzione 92/2009 e l’interpello 783/2021
Ciò comporta che la stabile organizzazione italiana debba trattenere e versare le ritenute anche per i bonus riferiti al periodo 2021–dicembre 2023, pur se maturati all’estero. Qualora ciò non sia avvenuto, potrà procedere senza sanzioni né interessi, come previsto dall’art. 10, comma 2, della Legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), trattandosi di un adeguamento a un’interpretazione dell’Amministrazione modificata in un secondo momento.
Resta inteso che la verifica della residenza fiscale effettiva del lavoratore è elemento di fatto e non oggetto dell’istanza di interpello.
In ogni caso, il principio enunciato assume rilevanza generale: la tassazione avviene nel Paese di residenza nel momento dell’incasso, e non si può evitare l’applicazione delle ritenute per il solo fatto che l’attività lavorativa sia stata svolta all’estero.
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