Martedì l’aveva minacciato, poche ore dopo ha tradotto in pratica l’avvertimento. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato un ordine esecutivo che impone un’ulteriore tariffa del 25% sulle importazioni dall’India, accusata di continuare ad acquistare petrolio russo. I dazi nei confronti dei prodotti provenienti da Nuova Delhi in questo modo raddoppiano, toccando il 50%. Nel testo del provvedimento si legge che “le azioni e le politiche del Governo della Federazione Russa continuano a rappresentare una minaccia enorme e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti” e che risulta quindi “necessario e appropriato imporre un dazio ad valorem aggiuntivo”. Randhir Jaiswal, portavoce del Ministero degli Affari Esteri indiano, ha definito la decisione “ingiusta, ingiustificata e irragionevole“, sottolineando che le importazioni di petrolio” sono effettuate per garantire la sicurezza energetica di 1,4 miliardi di persone”.
L’escalation tariffaria non riguarda solo l’India. Nelle stesse ore, a Washington, la presidente della Svizzera Karin Keller-Sutter, insieme al ministro dell’Economia Guy Parmelin, ha incontrato alcuni dei principali leader economici elvetici per preparare il decisivo faccia a faccia con il segretario di Stato Marco Rubio sulla possibilità di scongiurare i maxi-dazi al 39% minacciati da Washington. L’incontro è stato “ottimo, uno scambio molto amichevole e aperto”, ha detto la stessa Keller-Sutter, sotto accusa in patria per non essere riuscita ad ottenere un esito migliore. Le due capitali hanno concordato solo di restare in contatto e proseguire i lavori con la massima rapidità, formula che lascia intravedere pochi spiragli di un’intesa prima della scadenza di mezzanotte.
Anche il Brasile si muove per limitare i danni. Il ministro delle Finanze Fernando Haddad ha annunciato di aver completato il pacchetto di misure urgenti a sostegno dei settori più colpiti dall’aumento del 50% dei dazi Usa. Il piano, che il presidente Luiz Inacio Lula da Silva potrebbe adottare tramite decreto esecutivo, prevede linee di credito a tassi agevolati per le piccole imprese con forte esposizione all’export verso gli Stati Uniti. “Cominceremo a servire soprattutto i produttori più piccoli che non hanno alternative al mercato americano”, ha spiegato Haddad, ribadendo che l’obiettivo a medio-lungo termine è normalizzare i rapporti bilaterali. Intanto il Paese ha presentato un reclamo all’Organizzazione Mondiale del Commercio per contestare i dazi punitivi.
Sul fronte interno, l’amministrazione Trump sembra pronta a premiare le aziende disposte a riportare la produzione in patria. Secondo Bloomberg, Apple annuncerà oggi un nuovo investimento da 100 miliardi di dollari negli Stati Uniti, destinato a rafforzare la propria supply chain interna e evitare i dazi del 25% minacciati sugli iPhone prodotti all’estero. Il colosso di Cupertino ha già in programma 500 miliardi di investimenti nei prossimi quattro anni, tra cui un nuovo stabilimento di server a Houston, un’accademia per fornitori in Michigan e partnership con produttori nazionali. Con la nuova tranche, l’impegno complessivo raggiungerebbe i 600 miliardi di dollari. “Il programma economico America First del presidente Trump ha garantito migliaia di miliardi di dollari di investimenti a sostegno dell’occupazione e delle imprese americane”, esulta la Casa Bianca. “L’annuncio di oggi con Apple rappresenta un’ulteriore vittoria per il nostro settore manifatturiero, che contribuirà contemporaneamente a riportare in patria la produzione di componenti critici per proteggere l’economia e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.
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