Nel suo ultimo bollettino, la Bce fotografa un’economia dell’Eurozona in rallentamento, frenata da dazi e incertezze geopolitiche, ma con segnali di tenuta grazie al mercato del lavoro e alla spesa pubblica. “I rischi restano orientati verso il basso”
L’accordo sui dazi tra Unione europea e Stati Uniti, raggiunto lo scorso 27 luglio, è stato accolto con favore, ma per la Banca centrale europea non è abbastanza. In un contesto economico fragile, caratterizzato da tensioni geopolitiche e incertezza politica, l’intesa transatlantica resta ancora troppo vaga per poter incidere in modo significativo su crescita e investimenti.
Nel bollettino economico pubblicato oggi (7 agosto), la Bce fotografa un’economia in peggioramento. Si parla di un “significativo rallentamento della crescita economica nel secondo trimestre” e di “una moderazione dello slancio nel breve periodo, in un contesto di elevata incertezza”. L’analisi arriva proprio nel giorno in cui entrano in vigore i dazi di Trump sulle merci di una decina di paesi..
Investimenti in calo, pesa il contesto globale
Secondo l’istituto di Francoforte, le prospettive restano deboli: “Le indagini recenti rilevano un’espansione nel complesso modesta sia nel settore manifatturiero sia in quello dei servizi”. Ma l’allarme riguarda soprattutto l’industria: “Nei prossimi mesi i dazi più elevati potrebbero esercitare forti effetti negativi sul comparto manifatturiero rispetto ad altri settori dell’economia”. Inoltre, “i maggiori dazi effettivi e attesi, il rafforzamento dell’euro e la persistente incertezza geopolitica riducono la propensione delle imprese a investire”.
La crescita sopra le attese registrata nel primo trimestre 2025 (+0,6%) è stata sostenuta anche da fattori temporanei. Tra questi, l’anticipo delle esportazioni da parte delle imprese prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi, insieme a un momentaneo incremento dei consumi privati e degli investimenti. “Dopo alcuni, seppur temporanei, effetti positivi derivanti dall’anticipazione delle esportazioni, l’impatto dei dazi rischia di diventare un freno per l’industria”, avverte la Bce.
Ancora troppe incognite sui dazi
Il clima resta fragile. “Sebbene il nuovo accordo quadro tra Stati Uniti e Ue rappresenti un passo in avanti, persiste qualche incertezza”, rileva Francoforte. Il giudizio riflette le criticità ancora aperte nei negoziati: dall’elenco dei beni da esentare, alle posizioni altalenanti della Casa Bianca, fino alle due interpretazioni ufficiali dell’intesa. Insomma, ancora troppe incognite, e “i rischi per la crescita economica restano orientati verso il basso”.
“La dinamica del commercio mondiale dovrebbe rimanere volatile nel breve periodo, in un contesto di diffusa incertezza sul piano delle politiche”. I principali fattori di vulnerabilità sono legati “all’ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali su scala mondiale” e alla conseguente incertezza, che potrebbe “frenare le esportazioni e comprimere gli investimenti e i consumi”. Inoltre, “un deterioramento del clima di fiducia nei mercati finanziari potrebbe determinare condizioni di finanziamento più stringenti e maggiore avversione al rischio”, prosegue la Bce. In sintesi: meno investimenti, minori consumi e un rallentamento della crescita.
“Per contro, un rapido allentamento delle tensioni commerciali e geopolitiche potrebbe migliorare il clima di fiducia e stimolare l’attività”, si legge nel bollettino. Anche “un incremento della spesa per difesa e infrastrutture, insieme a riforme volte a migliorare la produttività, contribuirebbe alla crescita”.
Rischi elevati, ma economia ancora resiliente
Nonostante le difficoltà, alcuni elementi sostengono l’economia. “Il recente aumento del potere d’acquisto derivante dal mercato del lavoro e la protratta tenuta di quest’ultimo” potrebbero spingere i consumi delle famiglie. Allo stesso tempo, “gli investimenti pubblici legati alla spesa per la difesa e le infrastrutture sosterranno sempre più la crescita”. A ciò si aggiungono “condizioni di finanziamento più favorevoli”, che “dovrebbero preservare la resilienza dell’economia rispetto agli shock mondiali”.
Inflazione: prospettive incerte e scenari contrastanti
A giugno 2025, l’inflazione nell’Eurozona è salita al 2%, rispetto all’1,9% di maggio, trainata dai prezzi dell’energia mentre l’inflazione alimentare è in calo. Ma le previsioni restano complesse: “Le prospettive di inflazione sono più incerte del consueto, per effetto della volatilità dello scenario delle politiche commerciali a livello mondiale”.
Un rafforzamento dell’euro potrebbe “far diminuire l’inflazione più di quanto atteso”, così come “dazi più elevati” potrebbero ridurre la domanda esterna e spingere al ribasso i prezzi. Al contrario, “la frammentazione delle catene di approvvigionamento mondiali”, unita a un aumento della spesa per difesa e infrastrutture, potrebbe “accrescere i vincoli di capacità nell’economia interna” e generare pressioni al rialzo sui prezzi. Infine, la Bce segnala come anche i cambiamenti climatici e “i fenomeni meteorologici estremi” possano “far salire i prezzi dei beni alimentari oltre le aspettative”.
Quanto ai tassi, Francoforte ribadisce il suo mantra: “assicurare che l’inflazione si stabilizzi sull’obiettivo del 2% a medio termine” e seguire un “approccio guidato dai dati”, valutando le decisioni “di volta in volta a ogni riunione”, senza vincolarsi a un percorso prestabilito.
Bce ai governi: riforme e investimenti strategici
Nel bollettino, l’Eurotower lancia anche un appello ai governi: “Nell’attuale contesto geopolitico, il Consiglio direttivo ritiene più che mai essenziale rafforzare con urgenza l’area dell’euro e la sua economia”. Per farlo, servono riforme strutturali, investimenti strategici e una governance finanziaria più integrata.
“È importante – si legge – completare l’unione del risparmio e degli investimenti e l’unione bancaria, secondo una tabella di marcia chiara e ambiziosa, nonché definire in tempi rapidi il quadro legislativo per la possibile introduzione di un euro digitale”. La Bce invita inoltre i governi a “dare priorità alle riforme strutturali e agli investimenti strategici che favoriscono la crescita, assicurando al tempo stesso la sostenibilità delle finanze pubbliche”.
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