Il buono libri approvato dalla Regione Veneto, con un contributo che varia tra i 150 e i 200 euro per le famiglie a basso reddito, si inserisce in un contesto nazionale attraversato da tensioni ormai ricorrenti. Non tanto per l’entità dei fondi stanziati — circa sei milioni di euro — quanto per la pressione crescente esercitata dal progressivo aumento delle spese che le famiglie devono sostenere ogni anno per garantire ai figli il necessario per affrontare l’anno scolastico.
Un mercato scolastico poco contendibile
L’Antitrust ha avviato un’indagine conoscitiva sul settore dei libri scolastici. Il sospetto, su cui si attendono risposte formali da parte degli editori entro settembre, è che la logica commerciale stia erodendo il margine di accessibilità del diritto allo studio. Nuove edizioni pubblicate con variazioni minime, aggiornamenti annuali che impediscono il riuso dei testi e una generale scarsa concorrenza sembrano configurare un sistema chiuso, in cui i margini di risparmio — per le famiglie — sono drasticamente ridotti.
Il risultato è che, in media, una famiglia può arrivare a spendere oltre 700 euro per ogni figlio. Una cifra che comprende non solo i libri, ma anche quaderni, dizionari, zaini, astucci, strumenti tecnici e dispositivi digitali. Il dato, pur in crescita contenuta rispetto all’anno precedente, fotografa una dinamica strutturale che nemmeno l’inflazione relativamente bassa riesce ad attenuare.
Il ruolo del Ministero: più fondi, possibili detrazioni
Per affrontare questa situazione, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha stanziato 136 milioni di euro a favore delle Regioni, da destinare alla fornitura gratuita o semigratuita dei testi scolastici. Il fondo nazionale per l’acquisto dei libri è stato potenziato, con un incremento di circa sei milioni previsto nel biennio 2026‑2027. Ma non si tratta solo di fondi: in sede parlamentare, il ministro Giuseppe Valditara ha dichiarato l’intenzione di inserire nuove forme di detrazione fiscale nella prossima legge di bilancio, una misura che andrebbe a sostenere non solo le famiglie più fragili, ma anche quelle che, pur non rientrando nei parametri ISEE per i bonus regionali, subiscono comunque il peso dell’investimento scolastico.
Le Regioni si muovono in ordine sparso
Accanto all’intervento statale, sono le Regioni a stabilire le soglie e le modalità dei contributi. In Lombardia, ad esempio, la Dote Scuola arriva a coprire famiglie con ISEE fino a 40.000 euro. In Piemonte, la soglia è fissata a 26.000. In Veneto, invece, il limite è più restrittivo: 15.748 euro. Si tratta di una differenza non secondaria, che definisce chi può o non può accedere al contributo. E che rende evidente quanto la tutela del diritto allo studio, nelle sue declinazioni materiali, resti frammentata.
Valeria Mantovan, assessora all’istruzione del Veneto, ha definito l’iniziativa regionale “un investimento concreto per la crescita dei nostri giovani”. Un’affermazione che suggerisce, almeno a livello politico, l’idea di un legame diretto tra contributo economico e accesso all’istruzione. Ma se il mercato dei libri scolastici continuerà a essere regolato da logiche commerciali scarsamente contendibili, il rischio è che gli interventi pubblici, pur necessari, restino correttivi marginali e mai strutturali.
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