Dal miele al caffè, passando per carne e zucchero: le nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti colpiscono duramente l’export brasiliano. In risposta, il governo di Brasilia annuncia misure di sostegno alle imprese e avvia un’azione formale presso l’Organizzazione mondiale del commercio. Il presidente Lula: “Esigo rispetto da Trump”
Il 6 agosto sono entrati ufficialmente in vigore i nuovi dazi statunitensi del 50% su una vasta gamma di prodotti brasiliani, quintuplicando il precedente livello del 10%. La misura, promossa dall’amministrazione di Donald Trump, coinvolge circa il 36% delle esportazioni del Brasile verso gli Stati Uniti, secondo quanto riferito dal vicepresidente brasiliano Geraldo Alckmin.
L’iniziativa si inserisce in un contesto di tensioni diplomatiche legate alla vicenda giudiziaria dell’ex presidente Jair Bolsonaro, rinviato a giudizio per presunto tentativo di colpo di Stato e attualmente agli arresti domiciliari. Secondo la Casa Bianca, le accuse contro Bolsonaro sarebbero “ingiustificate” e rappresenterebbero una “minaccia insolita e straordinaria” per gli interessi economici e di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Tra i beni colpiti dai dazi si segnalano settori strategici per l’economia brasiliana, come caffè, carne e zucchero.
Ricorso al Wto: primo passo formale del Brasile
Il governo brasiliano ha reagito prontamente con un’azione presso l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Il ministero degli Esteri ha presentato una richiesta di consultazione formale alla missione statunitense a Ginevra. Questo costituisce il primo passo procedurale per l’apertura di un contenzioso commerciale in sede internazionale. Qualora non si raggiungesse un accordo bilaterale, Brasilia ha annunciato l’intenzione di chiedere l’istituzione di un comitato arbitrale del Wto per valutare la legittimità delle tariffe imposte da Washington. “Esigo rispetto, non è un modo civile di negoziare tra due capi di Stato. Abbiamo ricevuto l’annuncio delle tariffe in un modo totalmente autoritario e non è così che siamo abituati a negoziare”, ha detto Lula.
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Atteso un incontro tra Haddad e il Tesoro Usa
Nel tentativo di riaprire un canale di dialogo, il ministro delle Finanze del Brasile, Fernando Haddad, ha confermato un incontro da remoto con il segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, fissato per mercoledì prossimo. L’annuncio è arrivato dopo la ricezione di un’email ufficiale da parte americana. “A seconda della qualità del colloquio, potrebbe seguire un incontro in presenza”, ha dichiarato Haddad, lasciando intendere una possibile riapertura diplomatica.
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Brasilia vara un pacchetto di aiuti per le imprese colpite
Nel frattempo, il governo brasiliano ha messo a punto un pacchetto urgente di misure a sostegno dei settori colpiti. Il piano, curato dal ministero delle Finanze in collaborazione con il ministero del Commercio, Industria e Servizi, sarà sottoposto oggi all’approvazione finale e annunciato ufficialmente dal presidente Lula, che potrebbe adottarlo tramite decreto esecutivo. Secondo Haddad, le misure avranno come priorità le piccole e medie imprese, in particolare quelle senza alternative di sbocco commerciale al di fuori del mercato statunitense. Tra gli strumenti previsti figurano linee di credito agevolate e interventi diretti a sostenere l’export nei settori più vulnerabili. “La preoccupazione principale del presidente è per i produttori più piccoli”, ha dichiarato il ministro.
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Il comparto industriale del miele è il più colpito dai dazi Usa
Tra i comparti più duramente colpiti figura quello dell’industria del miele. Secondo l’Associazione brasiliana degli esportatori di miele (Abemel), il settore dipende per circa l’80% dalle esportazioni verso gli Stati Uniti, ora minacciate dai nuovi dazi. Le vendite sono già crollate del 50% e circa 2.000 tonnellate di prodotto risultano attualmente bloccate. Il presidente di Abemel, Renato Azevedo, ha lanciato l’allarme: “La maggior parte della produzione nazionale viene dall’agricoltura familiare, che ora rischia la sopravvivenza economica”. Si stima che tra i 200 e i 300 mila apicoltori siano direttamente coinvolti. Il reddito medio mensile di un apicoltore si aggira intorno ai 4.000 real (circa 650 euro), spesso unica fonte di sostentamento per intere famiglie rurali. La possibilità di riconvertire l’export verso altri mercati, come quello europeo, è complicata dalle normative sulle certificazioni. Ogni apicoltore dovrebbe ottenere una certificazione individuale per vendere nell’Unione europea, un ostacolo insormontabile per molti piccoli produttori.
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