Il finanziamento di tecnologie innovative pulite (cleantech) è cruciale per realizzare la transizione verso economie a basse emissioni di carbonio e quindi più sostenibili. Eppure, le evidenze empiriche hanno finora mostrato che il tradizionale modello di venture capital non è adatto al finanziamento delle nuove imprese cleantech. Questo studio accademico indaga se i investimenti tra diversi fondi di venture capital possano contribuire al successo degli investimenti in questo settore strategico ma difficile.
L’analisi si basa sui dati della banca dati ThomsonOne, che copre quattro distinte industrie cleantech dal 1990 al 2018: energie alternative, gestione dell’energia, conservazione energetica e trattamento di rifiuti e acque reflue. Il campione comprende 1.662 fondi di venture capital, gestiti da 1.192 diverse società, che hanno effettuato investimenti in 1.152 aziende cleantech.
Come si misura il successo dei fondi Vc nel settore cleantech
Il successo di un fondo di venture capital è misurato dal tasso di exit, ovvero la percentuale di società in portafoglio di un fondo disinvestite con successo tramite quotazione in borsa o acquisizione rispetto al totale degli investimenti effettuati. A livello di singola azienda cleantech partecipata, invece, il successo è valutato in base alla capacità di sopravvivere e raggiungere il round di finanziamento successivo.
Per analizzare la prominenza di un fondo di venture capital all’interno della rete di co-investimenti con altri fondi, vengono utilizzate tre diverse misure di centralità di rete: la degree centrality (numero di connessioni dirette), la betweenness centrality (ruolo di intermediazione tra nodi non direttamente connessi) e l’eigenvector centrality (connessioni con nodi particolarmente rilevanti o «influenti»).
Più connessi, meno efficaci: i limiti della rete nei fondi cleantech
I risultati a livello di fondo mostrano che, sorprendentemente, nessuna misura di centralità nella rete di co-investimenti è positivamente associata al tasso di exit di successo degli investimenti cleantech. Anzi, una maggiore betweenness centrality, che misura il ruolo di intermediazione svolto da un fondo, risulta addirittura negativamente correlata al successo degli investimenti in questo settore specifico.
Ciò suggerisce che un eccessivo ruolo di broker tra altri investitori possa in realtà distrarre il fondo di venture capital (vc) dal concentrarsi adeguatamente nel supportare e far crescere le proprie partecipate cleantech.
Un settore dove la rete di co-investimenti non è funzionale al successo
L’analisi a livello di singola azienda cleantech partecipata da vc esprime invece l’effetto negativo della betweenness centrality sulla probabilità di sopravvivenza al primo round di finanziamento. Nei round di finanziamento successivi al primo, anche una maggiore eigenvector centrality, che misura le connessioni con nodi particolarmente influenti della rete, ha un significativo impatto negativo sulla probabilità di sopravvivenza dell’azienda cleantech.
Questi risultati contrastano nettamente con quanto evidenziato dalla letteratura accademica su altri settori industriali, dove tipicamente una maggiore centralità e prominenza nella rete di co-investimenti è associata a performance migliori dei fondi di venture capital. Nel settore cleantech, invece, i co-investimenti tra diversi fondi non sembrano giovare al successo degli investimenti.
Le possibili spiegazioni avanzate dallo studio
Lo studio avanza alcune possibili spiegazioni del fenomeno. Le imprese cleantech richiedono ingenti investimenti iniziali e tempi di sviluppo del prodotto e time-to-market molto più lunghi rispetto alle startup di software o servizi digitali. Inoltre, il coordinamento e la condivisione delle decisioni di investimento tra un numero elevato di investitori potrebbe comportare costi di governance e di processo decisionale più elevati.
In sintesi, le evidenze empiriche suggeriscono che il tradizionale modello di investimento del venture capital non sia ben attrezzato per rispondere in modo efficace alle specifiche esigenze delle startup cleantech ad alta intensità di capitale. Sono necessari interventi di finanza pubblica o soluzioni innovative di blended finance, che combinino capitali pubblici e privati, per colmare il perdurante gap di finanziamento di queste imprese altamente innovative ma ad alto rischio.
Investitori competenti e alti prezzi del petrolio agevolano il successo
Tra gli altri fattori che lo studio rileva influenzare positivamente il successo dei fondi cleantech, vi sono l’esperienza pregressa degli investitori nel settore e l’aumento dei prezzi del petrolio, che incentiva la ricerca e l’adozione di tecnologie energetiche alternative e più pulite.
I fondi di venture capital statunitensi, che operano nel mercato più maturo e sviluppato, ottengono inoltre performance migliori rispetto a quelli non statunitensi. In conclusione, lo studio getta nuova luce sulle sfide del finanziamento del cleantech e sulla necessità di ripensare le modalità di supporto a questo settore strategico per la sostenibilità ambientale ed energetica. (riproduzione riservata)
*Università di Padova
Department of Economics
and Management
**Edhec Business School
Department of Finance
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