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Trump chiama e Volkswagen risponde. Contro i dazi una nuova sede in Usa


Il colosso tedesco sta lavorando ad una nuova strategia per gli Stati Uniti, che si dovrebbe concretizzare nell’apertura di uno stabilimento, dopo quello di Chattanooga. In due anni si darebbe vita ad una produzione di circa 200mila auto. I dettagli

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06/08/2025

Non c’è solo l’improvvisa cessazione dei sussidi per i veicoli elettrici decisa nel 2023 dall’allora cancelliere Olaf Scholz alla base delle difficoltà delle case automobilistiche tedesche, ma anche la mancanza di infrastrutture di ricarica, il rincaro dell’energia, la partita dei dazi e la situazione generale che non ha consentito ai cittadini di acquistare più auto. Anche per queste ragioni il colosso tedesco Volkswagen sta lavorando ad una nuova strategia per gli Stati Uniti, che si dovrebbe concretizzare nell’apertura di uno stabilimento lì, dopo quello di Chattanooga. In due anni si darebbe vita ad una produzione di circa 200mila auto.

Il calo degli ordini

Il condizionale resta obbligatorio, dal momento che la decisione finale verrà influenzata dalla questione dazi e da come si evolverà in Europa il green deal. “La torta è sempre più piccola ma gli ospiti sono sempre di più”, ripete ormai da un anno l’amministratore delegato di VW, Oliver Blume, che vanta anche il doppio ruolo in Porsche, che si è dato due anni per risolvere i problemi della casa tedesca. Punto di partenza, la contingenza del settore: anche a giugno si sono registrati cali degli ordini anche se le prospettive per il secondo trimestre nel complesso sono positive, ma sempre al di sotto del solito trend. Il caso della domanda estera incide notevolmente in un settore che si trova nel suo peggior momento, che andrà sommato anche all’accordo sui dazi con gli Stati Uniti che sta creando nuovi ostacoli.

Il calo degli ordini nell’industria automobilistica è del 7,6%. Una riflessione andrà fatta, in parallelo, anche sulla possibile cessione ai cinesi degli impianti tedeschi in via di dismissione, anche perché il rapporto con Pechino è mutato: nel 2019 VW era la più grande casa automobilistica in Cina grazie ad una quota di mercato del 19%, il dato più grande al mondo. Ma se fino a ieri il mercato cinese era caratterizzato da una crescita illimitata, oggi la concorrenza interna sta scalando posizioni anche verso marchi stranieri come quello europeo.

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La recessione tedesca

Sullo sfondo resta sempre il macro tema della recessione tedesca, che blocca l’economia del paese nonostante il cambio di governo. Volkswagen resta dell’idea di tagliare migliaia di posti di lavoro in Germania nei prossimi anni, così come fatto da altre case automobilistiche. Certamente i primi segnali legati al governo guidato da Friedrich Merz mostrano una maggiore fiducia rispetto al passato, basata su crescita e investimenti diretti esteri, ma è presto per cantare vittoria. Il cancelliere conservatore ha dato vita ad un fondo infrastrutturale da 500 miliardi di euro e al contempo ha annunciato un aumento della spesa per la difesa e nuove agevolazioni fiscali alle imprese. Però nel 2024 hanno chiuso più aziende rispetto alla precedente grave crisi del 2011: elemento che preoccupa gli analisti. Al momento VW ha 76.000 dipendenti in Germania e altri 63.000 in tutto il mondo, ma le previsioni sono fosche quanto a livelli occupazionali.

Scenari

Le vendite in Usa per il 65% sono costituite da veicoli importati dall’Europa o dal Messico. In generale nel 2024 il gruppo VW ha venduto 4,80 milioni di autovetture in tutto il mondo, l’1,4% in meno rispetto al 2023, a causa delle minori vendite nel mercato cinese. Va ricordato che VW ha uno stabilimento in Tennessee e uno in Messico, soprattutto quest’ultimo potrebbe subire conseguenze gravi a causa dei dazi trumpiani. Ragion per cui la casa tedesca cerca strade alternative. Una potrebbe essergli stata indicata dallo stesso presidente americano, quando durante un comizio elettorale aveva osservato: “Voglio che le case automobilistiche tedesche diventino case automobilistiche americane. Voglio che costruiscano i loro stabilimenti qui”. Trump chiama e Volkswagen risponde?



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