Nel secondo trimestre 2025 Novo Nordisk segna utili e ricavi in rialzo, ma la crisi è profonda: crollo in Borsa, cambio di ceo e concorrenza spietata di Eli Lilly mettono a rischio la leadership nei farmaci anti-obesità
Nel secondo trimestre del 2025, Novo Nordisk ha riportato numeri che, presi isolatamente, sembrerebbero da celebrare: utile netto a 26,5 miliardi di corone danesi (+32% su base annua) e ricavi in crescita del 18%, a 76,86 miliardi di corone. L’EBIT ha segnato un balzo del 29%, fino a 33,45 miliardi di corone. Ma a Copenaghen l’umore è tutt’altro che festoso.
Il mercato non ha perdonato il fatto che, nonostante i risultati, i ricavi siano sotto le attese e che la società abbia confermato le stime ribassate della scorsa settimana. La crescita delle vendite per il 2025 fra l’8% e il 14%, dopo aver tagliato due volte in sei mesi le previsioni iniziali (che arrivavano al 21%).
In Borsa, il titolo ha perso oltre il 50% in un anno, bruciando più di 400 miliardi di dollari di capitalizzazione e scendendo da oltre 900 a poco più di 300 corone danesi per azione. A giugno 2024 era l’azienda europea con la più alta capitalizzazione, sopra i 650 miliardi di dollari. Oggi, ne vale circa 212.
Novo Nordisk: il crollo dopo l’ascesa
Un anno fa, Novo Nordisk sembrava intoccabile. La domanda per i suoi farmaci a base di semaglutide – Ozempic per il diabete, Wegovy per l’obesità – era alle stelle. La società aveva persino superato LVMH in capitalizzazione.
Ma il boom ha mostrato crepe profonde. Le prescrizioni settimanali negli Stati Uniti – il mercato più redditizio – vedono oggi Zepbound (di Eli Lilly) superare Wegovy, e Mounjaro (sempre Lilly) scavalcare Ozempic. Anche le formulazioni “composte” (preparati galenici non ufficiali) stanno erodendo quote di mercato, approfittando di scappatoie nella normativa statunitense.
E poi ci sono stati incidenti di percorso dal fallimento (o quasi) di CagriSema, presentato come un nuovo farmaco rivoluzionario ma che ha deluso le aspettative ai problemi produttivi, con pazienti disposti a pagare di tasca propria per ricevere i trattamenti, mentre Novo non riusciva a evadere gli ordini.
Cambio al timone
Di fronte a questa tempesta, il Cda ha spinto alle dimissioni il ceo storico Lars Fruergaard Jørgensen, in carica da oltre sette anni. Al suo posto, da giovedì, subentra Maziar Mike Doustdar, manager di lungo corso in Novo.
Ma il cambio di rotta non sembra rassicurare il mercato. Gli investitori restano, infatti, scettici sulla capacità del nuovo ceodi rilanciare la società in un contesto sempre più aggressivo e incerto. Il valore in Borsa ha perso altri 95 miliardi di dollari solo nell’ultima settimana.
Doustdar eredita un’azienda che – pur conservando un potenziale di crescita nel settore dell’obesità – deve ripensare la propria strategia commerciale, aumentare la flessibilità produttiva, contenere i costi e difendersi da una concorrenza che non aspetta.
Eli Lilly: il rivale che ha cambiato le regole
Mentre Novo Nordisk fatica, il suo principale rivale, Eli Lilly (in attesa dei conti), accelera. L’azienda statunitense ha appena annunciato un piano da 27 miliardi di dollari per costruire quattro nuovi impianti negli Usa, di cui tre per la produzione di principi attivi e uno per i farmaci iniettabili.
L’obiettivo è espandere la capacità produttiva per i farmaci Mounjaro (per il diabete) e Zepbound (per l’obesità), che utilizzano la tirzepatide, molecola che ha dimostrato nei trial clinici una maggior efficacia nella perdita di peso rispetto alla semaglutide di Novo.
Lilly ha capito che non bastava avere un buon prodotto ma serviva anche capacità industriale, logistica, e una distribuzione aggressiva. Ha fatto quindi scelte industriali tempestive e – soprattutto – si è preparata a soddisfare la domanda in crescita, intercettando anche i pazienti frustrati dalla carenza di farmaci di Novo.
Dalla clinica al consumo: la sfida del riposizionamento
Il vero paradosso è che Novo sembra ancora vincolata a un modello farmaceutico classico, basato sull’insulina e su un approccio clinico-scientifico. Ma il business dell’obesità ha ormai le caratteristiche di un mercato di consumo di massa che è enorme, veloce e impaziente. La capacità di produrre su scala, di distribuire rapidamente e di fidelizzare i pazienti è diventata decisiva. Ed è su questo terreno che Eli Lilly ha superato il rivale danese.
Per Novo Nordisk, il tempo stringe. Il cambio di ceo e la nuova strategia basata su contenimento dei costi ed efficienza operativa saranno sufficienti a invertire la rotta? La finestra di vantaggio competitivo si è chiusa. Ora si tratta di adattarsi e – se possibile – tornare a crescere in un mercato da oltre un miliardo di potenziali pazienti, dove nessuno aspetta il secondo arrivato.
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