È arrivato il report sulle tasse in Europa, ovvero il “Rapporto annuale sulla tassazione 2025“, pubblicato dalla direzione generale per la fiscalità e l’unione doganale. Un vero tesoro per le partite IVA che, grazie a questi dati, possono anticipare il cambiamento, comprendere il contesto in cui operano ed essere più consapevoli dei rischi che corrono. Ecco tutte le previsioni, alla luce della profonda trasformazione demografica e di alcuni – già noti – paradossi.
Report tasse in Europa, nessun abbassamento della pressione fiscale
Il punto di partenza del rapporto è un’analisi macroeconomica realistica, quasi austera. Con una crescita UE prevista all’1,1% nel 2025 e all’1,5% nel 2026, e un debito aggregato che sfiora l’85% del PIL, lo spazio per politiche fiscali espansive, in questo scenario, è limitato. Ma la vera questione è la sfida strutturale del costante e inesorabile invecchiamento della popolazione.
Alcuni Paesi europei, come l’Italia, hanno comunque una pressione fiscale maggiore di altri.
Carichi fiscali sui consumi
La crescente spesa pensionistica assorbirà una quota sempre maggiore delle entrate fiscali, potenzialmente di oltre 10 punti percentuali entro il 2050 in alcuni Stati, tra cui l’Italia. Questo “stress test” demografico mette a rischio la sostenibilità di un sistema fiscale che, in Europa, si regge per oltre il 50% sulla tassazione del lavoro. La conseguenza logica, indicata dalla Commissione, è un progressivo ma necessario spostamento del carico fiscale verso basi imponibili come i consumi e il capitale.
In questo scenario, la Commissione sta accelerando su un pacchetto di riforme pensate per rendere il Mercato Unico più efficiente e competitivo, con un impatto diretto sull’operatività quotidiana delle imprese. La vera rivoluzione si chiama VAT in the Digital Age (VIDA), un’iniziativa adottata a marzo 2025 destinata a rimodellare la gestione dell’IVA in Europa.
Tracciabilità e controlli istantanei
La riforma ruota attorno all’introduzione di un sistema armonizzato di reporting digitale in tempo reale basato sulla fatturazione elettronica per le operazioni intracomunitarie. L’obiettivo è tracciare le transazioni quasi istantaneamente, riducendo le opportunità di frode e semplificando la vita alle imprese.
In questo scenario l’Italia fa scuola, essendo stata tra le prime ad introdurre e ampliare l’utilizzo della fatturazione elettronica che, progressivamente, sarà introdotta in tutti gli stati europei nei prossimi dieci anni.
Parallelamente, il regime del One-Stop Shop (OSS) verrà potenziato, consentendo di gestire gli obblighi IVA in tutta l’UE attraverso un’unica registrazione nazionale. Un regime che permette alle imprese di vendere in tutta Europa, utilizzando una partita iva comunitaria unica. Si stima che questa misura di potenziamento, da sola, farà risparmiare alle imprese, soprattutto PMI, circa 8,7 miliardi di euro in costi amministrativi nel prossimo decennio.
VIDA interviene anche sulla platform economy, rendendo le piattaforme digitali responsabili della riscossione IVA per affitti brevi e trasporti, creando un sistema fiscale più equo.
Accanto a questa riforma epocale, si colloca la proposta Head Office Tax System per le PMI. L’idea è quella di consentire a una PMI con stabili organizzazioni all’estero di interfacciarsi con una sola amministrazione fiscale, quella della propria sede, applicando le sue regole per calcolare l’imponibile. Una misura che abbatterebbe drasticamente i costi di compliance, che per le piccole imprese possono arrivare al 2,5% del fatturato. Questa nuova formulazione e gestione delle stabili organizzazioni ha, tuttavia, incontrato forti resistenze in Consiglio da parte di molti Stati membri, preoccupati per la propria sovranità fiscale. Per questo motivo il varo del progetto non sarà immediato e il suo futuro incerto.
Evasione fiscale, nel mirino i lavoratori autonomi
Un tema che tocca da vicino ogni contribuente onesto è quello del tax gap, la voragine tra le imposte dovute e quelle effettivamente versate. Il rapporto fornisce cifre impressionanti. Nel 2022, il solo gap di conformità IVA nell’UE ammontava a 89 miliardi di euro, un importo che da solo basterebbe a finanziare ingenti programmi di investimento.
Per l’Italia, il gap IVA si attesta al 10,6%. Ancora più preoccupanti, sebbene più difficili da stimare, sono i dati sul gap dei redditi da lavoro autonomo. Il rapporto cita stime che parlano di una sotto-dichiarazione che può oscillare tra il 10% e il 40%, con uno studio specifico per l’Italia che indica un gap IRPEF per i lavoratori autonomi del 66,8% sul potenziale gettito nel 2021.
Report tasse in Europa, controlli con l’intelligenza artificiale
Per contrastare questo fenomeno, le amministrazioni fiscali stanno vivendo una trasformazione senza precedenti. La digitalizzazione è il motore di questo cambiamento. La dichiarazione precompilata per le persone fisiche è ormai una realtà consolidata che riduce gli oneri per i contribuenti e gli errori. L’adozione della direttiva VIDA potrebbe estendere logiche simili anche al mondo dell’IVA.
Ma la vera frontiera è l’intelligenza artificiale. Il numero di amministrazioni fiscali UE che utilizzano soluzioni di AI è passato da 7 a 17 tra il 2018 e il 2022. L’AI non è più fantascienza E viene già impiegata per l’analisi del rischio, per individuare schemi di frode complessi e per automatizzare i controlli.
Alcuni esempi europei di utilizzo dell’AI nelle attività di accertamento fiscale includono la mappatura di reti di siti web in Spagna, il blocco di transazioni IVA sospette in Belgio e l’individuazione di immobili non dichiarati in Francia tramite analisi di immagini. Molti di questi progetti di modernizzazione sono finanziati dal Recovery and Resilience Facility, che in Italia ha supportato l’estensione della fatturazione elettronica e l’avvio della precompilata IVA.
Report tasse in Europa: equità fiscale? I ricchi pagano meno
Un tema importante è quello dell’equità fiscale, con un focus sulla tassazione dei grandi patrimoni e dei redditi da capitale. La constatazione di partenza è che la progressività dei sistemi fiscali europei si basa quasi esclusivamente sulla tassazione del lavoro, mentre i redditi da capitale, come le plusvalenze, godono spesso di un trattamento di favore con aliquote più basse.
Questo, unito a sofisticate strategie di pianificazione fiscale, può portare al paradosso che il carico fiscale effettivo per i super-ricchi sia inferiore a quello dei redditi medio-alti da lavoro. Per recuperare questa iniquità fiscale ci sono varie opzioni sul tavolo del dibattito internazionale, dall’imposta patrimoniale netta (applicata in UE solo in Spagna) alla tassazione delle plusvalenze non realizzate. Tutte queste misure devono misurarsi con il rischio, sempre presente, di fuga di capitale.
Il capitale segue sempre la convenienza economica ed è facile spostarlo da uno stato all’altro, per questo motivo qualsiasi politica che colpisce il capitale deve essere ben ponderata e bilanciata, per evitare che si trasformi in un boomerang economico, con l’impoverimento, nel medio-lungo termine, della comunità europea.
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